Chiesa senza frontiere, madre di tutti
Questo non è solo il titolo del messaggio del Santo Padre, un bello slogan ad uso dei giornalisti. Piuttosto riassume efficacemente l’universalità, e quindi la cattolicità, della Chiesa. Una Chiesa senza frontiere, madre di tutti, che diffonde nel mondo la cultura dell’accoglienza e della solidarietà. La frontiera ha sempre caratterizzato la geografia politica ma soprattutto quella mentale, andando a definire un noi e un loro, un chi sta dentro e un chi sta fuori.
Il secolo appena trascorso è stato caratterizzato dall’erezione e dall’abbattimento di frontiere e di muri… e purtroppo ancora oggi c’è chi pensa che la soluzione sia quella di erigere muri. Ma forse mai ci siamo accorti che, come afferma Kapuściński:
“il lato peggiore del muro è quello di sviluppare in alcune persone un atteggiamento da difensore del muro, di creare una mentalità per la quale il mondo è attraversato da un muro che lo divide in dentro e fuori: fuori ci sono i cattivi e gli inferiori, dentro i buoni e i superiori”.
Abbattere le frontiere diviene così uno dei compiti della Chiesa, compito che si traduce ed esemplifica nel realizzare il comandamento biblico dell’accoglienza dello straniero con rispetto, “assumendosi nuovi impegni di solidarietà, di comunione e di evangelizzazione”.
Solidarietà, come quella messa in campo dalla Chiesa, per affrontare la nuova emergenza profughi. In quest’ultimo periodo siamo provocati dall’arrivo, spesso massiccio, di persone che scappano dalle guerre e dagli sconvolgimenti a sud del Mediterraneo e non solo. In quanto cristiani dobbiamo essere capaci di applicare il Vangelo a cominciare da coloro che “vanno alla ricerca di condizioni di vita più umane”.
“Nessuno va considerato inutile, fuori posto o da scartare”
così possiamo rileggere il messaggio di Papa Francesco, augurandoci che migranti e rifugiati possano aiutare la Chiesa ad allargare il suo cuore per manifestare la sua maternità verso l’intera famiglia umana.
Don Massimo Rizzi