S.Alessandro e gratitudine
Quest’anno, nella festa del nostro patrono S.Alessandro, vorremmo in modo particolare sottolineare un aspetto della testimonianza evangelica: quello della gratitudine. È una testimonianza che, se volete, attinge anche alla Lettera che ha accompagnato l’anno pastorale che si è concluso, una Lettera che invitava ad essere sempre più donne e uomini capaci di Eucarestia, quindi capaci di gratitudine...
Non stiamo parlando semplicemente di qualcosa di estemporaneo, ma questa testimonianza della gratitudine vorremmo approfondirla sotto il profilo della virtù, cioè di uno stile di vita: non si tratta quindi semplicemente di un gesto di cortesia, di un gesto di buona educazione alla quale non vogliamo rinunciare, ma si tratta di un modo di vivere, di un modo di essere..
Cari sorelle e fratelli, mi sembra che parlare di gratitudine significhi evocare innanzitutto la memoria. La memoria può essere anche molto dolorosa, ma certamente il momento culminante della memoria si identifica con la riconoscenza: quello è il momento luminoso della memoria. Ma riconoscenza non è soltanto memoria, non si alimenta soltanto alla memoria, si alimenta alla contemplazione, cioè allo sguardo capace di cogliere l’insieme e la profondità delle cose. Senza questo sguardo, che a volte noi esercitiamo inconsapevolmente nelle nostre relazioni familiari, non potremo alimentare una virtù della gratitudine a livello sociale. Gratitudine, infine, è accoglienza: ricordare, riconoscere e ridonare sono i verbi della gratitudine. Ricordare, è la memoria; riconoscere è l’esito dello sguardo contemplativo; e - finalmente - ridonare, che è il segno di aver accolto e assimilato il dono ricevuto.
La gratitudine – vorrei soprattutto sottolineare questo aspetto – è assimilazione: ricevere non è semplicemente accogliere o utilizzare un bene, ma interiorizzarlo, interiorizzare l’intenzione del bene che ci è stato donato. Interiorizzare addirittura il volto della persona che ci ha fatto il dono, interiorizzare il suo animo, interiorizzare la relazione con lui.
Cari fratelli e sorelle, a volte pensiamo che la gratitudine sia un di più, un di più che amiamo, al quale vogliamo educare i nostri figli. Ma comunque un di più rispetto alle necessità cogenti dell’esistenza, alle responsabilità impellenti, sotto ogni profilo, che ci sono affidate. Care sorelle e cari fratelli: questo di più è proprio ciò che ci è necessario.
Il dovere non esclude il dono, il dovere non esclude la gratuità, i diritti e i doveri non escludono il mondo della gratitudine; anzi, è proprio questo mondo, il mondo del dono, il mondo della gratuità, il mondo della gratitudine che dà forza morale e sostenibilità al mondo dei diritti e dei doveri, perché la giustizia non si trasformi semplicemente in qualcosa di implacabile, in qualcosa in cui tutto si vende e tutto si compra.
Stralci dell’omelia del Vescovo Francesco il 26 agosto.