Perché tanta paura d’amare?
Tremate! Arriva S. Valentino, la festa fashion degli innamorati, e con lei un mucchio di iniziative commerciali, smielate, ma soprattutto tragicomiche. E sì, perché l’amore romantico, ai tempi della postmodernità tecnoliquida, oscilla fra due estremi: da un lato il modello proposto da “Uomini e Donne” di Maria De Filippi e dall’altro il modello tecnomediato delle app come Tinder...
La De Filippi è la vestale della forma più narcisistica dell’amore: tronisti, corteggiamenti caricaturali, dialoghi d’amore grotteschi, il sentimento trasformato in spettacolo, l’amore ridotto alla ricerca della bellezza vuota e dell’emozione estrema. Eppure questa è l’ultima forma, sia pure ridotta ad un goffo gioco, di corteggiamento. Sì, perché con Tinder (e con tutte le app di incontro) ecco come vanno le cose: “da circa un anno non ho una relazione stabile ed esco con chi mi va, non sono il genere di ragazza che vuole menarla per le lunghe, se mi piaci sono esplicita. Come moltissimi altri single italiani anche io ho scaricato Tinder e devo dire che lo uso con una certa frequenza, metto cuori in caso di interesse, e quando ottengo un match scambio messaggi con il ragazzo di turno per incontrarlo al più presto”.
Nonostante siamo lì sempre connessi, a chattare, twittare, postare, commentare e accettare amicizie sui social, nonostante la rapidità e la velocità degli incontri, nonostante gli aperitivi affollati, la vita notturna e i locali, nonostante Tinder, la De Filippi e gli speed date, nel complesso la maggior parte delle consultazioni psichiatriche e psicologiche riguardano drammi d’amore, problemi relazionali, nuove solitudini e bisogni insoddisfatti di amore. Insomma, al netto di tutto, sempre più soli.
Certo, esistono ancora famiglie tradizionali, con figli, mutuo e cene fra amici, ma il trend è davvero un altro. La maggior parte dei trentenni vive relazioni light e tanti social, ma è davvero impressionante la carica degli adultescenti, quarantenni e cinquantenni, con rinnovati turbamenti adolescenziali: madri che, attraverso profili facebook molto più sexy delle loro figlie, rintracciano ex di tanti anni fa e riallacciano storie, padri smart sul lavoro e immersi in chat di incontri.
Che fare dunque? Esserci, “esserci-con”, “esserci-per”: questa la “progressione magnifica”, che permette di partire da un Io (l’esserci), per passare ad un Tu (l’“esserci-con”) e infine giungere ad un Noi (l’“esserci-per”), dimensione ultima e sola che apre alla generatività, alla creatività e all’oblatività. Costruire dimensioni identitarie e di senso stabili e non ambigue, instaurare relazioni solide e che si dispiegano lungo progetti esistenziali che consentono l’apertura alla generatività e all’oblatività, sono ancora, in ultima analisi, l’unico orizzonte di speranza che si apre per l’uomo del terzo millennio, immerso nel cupo e doloroso paradigma della tecnoliquidità.
Sullo sfondo la domanda delle domande: ma perché abbiamo così tanta paura di amare davvero?
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