Qualcosa di buono
Si dice che il carattere di una persona si formi nei primissimi anni di vita. Sono i primi anni che influenzano tutto il resto.
Una bella fregatura. Perché basta che per un motivo o per l'altro quel periodo non vada per il verso giusto, che sei rovinato per sempre. Hai voglia ad andare a cercare cos'è stato a farti diventare come sei, qual è l'avvenimento che a un certo punto ti ha fatto deviare dal percorso. Col tempo, il fatidico istante si perde nei meandri della memoria e diventa quasi impossibile recuperarlo.
Per gli altri, forse. Non per me. Ero nel corridoio di casa, da un lato mia madre e dal lato opposto mio padre. La crisi dei miei durava da sempre, ma quella sera esplose con tutta la sua forza e lo tsunami fu devastante. A papà toccò il divano, a me, invece, la scelta. Che non era da chi dei due farmi portare a letto, ma a chi dei due voltare le spalle. Mentre piangevo loro mi dicevano di stare tranquillo, che non era successo nulla, ma io sapevo che non poteva essere così; se a cinque anni ti trovi a dover scegliere fra tua madre e tuo padre non può essere tutto a posto.
In quel momento avrei dovuto prendere la prima decisione importante della mia vita, invece mi accovacciai con le spalle al muro e chiusi gli occhi, in attesa che uno dei due venisse a recuperarmi, mentre lo stomaco gorgogliava.
Sono passati trentacinque anni e il povero organo non ha ancora smesso di farsi sentire, di reclamare qualcosa di buono con cui nutrirsi davvero.
E’ la prima pagina del romanzo: La tristezza ha il sonno leggero di Lorenzo Marone. Mi ha fatto pensare...