Computer e fede
E se i computer, e cioè ciò che di più tecnico, freddamente tecnico, staziona sulle nostre scrivanie, celasse in sé la nostalgia più antica e profonda che abita l'uomo: quella di una relazione possibile e reale con un altro o, forse, con l'Altro, appunto con Dio?!
Penso un po' alle parole proprie del linguaggio informatico che noi usiamo ... Parliamo, prima di tutto, di «salvare» nel tentativo di sottrarre all'oblìo, di far giungere a qualcun altro, di fermare un pensiero, una parola, di renderla pronta a nuovi accessi, a nuove comunicazioni. Salvare, anche nel regno del web, è operazione necessaria. E se ogni atto del «salvare», anche quello eseguito nel computer, fosse traccia della nostalgia che è in noi di essere salvati? Mah ...
Diciamo poi di «convertire». Cioè di carpire dalla vorace bocca del nulla ciò che abbiamo appena salvato, perché sia raggiungibile e condivisibile pur nella continua evoluzione dei linguaggi informatici. In fin dei conti, convertire non è, nel mondo informatico come nella Bibbia, il processo che testimonia l'importanza vitale della relazione e della comunicazione?
E poi «giustificare» e «icone». In entrambi i casi, si evidenzia nel mondo del computer l'urgenza di plasmare ciò che andiamo producendo secondo una forma che corrisponda al nostro gusto o alla nostra fantasia creatrice. Insomma, cerchiamo di rendere belli i nostri documenti piuttosto che il tema del desktop. E non è forse ciò nostalgia di una Bellezza più grande che illumini i frammenti delle nostre esistenze?
Infine, la stessa parola «rete» mi richiama alla mente quella colma di pesci che Pietro e compagni pescatori tirarono su quella mattina, nel lago di Tiberiade, dietro suggerimento di un certo Gesù. Che in qualche modo li rese, appunto, «esperti della rete».
Ecco dunque questo strano parallelo tra il mondo del computer e quello della fede, purchè sia un aiuto e non una fuga nella relazione.