Di viaggio in viaggio
Abbiamo concluso il Cre. Per una settimana continua il baby.
Entrambi guidati dal tema del viaggio (partendo dall’Odissea).
Così, di settimana in settimana, ci siamo riconosciuti sognatori, stranieri, ospiti e viaggianti. Ora continuano altri “viaggi” estivi: la giornata mondiale della gioventù a Cracovia (almeno una giovane di Palazzago c’è), il mare con gli adolescenti, la biciclettata, il mare con le famiglie e poi la festa di Comunità (dal 26 agosto all’11 settembre). Ma tutto attraversato da quei “viaggi” particolari con cui le cronache ci obbligano a fare i conti: “viaggi” nella povertà, nella violenza, nell’ignoranza, negli integralismi, nelle persecuzioni...
Mi ha fatto pensare una riflessione di Cecilia Strada. La propongo anche a voi.
Tanti anni fa dicevamo "Fuori l'Italia dalla guerra, fuori la guerra dall'Italia". Per anni abbiamo guardato guerra, violenza e terrore seminare morti e feriti "là", in qualche Paese che non abbiamo mai visitato (i nostri soldati e le nostre armi, invece, spesso ci sono stati); le vittime avevano la pelle un po' più scura della nostra, e tendenzialmente diventavano solo un trafiletto sui giornali: "800 morti a Baghdad", e si girava pagina.
Oggi ci svegliamo e ci accorgiamo che Baghdad è qui, in riviera. Che le vittime sono uguali uguali a noi, anzi, siamo noi. Che puoi uscire per andare a fare una passeggiata e non tornare più a casa, come succede ogni giorno "là", a Kabul o a Ramadi.
Cittadini disarmati da una parte, dall'Iraq alla Francia, e dall'altra parte chi ha scelto e sceglie la guerra (con il turbante nero, in divisa o in giacca e cravatta). Loro fanno la guerra e noi paghiamo il conto. Anche oggi, a Nizza. Anche oggi, a Kabul.
Spezzare il cerchio della guerra, spazzar via la guerra dalla Storia non è più uno slogan da pacifisti, un bel sogno o un'utopia. E' l'unica possibilità che ci rimane. O la guerra spazzerà via noi.