Balsamo per molte ferite
Con una formula originale, Alessandro D’Avenia nel suo ultimo libro: L’arte di essere fragili, si pone alcune domande decisive della vita, scrivendo lettere ad un poeta liquidato spesso come pessimista e sfortunato, Giacomo Leopardi. Ogni capitolo parte sempre da una citazione delle opere del poeta, anche quello dal titolo: L’adolescenza non è una malattia, di cui leggiamo un assaggio.
In questi anni di insegnamento e incontri, ho visto ragazzi già annoiati, stanchi, corrosi dalla monotonia, arrugginiti, dagli occhi spenti, quasi vecchi. Non la maggioranza, ma c'erano. Ma tu mi hai insegnato che serve poco per ravvivare quel fuoco nascosto tra la cenere: basta, per esempio, citare le parole di un poeta, di uno scrittore, magari proprio le tue, per scoprire ciò che dà consistenza alle speranze, ciò che rende reale l'invisibile: l'invisibile della statua nell'idea, dell'albero nel seme, della cattedrale nello schizzo, dell'amore in un primo sguardo.
Mi hanno colpito le parole di una studentessa di quindici anni che attraversava un momento di particolare fragilità e alla quale avevo prestato un libro, il diario di Etty Hillesum, una ragazza ebrea che racconta la sua maturazione a contatto con l'orrore nazista, che le spezzerà il corpo ma non lo spirito. Etty trasforma ogni cosa in vita, perché ogni cosa nell'interiorità, in particolare in quella femminile, può diventare vita feconda. Trasforma in vita persino la sua morte, chiudendo il diario con una frase che porto scolpita nel cuore e nella testa: "Si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite".
Dopo aver letto il libro, quella ragazza mi ha scritto: "Volevo ringraziarla per avermi prestato un libro tanto prezioso: se prima mi limitavo a vedere il bianco e il nero nella vita, ora le sfumature fanno parte di me. Certo mi è impossibile non vedere, di tanto in tanto, cose che mi rattristano, ma non oso più incolpare la vita di questo, non la considero più ingiusta o cattiva. Semplicemente vivo le situazioni spiacevoli e affido a Dio il mio dolore. Etty è così simile a me che leggendo per la prima volta le sue parole mi sono sentita finalmente Bene (con la B maiuscola), era come se quelle parole fossero lo specchio dei miei pensieri. Ho segnato su un quaderno quasi ogni frase che mi è sembrata vicina a me e a ciò che sto provando in questo momento ed è stato liberatorio, come ammettere che quel dolore c'è e che anche qualcun altro lo ha vissuto.
Etty e io siamo così vicine che avrei tanto voluto parlarle, dirle proprio quelle cose che io vorrei sentirmi dire. Mi ha insegnato molto, con la sua giovane irrequietezza, forza, fede, ma soprattutto con il suo amore inarrestabile per la vita".