Cosa è rimasto?

Cosa è rimasto?

S. Giovanni Bosco, ci ha condotti al cuore della celebrazione dei 65 anni di costruzione del nostro oratorio e, più di ogni altro, dell’azione educativa della nostra comunità a favore dei più piccoli, dei ragazzi e dei giovani.

L’oratorio è tornato ad essere vita della nostra comunità parrocchiale dopo il torpore della pandemia, con una consapevolezza in più: l’oratorio non si improvvisa, ma nasce e cresce grazie a una comunità capace di educare perché “ha a cuore” i ragazzi e, prendendosene cura, li accompagna nel cammino della vita attraverso la mano della passione per i propri figli e la mano della passione per il Vangelo.
In questi giorni, dentro le diverse proposte che hanno coinvolto parecchio la comunità, abbiamo trasformato in preghiera il nostro grazie al Signore per i nostri ragazzi e per tutti coloro che nelle diverse stagioni della nostra parrocchia li hanno presi per mano e continuano ad accompagnarli. Non abbiamo dimenticato nessuno, partendo anche da coloro che sono cresciuti negli anni addietro, con don Eliseo, don Mario, don Elio, don Giuseppe e con tanti altri sacerdoti e curati.
Abbiamo detto di nuovo grazie a tutti, in particolare ai numerosi volontari: a chi pulisce e riordina gli ambienti, a chi educa attraverso la catechesi, la liturgia e gli incontri, i nostri catechisti, animatori e coordinatori; grazie a chi anima e fa divertire, a chi ha ridato vita al “Palio delle contrade” nella nuova forma che abbiamo voluto dare, a chi presta servizio al bar e al “girolangolo”; a chi impasta ravioli e torte per sostenere le iniziative e le strutture di queste nostre comunità. Grazie a chi offre con generosità e di tasca propria perché crede nel presente e nel futuro dei nostri ragazzi, che è il presente e il futuro di queste nostre comunità.
Alla fine, cosa è rimasto di tutto questo? Bilanci non servono; mi pare un cammino di comunità intensificato, rafforzato e spero un po’ più motivato, grazie all’oratorio e a chi “osa fare comunità”.
d. Angelo

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