I luoghi comuni danno spesso discredito ai ragazzi e i giovani. A volte sento voci esageratamente negative, come se le nuove generazioni fossero la causa dei malanni di una società. Per lo più - e mi fa ridere! - c’è chi idealizza la propria giovinezza come quella ideale, lontana e priva da errori e bagordi... Questo mi porta a riconoscere che anche ai giorni nostri, come diceva un noto autore biblico, “non c’è niente di nuovo sotto il sole”. Non è un puro caso che già le antiche civiltà prima di Cristo e dopo, dicevano lo stesso, rispetto ai giovani.
C’è sempre tanta attesa quando si entra nelle case dei nostri malati e degli anziani. L’ho sperimentato da sempre e di nuovo in queste settimane.
Quando bussi alla porta, entri e ti presenti, esplode un sorriso pieno di accoglienza, l’emozione traspare negli sguardi di chi ti sta difronte e da lì una serie di racconti per dirsi, per presentarsi, per augurarsi un cammino sereno nonostante la malattia o gli acciacchi dell’età. Ne ho incontrati tanti, spero di averli raggiunti tutti, grazie alla collaborazione di alcune volontarie.
All’inizio del mio ministero, un bel po’ di anni fa, rimasi colpito quando una ragazza, tristemente arrabbiata e risentita con sua mamma, diceva a me e alle coetanee: “Mia mamma non mi ha mai detto una volta ti voglio bene. Mai alcun gesto di tenerezza e di amore nei miei confronti”. Qualche giorno dopo, la ritrovo all’oratorio, mi avvicino e le chiedo come stava, dal momento che l’avevo vista arrabbiata con la mamma. Come fuoco sotto la cenere, si è riaccesa caricando spietatamente altre ingiurie contro sua madre.
Bastano queste parole del noto poeta per dire il senso di quanto viviamo in questi giorni, contrassegnati dalla festa dei santi e dal ricordo dei defunti.
Sono giorni nei quali siamo invitati a tornare sulle tombe dei nostri cari e a pregare per loro e con loro. Sono infatti giorni contrassegnati dal silenzioso ricordo e dall’inevitabile tristezza perché coloro che abbiamo conosciuto e amati, non sono più…
Impegnativi, ma belli questi giorni tra voi. Ci si vede, ci si incontra, ci si guarda negli occhi, ci si parla … Tra un incontro e l’altro, tra un saluto e una battuta, ci si sta ambientando e si respira aria di comunità; di “una comunità di casa”. E questo lo cogliamo anche dagli aspetti aggregativi e organizzativi. Dico questo perché una qualsiasi famiglia, come una comunità, per essere “di casa”, ha bisogno di disponibilità e di responsabilità per “servire la vita dove la vita accade”.
“Nei giorni più dolorosi della pandemia, abbiamo riconosciuto e condiviso un criterio che non vogliamo diventi slogan: “servire la vita dove la vita accade”. Mi sembra provvidenziale poterlo indicare anche per quest’anno, consapevole che in famiglia la vita accade in modo unico e originale, misterioso e meraviglioso, umile e grandioso. La comunità cristiana, in gran parte formata da famiglie, avverte la missione di servire la famiglia e la vita che vi accade, riconoscendo e alimentando la vita stessa di Gesù, Crocifisso e Risorto, che nella comunità familiare si manifesta e si incarna”.