letterina 20170923

Giovani e smartphone

Nell’incontro dei Consigli riuniti abbiamo scorso insieme la lettera del Vescovo Francesco “Un cuore che ascolta” soffermandoci molto sulla questione “giovani”, tema centrale del prossimo Sinodo e orizzonte in cui si colloca il triennio prospettato dal Vescovo. Essa ci rimanda ad alcune questioni che abbiamo sempre avvertito come decisive: su tutte, la capacità generativa della comunità cristiana a una vita di fede.
E’ evidente che il modo dei giovani di entrare in contatto con la realtà e l’esistenza è profondamente cambiato. L’esempio più interessante viene dallo strumento che tutti portiamo in tasca: lo smartphone. Chi lo acquista riceve una piccola scatola con pochi componenti che servono al funzionamento. Uno strumento complicatissimo non contiene più un lungo e noioso libretto di istruzioni; ma un piccolo foglietto con poche raccomandazioni. Come si usa? Si impara: ognuno deve arrangiarsi provando e riprovando. Al massimo si può chiedere a chi ne sa qualcosa. È un “gioco” interessante che abbiamo bisogno di osservare con attenzione per capire che le giovani generazioni non accettano più nulla “a scatola chiusa”. E per rilevare che i giovani sanno farsi coinvolgere se si sentono “davvero” ingaggiati, se sentono di poter dire la loro.
È tempo di liberarsi dalla convinzione che possa bastare semplicemente trovare nuove forme di annuncio, senza riprendere l’arte di suscitare domande: i giovani definiscono “dogmatiche” le verità che non hanno evidenza nella vita di chi le offre; e dogmatiche, per loro, non è un aggettivo positivo. Significa che prima di tutto vogliono vedere una corrispondenza fra ciò che gli educatori cristiani offrono loro e la vita degli stessi adulti.
L’umanesimo evangelico – per come lo si potrebbe interpretare nella sua fraternità e nella sua dimensione di dono-dedizione senza condizioni – è l’unica forza in grado di superare l’individualismo che serpeggia anche fra i cristiani... Molti segnali oggi ci dicono della fatica dei giovani a recepire senza verificare: significa che vogliono capire attraverso azioni ed esperienze che li sorprendano. Significa che non accettano che si pretenda una loro adesione di fronte alle nostre evidenze: la ricerca sarà comunque personale; alle parole ascoltate seguiranno “verifiche” attraverso ricerche su internet, incrociando informazioni e opinioni che verranno dai mondi più disparati.
Perché il vangelo possa parlare alla storia è necessaria l’esistenza di una comunità. La testimonianza credente può darsi nel mondo solo grazie a una comunità di uomini e di donne che danno alla loro vita la forma del vangelo: questa è la posta in gioco della presenza dei cristiani nel mondo. Insomma: mostrare, più che dimostrare.

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letterina 20170917

Normalmente...

Normalmente, durante le feste, lasciamo aperta la porta laterale della chiesa, quella che dà verso il campo dell’Oratorio: non si sa mai che qualcuno, passando e vedendo acceso e aperto, entri per una preghiera, per un momento di silenzio, per un saluto al Signore, per accendere una candela... Potrà essere una pia illusione, ma continuo a farlo. Come continua ad essere aperta la chiesa, dal mattino fino a sera, pausa pranzo inclusa, unica forse in tutta la Diocesi.

E proprio in una serata della festa di Comunità appena conclusa - e andata molto bene, nonostante l’abbassamento delle temperature e i giorni di pioggia - una giovane mamma si avvicina e, dopo il saluto mi dice: ”Sono appena stata in chiesa, che era aperta, a fare la mia preghiera”. Le sorrido e le dico brava. E’ musulmana.

Normalmente, all’inizio della stagione estiva, prima di iniziare nei giovedì la messa serale al cimitero, celebriamo al monumento ANMIL, quindi quasi sulla strada. Ed è ovvio che durante la celebrazione passi qualcuno in macchina, in moto o a piedi: se va bene guardano cosa sta succedendo e tirano dritto. Quest’anno sono passate anche alcune moto che, vedendo che si stava celebrando, hanno accelerato facendosi decisamente sentire. Poco dopo vedo sbucare dalla curva una bici con un giovane che pedala. Si accorge della messa. Si ferma, scende, fa il segno di croce e sosta per un po’, accompagnando poi la bici a piedi. E’ un giovane di colore nero.

Perché riporto queste cose? Perché mi fan pensare. 

Sempre più circola anche tra noi un modo di dire: i nostri. Ma chi sono i nostri? Sono quelli che hanno il Signore alla portata di mano e se ne fregano? Sono quelli che se c’è una messa all’aperto accelerano per far sentire che passano loro? Sono quelli che durante il corteo del funerale impennano così tutti li guardano o continuano imperterriti a fumare dal finestrino schifati perché devono accostare? Sono quelli che il Signore l’hanno in bocca ma solo per le bestemmie? Sono quelli che sono bravi solo loro? Sono quelli che il crocefisso guai a toccarlo ma il Vangelo non l’hanno mica aperto?

Sono questi i nostri? Me lo chiedo. Ve lo chiedo.

Alcune cose mi fan pensare. Normalmente... 

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letterina 20170910

L'amore ha bisogno di tempo

Ascoltate un passaggio di Amoris laetitia, l’esortazione apostolica di papa Francesco sull’amore nella famiglia. Lo trovo importante anche per il cammino pastorale che andiamo a riprendere (ma è mai stato interrotto?)

L'amore ha bisogno di tempo disponibile e gratuito, che mette altre cose in secondo piano. Ci vuole tempo per dialogare, per abbracciarsi senza fretta, per condividere progetti, per ascoltarsi, per guardarsi, per apprezzarsi, per rafforzare la relazione. A volte il problema è il tempo frenetico della società, o i tempi imposti dagli impegni lavorativi. Altre volte il problema è che il tempo che si passa insieme non ha qualità. Condividiamo solamente uno spazio fisico ma senza prestare attenzione l'uno all'altro (AL 224).

Una delle qualità che rende autentica e duratura una relazione, in particolare quella di una coppia, è la capacità di affrontare serenamente il tempo e lasciare che in esso maturi e si rafforzi l'amore, cioè il cuore di una rapporto. «L'amore ha bisogno di tempo disponibile e gratuito, che mette altre cose in secondo piano». Il linguaggio dell'amore non è così spontaneo e facile come spesso si crede; le incomprensioni e le tensioni rendono a volte incomprensibile questo linguaggio.
Nel testo dell'AL che abbiamo riportato ci vengono indicate due modalità ambigue di vivere il tempo in una relazione.
A volte il tempo c'è, ma non ha qualità: «Condividiamo solamente uno spazio fisico ma senza prestare attenzione l'uno all'altro». Si sta assieme ma ci si ignora, si è indifferenti l'uno all'altro e il tempo che dovrebbe essere dato alla relazione, diventa trascinato e vuoto.
Ma c'è un altro rischio: «È il tempo frenetico della società, o i tempi imposti dagli impegni lavorativi».
Il tempo oggi è accelerato: la velocizzazione del tempo ormai dà il ritmo all'esistenza dell'uomo in tutte le sue dimensioni. Chi non fa esperienza di stress e di frustrazione in questa rincorsa affannosa e angosciata del tempo? La frammentazione delle vite e delle relazioni (ad esempio le separazioni matrimoniali), la mancanza di fedeltà e perseveranza dimostrano questa fatica.
Ma l'amore, per scendere in profondità in una relazione e dare ad essa qualità, non può essere relegato a episodi momentanei e solamente emozionali: ha bisogno... di tempo. Solo giorno dopo giorno, nell'oggi che ci viene donato, si costruisce una relazione. Ma sapendo che ogni momento deve custodire e manifestare un unico desiderio: amare l'altro.

 

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letterina 20170903

Muto con noi. Muto con Dio

Sul settimanale on line della Diocesi di Bergamo c’è anche “la posta di Chiara”, una rubrica in cui una monaca di clausura risponde a domande. Ecco cosa chiede un papà:

Mio figlio adolescente non prega più. Come è muto con noi così è diventato muto con Dio. Non sappiamo se si tratta di una crisi di adolescenza o di una crisi di fede. O forse tutte e due insieme. Angelino

La fase-ponte dell’adolescenza

Caro Angelino, comprendo la tua preoccupazione per tuo figlio. L’adolescenza è una fase di passaggio nella vita dei figli, ma anche di tutta la famiglia. È una fase-ponte e per questo gli adolescenti non sono né di qua né di là, sono in cammino, in transito. Non sono bambini e non vogliono essere trattati come tali, e non sono adulti, ma vogliono essere tali. Vivono questa tensione interiore con gli altri, in particolare con i famigliari. Fa parte della crescita normale, naturale della vita, nella quale c’è movimento, ricerca, incertezza, angoscia, speranza, gioia.

Tutte le dimensioni si trasformano: quella fisica, psicologica e spirituale. La famiglia ha un compito delicato, ma fondamentale, poiché l’educazione dei figli continua in maniera diversa. È necessario discernere la modalità relazionale più consona a questa fase. Forse è importante che tu e tua moglie, vi possiate confrontare con genitori che l’hanno attraversata o da specialisti che vi possono offrire indicazioni adatte per incontrare vostro figlio.

Il mutismo è una forma di ricerca

Il mutismo di tuo figlio, sia con te che con Dio, rientra in questo processo di cambiamento nel quale sta cercando una nuova modalità di vivere il rapporto in famiglia e con la fede. Viene messo in discussione il vostro essere genitori, provocando preoccupazione e senso di impotenza. La vostra presenza rimane preziosa, ma deve assumere un volto nuovo. Dovete “esserci” vivendo al meglio i valori in cui credete e che gli avete trasmesso, testimoniando la loro significatività nella vostra vita, in una modalità adulta che possa essere esemplare.

Voi genitori pregate?

Dici che tuo figlio non prega più, ma voi pregate? E come lo fate? La vostra modalità di vivere la fede è rimasta quella di quando eravate giovani o è cresciuta assumendo una “statura” adulta? Il vostro ragazzo ha bisogno di confrontarsi con un mondo adulto, reale, che non attenui la fatica del vivere, ma sia reso capace di assumerne tutta la responsabilità, come via di vita vera. Il mondo nel quale viviamo, tendenzialmente, sminuisce la serietà della vita, addolcendola con facili surrogati che lasciano solo il vuoto interiore e che rendono le persone eterni adolescenti. Vostro figlio forse non prega più perché sta cercando di fare sua una dimensione di fede che non può essere più quella di prima ed è sottoposta all’impegno e alla fatica degli interrogativi, degli approfondimenti, della ricerca. Ciò è molto positivo perché rientra in quella fase di interiorizzazione e personalizzazione dei valori acquisiti.

Tempo prezioso

Questo tempo è prezioso per pregare per lui, per il suo cammino, perché sia illuminato nella ricerca e possa trovare aiuti validi nella scuola o negli educatori che gli sono vicini. È un passaggio che ha bisogno anche di una preghiera per voi, perché siate educatori sapienti, testimoni e non maestri, capaci di rimanere nella tensione e nella sospensione, nell’attesa dei tempi lunghi di una crescita e di una maturazione. Una crisi non porta a una relazione meno intensa, ma a maturare la comunione e la gioia dell’essere famiglia. Anche in questo passaggio impegnativo, non siete insieme per essere meno felici, ma per imparare a esserlo in modo nuovo, a partire dalle possibilità aperte da questa nuova fase. Il Signore vi chiama a fare di questo nuovo tempo una chiamata ad assaporare la vita che Lui regala in abbondanza.

 

 

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letterina 20170827

Ma chi è Gesù?

Il Vangelo di questa Domenica insieme alle crude immagini di minaccia Isis con statue di Madonna e Santi buttate a terra, crocefissi rovesciati, foto del papa strappate, ci fanno porre davanti alla verità della fede che è una persona: Gesù. Lo facciamo ascoltando uno stralcio di articolo di Enzo Bianchi, fondatore di Bose.
Ogni domenica mattina, dopo la “messa dei fanciulli”, nella mia parrocchia di campagna c’era l’ora di catechismo. Come consuetudine, ci veniva insegnata la dottrina riguardante Dio, la Trinità, i comandamenti e i precetti per una vita cristiana rigorosa e capace di esemplarità. L’insegnamento era dunque essenzialmente morale, utile per formare uomini e donne come cattolici. Ma l’insistenza talvolta ossessiva sui comandi e sui divieti destò un giorno in uno di noi una semplice domanda: “Ma perché dobbiamo fare così?”.
Con molto candore la suora rispose: “Per Gesù!”.
E il mio compagno di catechismo replicò: “Ma chi è Gesù?”.
Ci fu imbarazzo, ma non ricordo come proseguì la lezione, perché ero restato quasi pietrificato da quella domanda. Sì, c’era un insegnamento secondo il Vangelo, ma non veniva fornito il fondamento all’azione cristiana: la fede e l’amore per Gesù Cristo, che invece non era al centro, non era la prima preoccupazione in ciò che si insegnava...
A distanza di tanti anni mi sembra che ciò che accadde allora potrebbe in verità accadere ancora oggi. Mi domando infatti: al di là delle buone intenzioni e delle grandi fatiche che si fanno nella vita della chiesa per la liturgia, la catechesi, la carità..., Gesù Cristo, il Gesù Cristo che è il Vangelo, è al centro e vede realmente riconosciuto il suo primato? Confesso che faccio fatica a constatare questo.
Certamente nell’esistenza di ogni cristiano solo Dio giudica la fede e l’effettiva ed efficace presenza del “Cristo in noi”, ma in ciò che appare nella vita esteriore della chiesa dobbiamo interrogarci. Vi possono infatti essere fervore, devozione, partecipazione liturgica, eppure mancare proprio ciò che è autenticamente cristiano: la presenza viva di Gesù Cristo...
Un cristianesimo senza una relazione viva con Gesù non è altro che una religione tra le altre...
Ecco perché Gesù Cristo deve essere il Vangelo e il Vangelo deve essere Gesù Cristo. Altrimenti, Gesù Cristo è solo un nome a cui fa riferimento un movimento di suoi seguaci, in termini di dottrina e spiritualità; è solo un’invocazione religiosa sublime; è solo un idolo, un manufatto amato, ritenuto la cosa più cara proprio perché è una nostra proiezione.
È infatti possibile un cristianesimo senza Gesù e senza Vangelo!

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Biglietti vincenti Sottoscrizione Cre 2017: (si possono ritirare in oratorio fino al 10 settembre)

1) 922 GIALLO Smartphone Asus ZB500KG  
2) 37 ROSA Casco integrale NOLAN  
3) 41 ROSA Happynight PRENATAL  
4) 15 GRIGIO  
5) 530 GIALLO  
6) 72 AZZURRO  
7) 768 VERDE  
8) 86 GIALLO  
9) 316 GRIGIO 
10) 695 GIALLO 
11) 228 VERDE 
12) 810 GIALLO 
13) 48 ROSA 
14) 859 VERDE 
15) 858 GIALLO

letterina 20170820

Perché i ragazzi si drogano? (2)

Don Chino Pezzoli conclude le risposte alla domanda posta settimana scorsa. Nel frattempo sulla stampa locale sono apparsi dati allarmanti come ad esempio che a Bergamo ogni giorno arrivano 20 Kg di cocaina.

Allora cerchiamo di essere onesti. Diciamolo, ai ragazzi che, usando droga, alcune persone ci restano secche al primo colpo, e che altri le provano e si sentono bene, ma devastano la loro salute fisica e psichica.
La droga e l’abuso di alcol, con il passare degli anni, cronicizza la dipendenza, ossia una spinta compulsiva incontenibile a usare dosi sempre maggiori fino a lasciarsi morire in quanto tutto si perde: la salute, il controllo psichico, le motivazioni, il senso.

Perché dire questo? Perché se dite che il fumo uccide, quando vostro figlio vedrà il pusher del quartiere che ha 50 anni e si fa 20 canne al giorno, non vi crederà. Se gli dite che una pastiglia di ecstasy uccide, la prima volta che andrà in discoteca e vedrà che metà della gente si ‘cala’, non vi crederà più. Se dite che dalle canne si passa sicuramente all’eroina, alla cocaina quando al centro sociale vedrà il suo professore di lettere che si fa una canna, non vi crederà. Lui sotto l’effetto della sostanza stupefacente sta bene, si crede onnipotente.
Diamo invece spiegazioni scientifiche e documentate.

Le testimonianze servono. Sono i ragazzi e le ragazze presenti nelle nostre Comunità che fanno sapere agli altri che tutto quello che le droghe apparentemente danno ‘di buono’, se lo prendono con gli interessi dopo un po’ di anni. Ci sono persone diventate impotenti sessualmente, con problemi cardiaci seri, con deficit cognitivi, volitivi e motivazionali. Non mancano soggetti con turbe comportamentali e disturbi della personalità. La droga dà e poi toglie. Sarà bene dire e ripetere sovente ai nostri ragazzi che se si drogano si preparino anche a soffrire.

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