Giovani e smartphone
Nell’incontro dei Consigli riuniti abbiamo scorso insieme la lettera del Vescovo Francesco “Un cuore che ascolta” soffermandoci molto sulla questione “giovani”, tema centrale del prossimo Sinodo e orizzonte in cui si colloca il triennio prospettato dal Vescovo. Essa ci rimanda ad alcune questioni che abbiamo sempre avvertito come decisive: su tutte, la capacità generativa della comunità cristiana a una vita di fede.
E’ evidente che il modo dei giovani di entrare in contatto con la realtà e l’esistenza è profondamente cambiato. L’esempio più interessante viene dallo strumento che tutti portiamo in tasca: lo smartphone. Chi lo acquista riceve una piccola scatola con pochi componenti che servono al funzionamento. Uno strumento complicatissimo non contiene più un lungo e noioso libretto di istruzioni; ma un piccolo foglietto con poche raccomandazioni. Come si usa? Si impara: ognuno deve arrangiarsi provando e riprovando. Al massimo si può chiedere a chi ne sa qualcosa. È un “gioco” interessante che abbiamo bisogno di osservare con attenzione per capire che le giovani generazioni non accettano più nulla “a scatola chiusa”. E per rilevare che i giovani sanno farsi coinvolgere se si sentono “davvero” ingaggiati, se sentono di poter dire la loro.
È tempo di liberarsi dalla convinzione che possa bastare semplicemente trovare nuove forme di annuncio, senza riprendere l’arte di suscitare domande: i giovani definiscono “dogmatiche” le verità che non hanno evidenza nella vita di chi le offre; e dogmatiche, per loro, non è un aggettivo positivo. Significa che prima di tutto vogliono vedere una corrispondenza fra ciò che gli educatori cristiani offrono loro e la vita degli stessi adulti.
L’umanesimo evangelico – per come lo si potrebbe interpretare nella sua fraternità e nella sua dimensione di dono-dedizione senza condizioni – è l’unica forza in grado di superare l’individualismo che serpeggia anche fra i cristiani... Molti segnali oggi ci dicono della fatica dei giovani a recepire senza verificare: significa che vogliono capire attraverso azioni ed esperienze che li sorprendano. Significa che non accettano che si pretenda una loro adesione di fronte alle nostre evidenze: la ricerca sarà comunque personale; alle parole ascoltate seguiranno “verifiche” attraverso ricerche su internet, incrociando informazioni e opinioni che verranno dai mondi più disparati.
Perché il vangelo possa parlare alla storia è necessaria l’esistenza di una comunità. La testimonianza credente può darsi nel mondo solo grazie a una comunità di uomini e di donne che danno alla loro vita la forma del vangelo: questa è la posta in gioco della presenza dei cristiani nel mondo. Insomma: mostrare, più che dimostrare.
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