letterina 20170813

Perché i ragazzi si drogano? (1)

Don Chino Pezzoli è stato tra noi diverse volte, anche per un percorso con i genitori degli adolescenti e gli stessi ragazzi. A lui, in questo tempo estivo ed evasivo, rivolgiamo la classica domanda: perché i ragazzi si drogano?

Non ho risposte esatte. Ho invece dei racconti, delle storie, delle nozioni che vorrei condividere per parlare in modo onesto e crudo di questo problema.
Mi sono fatto un’idea: ci si droga perché “la droga è buona”. La gente che si droga è gente debole e con problemi, tanti problemi. Ma non è gente stupida: fa una cosa stupida, ma non è stupida. Perché la prima volta la droga è sempre ‘buona’, ti fa star bene, risponde in modo sincero e immediato a un tuo bisogno, risolve il tuo problema, ti dà quello che gli altri non sono stati capaci di darti. I ragazzi, alle medie, iniziano a venire in contatto con le sostanze.
Facciamocene una ragione. All’inizio si tratta di fumo: hashish, marjuana... Ma ben presto si trova qualche ragazzo più grande che porta le pastiglie (ecstasy o mdma), e ‘calarsi’ è una cosa abbastanza normale, soprattutto nei weekend. Queste sostanze costano così poco, che ci si può ‘calare’ anche 4-5 volte in una sera: 10 euro, non di più. Vuoi non avere 20 euro in tasca? Poi con l’ecstasy ti senti bene: non a caso queste droghe chimiche vengono chiamate ‘sociali’. Facilitano la socializzazione. Solo che dentro son piene di componenti chimici studiati a tavolino, fuori da qualsiasi controllo, potenzialmente pericolosi. In pratica il ragazzo è una cavia umana, perché, essendo prodotti fuorilegge, non saprai cosa c’è veramente dentro finché non l’avrai ‘mangiati’ e assorbiti.
Cosa facciamo come educatori? L’unica strada che mi si pone di fronte a tutto questo, è l’onestà. Dobbiamo dire ai nostri ragazzi la verità. Perché loro sentono sempre dire che le droghe uccidono (e in molti casi è vero, ma non così tanti come vogliamo credere...) e poi se disgraziatamente una volta le provano, non solo non muoiono, ma si sentono pure bene, si divertono. E si sentono totalmente invincibili. E pensano che noi grandi siamo i soliti bugiardi, che ci inventiamo che la droga fa male e che in realtà non è per niente vero, perché loro l’hanno presa e sono stati benissimo.

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letterina 20170806

Grazia, misericordia e pace

«Il messaggio di Fatima è una pedagogia del cuore in tre parole: grazia, misericordia, pace».

«Maria invita ogni uomo a imitarla, cioè ad aprire il cuore a ogni altro, a lenire dolori e ferite, ad asciugare le lacrime»... 

Sono alcuni passaggi dell’intervento di padre Jorge Manuel Faria Guarda, vicario generale della diocesi portoghese di Leiria-Fatima, nonché direttore del settimanale diocesano, che ha parlato sul tema «In comunione con Fatima. Le apparizioni e il messaggio di Fatima» nell’incontro tenutosi nel santuario della Madonna di Altino. Padre Faria Guarda ha esordito con un excursus storico sull’epoca delle apparizioni, quando in Europa era in corso la sanguinosa Grande guerra e in Portogallo il governo aveva ammorbidito la lunga e feroce politica antiecclesiastica, che aveva visto asfissianti persecuzioni alla Chiesa, con vescovi incarcerati o espulsi, diocesi soppresse, proibizione delle processioni. «Protagonisti delle apparizioni furono tre pastorelli: Lucia, 10 anni, già considerata una leader dai coetanei, che vede, sente e parla con la Madonna; Giacinta, 7 anni, molto sensibile, che vede e sente ma non parla con Maria; Francesco, 9 anni, pacifico e insieme coraggioso, che vede soltanto. Le loro famiglie erano povere e vivevano di allevamento e agricoltura». 

I contenuti spirituali dei messaggi di Fatima sono stati sintetizzati cronologicamente in tre cicli. «Il primo ciclo, anticipo delle apparizioni mariane, è l’apparizione dell’angelo nel 1916 ai tre pastorelli, invitati a ben pregare e a ben adorare. Il secondo ciclo comprende le sei apparizioni iniziate il 13 maggio 1917, nelle quali Maria li invita a recitare il Rosario, promettendo grazia, misericordia e pace per la Chiesa, il Portogallo e il mondo. Sono anche apparizioni “politiche”, perché Maria parla della guerra in corso e della conversione della Russia con un messaggio spirituale e insieme profetico che appare un carisma per il futuro. Il terzo ciclo comprende le apparizioni di Maria a Lucia in diversi luoghi con messaggi, come la devozione dei cinque sabati». 

Il Padre ha aggiunto un possibile parallelo tra Fatima e Altino. «In entrambi i luoghi Maria prega, fa pregare e offre acqua che disseta corpo e spirito. A Fatima c’era la guerra, ad Altino c’era la sete. Nei due luoghi è stata costruita una cappelletta, poi diventata un santuario. E come in ogni apparizione nel mondo, Maria è madre di speranza e consolazione».

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letterina 20170730

Mamme apprensive

Non sono una persona particolarmente apprensiva. Non lo sono mai stata. Ho fatto sport d’ogni genere, mi sono lanciata in mille avventure, nulla mi spaventava. Poi sono diventata mamma. E un bel po’ sono cambiata. 

In realtà devo dire che me la cavo comunque abbastanza bene. Ho amiche che hanno messo ai loro figli il caschetto quando iniziavano a camminare per paura che sbattessero la testa, altre che appena il bimbo ha una linea di febbre lo blindano in casa, altre ancora che quando vanno al mare fanno indossare al figlio in contemporanea braccioli, salvagente e giubbottino galleggiante per star tranquille. 

Ecco, io a questo non arrivo. Ma ultimamente mi rendo conto che certe ansie sono davvero difficili da combattere. Mio figlio è uno scatenato. Corre come un pazzo, vuole esplorare i boschi da solo accompagnato dal suo fedele cagnolone, salta cinque gradini alla volta, si arrampica sugli alberi. Fermarlo è impossibile, ma nemmeno mi va di farlo ogni volta. Perchè è sperimentando che scopre i propri limiti, impara ad aver fiducia in se stesso, si mette in gioco. 

Così punto su una strategia che mi ha insegnato un’amica. “Conta fino a dieci e guardalo solo con la coda dell’occhio”. Beh, un po’ funziona. In quei dieci secondi in genere io evito di urlare inutilmente e lui ha già portato a termine la sua impresa con successo. Ovvio, non lo faccio sempre. Ma ho scoperto che il “lasciare andare” e il “lasciare fare” sono dimensioni che è giusto riscoprire con i propri figli. Se non provi a scivolare come fai a imparare a pattinare? Se non sei pronto al ginocchio sbucciato come scoprirai l’adrenalina di una corsa in bicicletta?

Sì, mio figlio è ammaccato. Ha gambe da far paura, tra lividi e punture di zanzare. Ma a lui piace la sua libertà. E anche a me.

Silvia Butera da: santalessandro.org

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letterina 20170723

“Ex cathedra” e “ex fenestra”

Dagli Atti degli Apostoli (5,15s) veniamo a sapere che quelli che credevano nel Signore arrivavano fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro. Oggi le cose sembrano andare in tutt’altra direzione. Francesco, l’attuale successore di Pietro, fa ombra a molti, compresi cattolici doc anche di alto rango. Parecchi di questi però, anziché rallegrarsene e cercare di farsi coprire da questa ombra, ne sono infastiditi e non piangerebbero se venisse tolto loro il disturbo. Si dice, ad esempio, che egli abdica al suo compito magisteriale, con la conseguenza che, secondo alcuni, a noi verrebbero a mancare orientamenti chiari, precisi e sicuri. E in buona parte è vero. Egli infatti, come scrivevo recentemente, ai discorsi “ex cathedra” preferisce i discorsi “ex fenestra” che iniziano con un semplice “buongiorno” e terminano con un altrettanto semplice e perfino banale “buon pranzo”. Dagli Atti degli Apostoli (5,15s) veniamo a sapere che quelli che credevano nel Signore arrivavano fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro. Oggi le cose sembrano andare in tutt’altra direzione. Francesco, l’attuale successore di Pietro, fa ombra a molti, compresi cattolici doc anche di alto rango. Parecchi di questi però, anziché rallegrarsene e cercare di farsi coprire da questa ombra, ne sono infastiditi e non piangerebbero se venisse tolto loro il disturbo. Si dice, ad esempio, che egli abdica al suo compito magisteriale, con la conseguenza che, secondo alcuni, a noi verrebbero a mancare orientamenti chiari, precisi e sicuri. E in buona parte è vero. Egli infatti, come scrivevo recentemente, ai discorsi “ex cathedra” preferisce i discorsi “ex fenestra” che iniziano con un semplice “buongiorno” e terminano con un altrettanto semplice e perfino banale “buon pranzo”. Il culmine di questa “lacuna” del Papa è dato dal documento post-sinodale “Amoris lætitia” dove Francesco (n. 3) afferma chiaramente che “non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero. Naturalmente, nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano”. In parole povere, egli sa che ogni definizione papale chiude in partenza anziché aprire un discorso, per cui, proprio a riguardo della “Amoris lætitia, egli ritiene “comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi” (300). Il suo obbiettivo evidentemente non era e non è quello di dare ricette definitorie, ma di incoraggiare e orientare la riflessione, il dialogo e il discernimento nella prassi pastorale di coloro (pastori e laici) che sono “dentro” nel vivo del problema. Lo stesso discorso vale per tutte le volte che il Papa nei suoi interventi smentisce spesso e volentieri ciò che è dato per scontato, il “si è sempre fatto così”. Ma coloro a cui Francesco fa ombra sbagliano se gli si oppongono, perché l’ombra di Francesco, per quanto scomoda, è tutt’altro che un’ombra negativa.Quelli che, al di là di tutto, rimangono convinti che egli è il “dolce Cristo in terra” che il Signore ci ha dato per il nostro tempo, si rendono facilmente conto che ciò che di lui “disturba” è proprio quello di cui la Chiesa di oggi ha bisogno e l’ombra che egli fa non va sfuggita, ma cercata, perché è capace di guarire, come quella di S.Pietro.  

Da: santalessandro.org   

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letterina 20170716

Custodi e non padroni

C’è un uomo sdraiato su una spiaggia. Sul suo volto scivolano lacrime, nel suo pugno della sabbia: è il suo abbraccio ad una terra tanto attesa, sperata, amata. È il 12 ottobre 1492.

Cristoforo Colombo sulle tre celeberrime Caravelle non solo aveva portato le sue conoscenze e la sua curiosità, ma anche il suo cuore. Attraversare l’Oceano significava spingersi oltre le Colonne D’Ercole, ovvero contro ogni certezza posseduta dall’uomo. In fondo, però, solo chi desidera sa volare alla ricerca di gioia vera; il desiderio è proprio un’assenza momentanea di praticità che lascia tempo e spazio alla mente di compiere ricerche appassionate: di speranza, di vita. Salpare alla volta dell’ignoto è una stretta al cuore: è entusiasmo per la possibile realizzazione, è paura di fallire.

L’attesa è quindi tempo fertile, terra momentanea, un ponte tra presente e futuro. Tra pensato, detto e fatto. 

In questi giorni nelle nostre realtà sono in tanti ad abbracciare quel pugno di terra: abbiamo già concluso la terza settimana di Cre e la seconda di Baby. Non è un caso che proprio da “humus”, “terra”, derivi l’umiltà. Ciascuno infatti, all’interno del Cre, è chiamato a farsi terra, simbolo della fertilità con cui coltivare ogni relazione e dello sguardo attento e vigile alle piccole cose. Basta abbassarsi, guardare con gli occhi dei più piccoli la realtà, per scoprire e testimoniare gioia di appartenenza. 

Ecco la chimica dello sguardo. Ecco lo scambio che fa crescere e riempie il cuore.E non sorprende allora che anche «Uomo» derivi dalla stessa radice di “humus”. L’uomo altro non è che un essere generato dalla terra, chiamato a mostrarsi a sua volta fecondo. “Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo”, vide che era cosa buona e giusta, e ancora oggi ci è chiesto di vivere tenendo presente il nostro essere parte di un tutto, parte di un progetto più grande. All’uomo è affidato il compito di meravigliarsi del creato, di custodirlo, e di testimoniare lo stupore a chiunque incontri.

   

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letterina 20170709

Geografie diverse

Domenica scorsa è stata la prima Domenica “tranquilla” dal punto di vista celebrativo, anche se alla sera abbiamo festeggiato Santa Margherita a Carosso con messa e processione.Domenica scorsa è stata la prima Domenica “tranquilla” dal punto di vista celebrativo, anche se alla sera abbiamo festeggiato Santa Margherita a Carosso con messa e processione. “Tranquilla” dopo l’anno catechistico con i molteplici appuntamenti, dopo le feste, i Sacramenti, l’inaugurazione della casa, gli anniversari di matrimonio, la memoria del Battesimo e il Patrono.

E subito ti accorgi che è cambiata la “geografia” nelle chiese. I grupponi dei ragazzi (il sabato alla Beita e la domenica mattina in Parrocchia) spariscono e l’assemblea si ritrova a dover gestire tutto uno spazio considerevole vuoto. Ci vogliono alcune domeniche per assestarsi e creare un nuovo equilibrio. Poi qualcuno si fa avanti, tranne gli irriducibili del posto fisso, cascasse il mondo che si spostino, entrati come sono a far parte del panorama come un quadro e una statua che ritrovi sempre in quell’altare o in quella nicchia... Almeno però loro ci sono!La prima domanda è : dove son finiti tutti i ragazzi, qui, come in tutte le altre Parrocchie della Diocesi? (Fuori Bergamo in verità ce lo si chiede spesso anche per il resto dell’anno...)

Appare quasi matematico: con la fine della catechesi sembra finire anche il precetto festivo. Poi però, se guardi meglio, vedi che non sono spariti del tutto: qualcuno continua a fare il chierichetto, altri, piccoli e non solo, sono con le famiglie. Ecco la nuova “geografia” estiva. I ragazzi che continuano ad andare a messa lo fanno per la maggior parte con la propria famiglia. Come dovrebbe sempre essere, anche al mare o ai monti, d’estate o d’inverno. Un po’ di famiglie così ci sono.

Grazie. E anche i figli, un giorno magari, vi ringrazieranno...

   

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