letterina 20170409

Passio secondo Matteo

Come ogni anno ci introduciamo alla grande settimana santa con la Domenica delle Palme, leggendo la passione del Signore. Quest’anno il racconto è dell’evangelista Matteo. Come si sa, i vangeli cosiddetti “sinottici” (Matteo, Marco e Luca) hanno buona parte del loro materiale narrativo in comune. Ma ciascuno di loro ha qualcosa di proprio, che non si trova negli altri due.
Oltre ad alcuni particolari, Matteo racconta, lui da solo, la morte di Giuda, il traditore. Racconta poi il particolare che, dopo la risurrezione di Gesù, i sepolcri si aprono e i morti risorgono e appaiono a Gerusalemme. Infine, è solo di Matteo il particolare delle guardie incaricate di custodire il sepolcro di Gesù.
Si potrebbe dire che Matteo sente con forza il dramma del rifiuto. Giuda è il traditore: consegna Gesù per trenta denari. Ma non solo. Consegna se stesso alla morte, in preda al rimorso. Non riesce a uscire dal suo mondo cupo e vi sprofonda dentro. È la tragedia della solitudine. Solo, prima, rispetto a tutti gli altri discepoli, solo, dopo, con i capi religiosi ai quali ha consegnato Gesù. Di fronte al suo rimorso quelli, infatti, gli rispondono: “A noi che importa? Pensaci tu!”. E Giuda non sa far altro che andare a impiccarsi.
Ma il rifiuto è anche degli stessi capi religiosi ed è legato alla vicenda delle guardie del sepolcro. I capi ebrei temono che i discepoli trafughino il cadavere perché Gesù ha predetto che dopo tre giorni risorgerà. Ottengono quindi da Pilato, il rappresentante di Roma, di mettere delle guardie al sepolcro. Ma quando Gesù risorge e le guardie annunciano quello che è capitato, i capi le convincono, con una buona mancia, a testimoniare il falso e a dire che i discepoli hanno trafugato il cadavere mentre loro, le guardie, dormivano.
Il Risorto lo vedono solo quelli che vogliono vederlo. Chi non vuole vederlo trova sempre motivi per trincerarsi nella propria cecità. Non c’è evidenza che tenga.
Interessante pure il particolare dei morti che risorgono: anche di questo parla solo Matteo. È evidente il senso di quel particolare. Gesù non risorge “per sé” ma per gli altri, per noi. La vittoria sulla morte tracima subito su tutti, a cominciare dai morti. Come a dire che la Pasqua incomincia là, dove nessuno avrebbe pensato che potesse arrivare: nel “regno dei morti”, nel “regno della morte”. È il simbolismo del sabato santo: la luce del risorto arriva, irresistibile, nella morte, che è la notte più profonda dalla quale l’uomo non riuscirebbe mai a uscire da solo.

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letterina 20170402

Che dovrei fare?

Fino a Natale, ritiro compreso, siamo arrivati con un buon numero. Poi, il calo, fino a farci chiedere negli ultimi lunedì: ”Ma dove sono?”
Sì, gli adolescenti, quelli dei gruppi del lunedì. Uno si illude che la Quaresima dica ancora qualcosa anche a loro e invece... Dove sono?
Sicuramente a studiare, ed è giusto così. Poi però si può anche aggiungere che tutti hanno fatto le superiori, alcuni anche con scuole impegnative, ma l’incontro non l’hanno mai saltato. Quindi è questione di organizzarsi?
Qualcuno agli allenamenti (e infatti alcuni di loro, verso le dieci arriva in Oratorio per concludere la serata insieme agli amici) Val sempre l’adagio “mens sana in corpore sano. Ma se l’attenzione è solo per i muscoli vien da chiedersi dove sia finita la mens...)
Altri dicono ai genitori “vado all’incontro” ma si fermano prima di arrivare in Oratorio, in altre destinazioni.
Qualcuno aspetta che sia finita la preghiera iniziale e poi si aggiunge: ancora un momento, dai, il tempo di una sigaretta. Lei almeno lascia qualche traccia (nei polmoni e nei bronchi), ma della preghiera non si sa...
Però c’è un passaparola che arriva velocissimo: iscrizioni animatori Cre e nel giro di alcuni giorni la cartelletta con i fogli si riempie.
Guardando le iscrizioni con i referenti dei gruppi ci si chiede:
Questo? Visto l’anno scorso in 3 media
Questo? All’uscita di Natale.
Questo? Una volta ad ottobre.
Questo? Non è di qui, è l’amico dell’amica.
Questo? Ha dato una mano per il carnevale.
Questo? Tutti i lunedì, all’uscita, a carnevale, alla Via Crucis...
Questo? Al lunedì c’è sempre, ma sulla panchina con cellulare e sigaretta.
Ma... li prendiamo tutti? (anche se ne basterebbe 1 per ogni 20 bambini/ragazzi - ovviamente con testa e passione)
Ogni anno ce lo chiediamo.

Geppetto direbbe: ”che dovrei fare, sono un babbo e quello è il mio figliolo. E nonostante tutto gli voglio bene e se lo avessi qui ora lo abbraccerei forte forte, lo bacerei e morirei dalla felicità.”

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letterina 20170326

Josef Mayr-Nusser beato

“Giuro a te, Adolf Hitler, Führer e Cancelliere del Reich, fedeltà e coraggio. Prometto solennemente a te a ai superiori fedeltà e obbedienza fino alla morte.Che Dio mi assista”.
Queste erano le parole che le giovani reclute dovevano pronunciare per far parte delle Schutzstaffel, le famigerate SS. Il 4 ottobre del 1944 , nella caserma di Konitz, nella città della Prussia occidentale dove era stato inviato, Josef Mayr-Nusser, arruolato di forza, si rifiutò di farlo.
“Giurare per odiare, per conquistare, per sottomettere, per insanguinare la terra? Giurare per rinnegare la propria coscienza, giurare e piegarsi ad un culto demoniaco, il culto dei capi, innalzati a idoli di una religione sterminatrice?”, si chiese. “Signor maresciallo, io non posso giurare”.
Ad un compagno che gli disse di giurare perché tanto la guerra sarebbe terminata presto, Josef rispose: Se mai nessuno ha il coraggio di dire loro che non è d’accordo con le loro visioni nazionalsocialiste, le cose non cambieranno.
Un rifiuto e una scelta che pagò con la vita. Processato e condannato per disfattismo, alcuni mesi dopo fu spedito a Dachau. Dove non arrivò. La linea ferroviaria fu bombardata e il treno si fermò a Erlangen, appena sopra Norimberga, a quasi duecento chilometri dal campo di concentramento. Josef, spossato dalla fame e dalla dissenteria, muore, con il Vangelo tra le mani, sul treno, la notte del 20 febbraio 1945. Sepolto ad Erlangen, dopo 13 anni le sue spoglie sono portate a Bolzano, nella piccola chiesa di San Giuseppe, a Stella di Renon, un posto magnifico ad una ventina di chilometri dal capoluogo dell’Alto Adige.
Da sabato scorso, Josef Mayr-Nusser è beato. Alla presenza del figlio Albert, oggi settantaquattrenne, nel duomo di Bolzano gremito di gente, il cardinal Amato ha riconosciuto le virtù di quello che Paolo Giuntella sosteneva essere il primo obiettore di coscienza del nostro Paese.
Il suo gesto come quello di Tommaso Moro e Franz Jägerstätter, rappresenta il riscatto di tanti cristiani, anche buoni, ma rassegnati di fronte al fascismo e al nazismo. Per questo non è stato facile l’iter del processo.
“Rimarrà scomodo anche da beato”, ha detto il vescovo di Bolzano, mons. Ivo Muser.

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letterina 20170319

I quattro anni del papa

Lunedì scorso, 13 marzo era il quarto anniversario dell’elezione di papa Francesco. L’abbiamo ricordato insieme al Vescovo Francesco e ai rappresentanti delle 22 parrocchie, nell’incontro di presentazione della riforma dei Vicariati. A Mozzo, dove ancora il 13 marzo (2013) avevamo seguito in diretta con il Vescovo l’abemus papam. Dunque quattro anni.

Ci siamo familiarizzati con questo papa e normalmente sentiamo tra noi commenti positivi per la semplicità, l’immediatezza, l’essenzialità, il parlar chiaro... Ma ci sono da più parti anche critiche. Se, come dice Erasmo da Rotterdam (Adagia, 108), “neppure Giove piace a tutti“, niente di strano che qualcuno abbia da ridire anche su Papa Francesco.
Quello che stupisce è che i critici più accesi del Papa siano proprio dei cattolici, apostolici, romani, e spesso, per giunta, pure egregi. Essendo della stessa famiglia di spirito con alla base lo stesso Vangelo, si poteva supporre che ciò non avvenisse. Ma lo stesso Erasmo (ibid.) ribadisce il concetto e cita Lc 7, 32. In quel passaggio, Gesù, a proposito di gusti, chiede ai suoi ascoltatori a chi può paragonare gli uomini di questa generazione e risponde lui stesso: Sono come quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto! È venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: È indemoniato. È venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori.
Come cattolici siamo convinti che, in qualche modo, nell’elezione di ogni Papa c’entra lo Spirito Santo. E siamo convinti che ogni pontefice è un fattore del disegno provvidenziale che Dio porta avanti nella storia per mezzo di Gesù redentore. Bisogna non perdere la grazia che la Provvidenza ha sicuramente messo anche nel pontificato di Francesco. Quindi, invece di attendere il suo successore, chiediamoci quali siano i doni che Dio sta offrendo all’umanità di oggi per mezzo suo. E l’augurio migliore che gli possiamo fare, oltre che nella preghiera, è lasciarci provocare dalle sue parole sentendole rivolte a noi (e non solo ad alcune categorie di persone) per ricentrarsi sull’essenziale del Vangelo, l’unico metro di misura valido per chi si dice cristiano.

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letterina 20170312

Sole dei soli

Nella Via Crucis dei venerdì di Quaresima ci facciamo aiutare da alcuni scrittori italiani che si sono lasciati toccare dalla figura di Gesù e ne hanno raccontato, con la loro arte e creatività, la storia. Si tratta di Giovanni Papini, Luigi Santucci, Stefano Jacomuzzi, Ferruccio Parazzoli e Davide Rondoni.
Abbiamo cominciato con Papini, “una belva diventata agnello”. In questa espressione raccoglie il suo cammino di conversione che lo portò a scrivere la “Vita di Cristo”. Ma il suo cammino di fede non si fermò; il suo seguire Gesù divenne sempre di più un unica cosa con lui.
Negli ultimi anni della sua vita fu colpito da una malattia terribile che gradualmente lo paralizzò e lo portò addirittura a non riuscire più a parlare e tantomeno a scrivere, lui che era scrittore. Ma accolse la sua pena con forza, con coraggio: “Mi stupiscono, talvolta, coloro che si stupiscono della mia calma nello stato miserando al quale mi ha ridotto la malattia. Ho perduto l'uso delle gambe, delle braccia, delle mani e sono divenuto quasi cieco e quasi muto. Non posso dunque camminare né stringere la mano di un amico né scrivere neppure il mio nome; non posso più leggere e mi riesce quasi impossibile conversare e dettare. Sono perdite irrimediabili e rinunce tremende soprattutto per uno che ha la continua smania di camminare a rapidi passi, di leggere a tutte le ore e di scrivere tutto da sé, lettere, appunti, pensieri, articoli e
libri.”
L'esperienza delle contraddizioni dell'esistenza e della malattia lo portò a maturare un atteggiamento di sempre più grande abbandono nelle mani di un Dio il cui Figlio aveva fatto altrettanto. Si tratta del vero miracolo, quello della fede, cioè di una vita nuova che vive perché in essa vive Gesù: “E se un giorno sarai percosso e perseguitato dalla sventura e perderai salute e forza, figli e amici e dovrai sopportare l'ottusità, la malignità e la gelidità dei vicini e dei lontani, ma nonostante tutto non ti abbandonerai a lamenti né a bestemmie e accetterai con animo sereno il tuo destino, esulta e trionfa perché il portento che pareva impossibile è avvenuto e il Salvatore è già nato nel tuo cuore. Non sei più solo, non sarai più solo. Il buio della tua notte fiammeggerà come se mille stelle chiomate giungessero da ogni punto del cielo a festeggiare l'incontro della tua breve giornata umana con la divina eternità.”
Papini morì nella sua Firenze l'8 luglio 1956. Poco tempo prima di quel giorno era riuscito a far scrivere un suo pensiero a una delle amate figlie: Quando ai miei occhi di prossimo sepolto il sole per l'ultima sera varcherà le mura occidentali, Dio sarà sempre con me, sole dei soli.

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letterina 20170305

Rinunciare...

È di nuovo quaresima. Molte persone hanno ricevuto le ceneri nelle diverse celebrazioni fatte mercoledì. E’ già qualcosa, per non arrivare a Pasqua e rendersi conto che non si è camminato affatto. Ma forse si intuisce, un po’ misteriosamente, al di là del simbolo, un messaggio tanto impegnativo quanto affascinante. Pensiamo al vangelo che viene letto, un passaggio del cosiddetto “discorso della montagna”.
Gesù esorta a non fare l’elemosina, a non digiunare a non pregare per “essere lodati dalla gente”. Ma a fare tutto nel segreto dove si trova “il Padre tuo” e “il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà”. Il brano oppone i luoghi affollati – le sinagoghe, le piazze – alla camera, dove si ci deve rinchiudere per pregare “nel segreto”.
Oppone il gesto enfatico dell’ipocrita (“ipocrita” significa etimologicamente “attore”) al gesto dimesso o negato. Impressiona soprattutto quell’immagine del “segreto” nel quale ci si deve rifugiare, e la stanza nella quale ci si deve rinchiudere per pregare.
Viene in mente il fatto variamente riferito dagli storici. Nel 63 avanti Cristo Pompeo Magno violò il Tempio di Gerusalemme entrando nel “santo dei santi”, lo spazio rigorosamente riservato dove poteva entrare solamente il sommo sacerdote, una volta all’anno. Ma, con grande sorpresa del conquistatore romano, nella stanza non si trovò nulla: era completamente vuota. Si potrebbe dire, sulla scorta del vangelo di inizio quaresima, che il santo dei santi è il cuore dell’uomo. In quella stanza Dio si affaccia e lì gli si può parlare. Ma è necessario che la stanza sia pulita, che sia vuota come il santo dei santi che ha sorpreso e affascinato Pompeo. Possiamo, dunque, capire perché si deve digiunare. Per penetrare in questo recesso, bisogna rimuovere gli ostacoli. È necessaria quindi l’ascesi, il tipico stile di vita della quaresima. La nostra continua tentazione, infatti, è di rivestire Dio delle nostre molte cose e delle nostre moltissime aspettative.
Corriamo sempre il rischio che il Dio al quale ci rivolgiamo sia non come è lui ma come lo vogliamo noi. Per questo è necessario rimuovere, demolire, togliere. Bisogna “rinunciare”: che strano suono queste parole fuori moda: rinuncia, rinunciare. Strane ma necessarie perché nella stanza vuota il dialogo possa continuare.

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