letterina 20161023

Dio e i cioccolatini

Monticelli

Professore, le lascio questo scritto. È di una mia studentessa di quarta. Lo legga, credo che le potrebbe piacere". Ovviamente non ho resistito alla tentazione.

"Ha smascherato la fede magica di chi crede di conoscere Dio e poi gli chiede di fare il dispensatore di cioccolatini." 
Questa frase, tra le tante lette in classe è quella che più mi è rimasta impressa. Credo riassuma pienamente il senso di una vita intera. Voglio dire, non ho mai apprezzato quei credenti praticanti che vivono il rapporto con Dio come una via che semplifica la propria vita; quei fedeli che vedono in Dio un "essere supremo" che affranca dalle fatiche, che assolve i dolori, che per l'appunto, distribuisce i cioccolatini. E' facile vivere in questa maniera, lavandosi le mani da ogni responsabilità.
Ho sempre apprezzato, al contrario, le persone che riuscivano a vedere in Dio un accompagnatore, un amico, di quelli poco discreti, che non hanno paura di dirti le cose come stanno e di darti qualche schiaffo in faccia, quando serve. Un amico un po' scomodo, scomodo come la verità, ma uno dei pochi amici che durano per tutta la vita.
Personalmente fatico a classificarmi in una delle due categorie: non ho mai detto un "Padre nostro" in più per avere cioccolatini, come ricompensa. Ma dall'altro canto non credo che sarei in grado di riconoscere e apprezzare l'esistenza di un amico che in anni e anni di amicizia non ti ha mai fatto vedere neanche l'ombra di un cioccolatino (comunque, non è il mio caso). Chi è in grado di conoscere Dio sa apprezzare l'idea del cioccolato, senza doverne per forza usufruirne. Chi sa conoscere Dio arriva alla fine della sua vita e spesso, il cioccolatino scopre di avercelo in tasca, forse senza neanche averlo mai richiesto. Perché, ecco, ci sono tanti tipi di cioccolato, così come ci sono diverse felicità e diverse strade per raggiungere Dio. Alle volte è davvero semplice!
Lo si trova nelle strade, nella gente, nelle situazioni. C'è chi lo trova nel dolore e nella sofferenza; chi semplicemente lo trova dentro di sé; una volta bussa forte, una volta più piano. Io personalmente lo trovo nella musica, lo sento forte e chiaro, mi parla, ogni tanto lo ascolto, ogni tanto no. Lo trovo nella gente che incontro, nei passi che faccio, negli errori che commetto e nelle soddisfazioni che, alle volte ricevo. Lo trovo nella solitudine e nel silenzio della notte.
Non credo sia un Dio dispensatore di cioccolatini. Non credo che saprò mai quale sia il suo vero volto, ma ho sentito più volte il forte odore del cioccolato e chissà se un giorno, come Chiara, troverò un cioccolatino in una delle tasche.

Sì, Chiara. Chiara Corbella Petrillo, la cui storia in questa ragazza di quarta superiore ha lasciato un segno.

Gilberto Borghi 

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letterina 20161016

Cresima e dintorni

Monticelli

L’incontro d’inizio anno catechistico con i genitori apre alcune riflessioni sui sacramenti. Ecco un dialogo neppure troppo inventato:

Signor parroco, non vedo l’ora che venga ‘sta Cresima di Marco che così non ci penso più.
-Ah, è così? Forse è per questo che il suo Marco non mi sembra molto entusiasta al catechismo.

Lo so che non viene volentieri, ma io gliel’ho detto: fino a quando non hai fatto la Cresima tu fai quello che dico io; poi farai quello che vuoi tu. Dico bene?
-Lei ha proprio capito tutto della Cresima e della fede, signora...! Sa perché noi facciamo così fatica nel preparare i ragazzi alla Cresima? Perché non gliene importa un fico secco; perché vengono al catechismo solo perché i genitori vogliono che completino il cartellino delle “vaccinazioni religiose” e basta. Prima di preoccuparmi di rifilargli un sacramento, io cercherei di farglielo desiderare.

Ma noi li mandiamo a catechismo proprio per questo. Glielo dovete insegnare voi.
-È vero, ma il catechismo avrà qualche incidenza solo se gli si fa vedere che “le cose della fede” son belle e sono utili per “diventare grandi”.

E noi che cosa ci possiamo fare più di quello che facciamo già?
-Dica, signora: lei e suo marito lo amate davvero il Signore?

Che cosa c’entra?
-Me lo dica: lo amate davvero il Signore?

O Dio, così sui due piedi, dire che lo amiamo forse è un po’ troppo; diciamo che lo... stimiamo, lo rispettiamo.
-Ecco, vede? Se lo amaste e vi appassionaste a lui almeno quanto tenete alla Juve, i vostri figli qualche interesse in più per lui e per le sue cose l’avrebbero. Allora il Battesimo, la Cresima, la Comunione, la Confessione non sarebbero delle prescrizioni da adempiere, ma degli appuntamenti, degli incontri per entrare sempre più a fondo, tutti insieme, genitori e figli, nel rapporto col Signore, che, anche se a prima vista non sembra, è importante e fa crescere dentro più di qualsiasi altro rapporto.

Ma, alla fine dei conti, che c’entra la Cresima con l’amore di Dio?
-È come quando suo marito, scarmigliando i capelli di Marco, gli dice:”Sei proprio in gamba; son fiero di te”. Una conferma così da parte del papà mette le ali ai piedi a quel ragazzo. Anche lei del resto, quando suo marito, di sua iniziativa, le conferma il suo amore e le dice: “Lucia, lasciamelo dire: sei forte!”, si sente pronta a tutto...

È proprio vero!
-Ecco: nella Cresima (che non a caso è chiamata anche Confermazione), Dio, per mezzo di Gesù e della Chiesa dice al suo ragazzo: “Marco, voglio che tu sappia che per me sei proprio mitico”. Se poi anche lui risponde: “Anche tu, Signore, te la cavi e voglio dirlo a tutti che stare con te è... la fine del mondo”, questa conferma reciproca diventa una forza incredibile, una marcia in più nell’affrontare la vita.
Confermato così dal Signore e dalla Chiesa, uno diventa davvero un combattente, che non ha paura di niente e di nessuno. La Cresima serve a questo! Non per niente nella Cresima si viene unti con l’Olio santo (il Crisma) come gli atleti, che sono massaggiati... con l’olio canforato.

È per quello che una volta si diceva che la Cresima ci rende soldati di Cristo?
-Esatto! Però, non si tratta naturalmente di andare a combattere “guerre sante” come quelle scatenate dal Califfato. Si tratta delle lotte interiori ed esteriori contro l’egoismo, il materialismo, l’ingiustizia, il conformismo, l’ipocrisia, ecc., per far vincere l’amore, la verità, il bene... Per questo ci vuole ed è data la grazia speciale della Cresima.

 

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letterina 20161009

Fede sì, messa no? (2)

Monticelli

Vi ricordate il dialogo di settimana scorsa? Ecco eravamo arrivati alla risposta della signora: Altri tempi, signor parroco.
E altra fede piuttosto! Signora, creda a me: se l’amore c’è la gamba tira il piè... Quanti fidanzati arrivano a fare chilometri e chilometri e più volte alla settimana per andare dall’ “amorosa”. E che cosa non fa uno anche indaffarato quando ha una passione? Va allo stadio, o in montagna, o anche solo a mangiare la pizza con gli amici... Anche se è occupato da morire.

Non vorrà per caso proibire anche questi svaghi onesti, per caso?
Me ne guardo bene. Quando posso, signora, me li prendo anch’io. Dico solo, che quando si ha passione per una cosa, non c’è stanchezza che tenga. Se la fede c’è ed è come l’amore, chi lo ferma più uno nell’andare all’appuntamento col Signore e con i suoi amici per “mangiare insieme il pane della vita” e per cantare insieme la gioia di essere salvati?

Però quando si hanno dei problemi o si è superoccupati, serve di più un momento di svago che l’andare a Messa. Me lo lasci dire.
Dipende da quello che si vuole. Se a me sta a cuore che le mie gioie, i miei dolori e le mie fatiche, i miei successi e i miei fallimenti servano a qualcosa, non c’è niente di meglio che “metterli nel calice” durante la Messa. Lì si uniscono al sacrificio di Cristo in un’unica offerta a Dio Padre e davanti a lui acquistano lo stesso valore della Passione del Signore. Le pare poco?

Ma stia tranquillo: io, se non vado in chiesa, guardo la Messa in televisione. È lo stesso, no?
O Dio, per chi non può fare altro, la Messa alla televisione lo può aiutare a tener viva la voglia. Ma mi dica, signora: secondo lei, mangia di più un barbone con un pezzo di pane e formaggio ammuffito o uno che guarda il pranzo del re alla televisione? Nella Messa – ripeto – “si mangia insieme il pane della vita”: quello che conta è proprio essere lì. E lei si accontenta di guardare alla tv?

Comunque, non vado a Messa, ma non vado nemmeno in giro; sto a casa mia con la mia famiglia.
E invece farebbe bene a uscire. Se no finirà asfissiata nel suo piccolo guscio. L’andare a Messa ha proprio anche questo valore: ci salva dalle nostre chiusure, dalle nostre occupazioni e preoccupazioni, dal nostro individualismo.
L’andare a Messa è qualcosa di liberante. Provare per credere.

 

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letterina 20161002

Fede sì, messa no?

Monticelli

Abbiamo ripreso la catechesi con i ragazzi e a messa cominciamo a rivederne molti. Sicuramente molti di più di quelli che nell’estate hanno “santificato la festa”, pur tra le raccomandazioni di fine anno catechistico:” finisce il catechismo ma non la messa... il Signore continua ad esserci anche d’estate... le messe ci sono anche al mare e ai monti...”
Gli anniversari di sacerdozio della prima Domenica di ottobre ci ricordano che il prete ha nella messa il cuore del suo essere e fare, tant’è vero che nel linguaggio popolare si dice anche “prendere messa”.
Leggiamoci allora questo dialogo proprio intorno alla messa.

- Senta, signor parroco, io son d’accordo sull’importanza della fede, ma sono anche convinta che si può aver fede anche se non si va a Messa.
- Signora, dipende dall’idea che lei ha di fede, di religione e di Messa. Se lei cerca nella Bibbia, troverà che la religione vissuta con fede è spesso paragonata all’amore che c’è tra un uomo e una donna. Se questo è vero, lei mi deve dire che cosa penserebbe se suo marito le dicesse tutti i giorni “Tesoro, amore, gioia mia” e poi venisse a letto con lei una volta o due all’anno.
- Che c’entra?
- Glielo spiego dopo che c’entra. Intanto risponda alla mia domanda.
- Beh, vorrebbe dire che o ha un’altra donna o... ha qualcosa che non va.
- Ecco, se la fede è come l’amore, come fa uno a dire: ”Io ho fede” se poi va a Messa soltanto una volta o due all’anno? O ha un’altra fede oppure ha una fede che fa acqua da tutte le parti.
- Ma no. Uno magari la fede ce l’ha davvero, ma poi... Pensi a noi mamme. Io con due bambini come faccio ad andare a Messa tutte le domeniche?
- In casa nostra non c’erano elettrodomestici, non c’era la colf, non c’era niente. Eppure la mamma, che aveva avuto non due, ma dieci figli, mi diceva che le sole volte che era mancata a Messa in vita sua erano state una domenica, massimo due, dopo ogni parto. Si dava il cambio con il papà nel custodire i bambini: lei correva alla prima Messa e papà con i più grandi andava alla “Messa alta”.

 

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letterina 20160925

Donare e perdonare

Monticelli

Accompagniamo i passi del vicariato verso la Porta Santa in Cattedrale a Bergamo con alcune parole del Papa
«Il cristiano deve perdonare, perché è stato perdonato». E non «spiumare gli altri con critiche, invidie e gelosie». Lo ha esclamato, a braccio, il Papa. «Tutti noi, che siamo qui oggi in piazza – ha proseguito rivolgendosi sempre fuori testo ai 25mila fedeli presenti in piazza San Pietro – siamo stati perdonati, nessuno di noi nella sua vita non ha avuto bisogno del perdono di Dio. E perché noi siamo stati perdonati dobbiamo perdonare, lo ripetiamo ogni giorno nel Padre Nostro. Se Dio ha perdonato noi, come non possiamo noi perdonare? Siamo forse più grandi di Dio? Perdoniamo!». «La Chiesa non può che essere sacramento della misericordia di Dio nel mondo, in ogni tempo e verso tutta l’umanità», ha ricordato Francesco: «Ogni cristiano, pertanto, è chiamato a essere testimone della misericordia, e questo avviene in cammino di santità. Pensiamo a quanti santi e sante della carità illuminano la storia della Chiesa!
Tutti sono diventati misericordiosi perché si sono lasciati riempire il cuore dalla divina misericordia. Hanno dato corpo all’amore del Signore riversandolo nelle molteplici necessità dell’umanità sofferente. In questo fiorire di tante forme di carità è possibile scorgere i riflessi del volto misericordioso di Cristo».
“Perdonare” e “donare”: sono questi, per il Papa, i due verbi che spiegano «che cosa significhi per i discepoli essere misericordiosi». «Gesù non intende sovvertire il corso della giustizia umana, tuttavia ricorda ai discepoli che per avere rapporti fraterni bisogna sospendere i giudizi e le condanne», ha detto Francesco a proposito del primo verbo: «È il perdono infatti il pilastro che regge la vita della comunità cristiana, perché in esso si mostra la gratuità dell’amore con cui Dio ci ha amati per primo». «Giudicare e condannare il fratello che pecca è sbagliato, non perché non si voglia riconoscere il peccato ma perché condannare il peccatore spezza il legame di fraternità con lui e disprezza la misericordia di Dio, che invece non vuole rinunciare a nessuno dei suoi figli». «Una persona che non è misericordiosa è perfetta? No! Una persona che non è misericordiosa è buona? No. La bontà e la perfezione si radicano sulla misericordia».
Nel discorso della montagna, che si apre con le Beatitudini, «Il Signore insegna che la perfezione consiste nell’amore, compimento di tutti i precetti della Legge», ha ricordato Francesco: «In questa stessa prospettiva, san Luca esplicita che la perfezione è l’amore misericordioso: essere perfetti significa essere misericordiosi».

 

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letterina 20160918

Il peccato della mela...

Monticelli

Nel mio Diario ho tenuto annotate anche delle conversazioni avute con i miei parrocchiani. Rileggendole, ho pensato che forse possano interessare anche a qualche lettore. Proviamo!

Signor parroco, mio figlio e mia nuora hanno avuto un bambino… Siamo felicissimi.
Ci credo. Pensi che per lei e per suo marito s’è avverato l’augurio che la Chiesa vi ha fatto quando vi siete sposati. Nella benedizione agli sposi infatti si dice: Che possiate vedere i figli dei vostri figli.
Siamo proprio felici. Tutti. Anche i genitori del piccolo. Ma adesso io sono qui per il battesimo.

Perché lei e non i genitori?
Lo sa, reverendo, come sono i giovani d’oggi. Loro pensano a tutto meno che a questo.

E voi nonni vi prestate a fare le loro veci?
È così. Se non ci fossimo noi…

Ma così lei favorisce il disimpegno di suo figlio e di sua nuora. Cara signora, io le rinnovo di vero cuore le mie congratulazioni, ma sono costretto a dirle che per il battesimo devono venire i genitori.

(Giorni dopo, su richiesta dei genitori, il parroco va a trovarli e dopo i saluti entra in argomento.)

Ditemi un po’: perché volete il battesimo per vostro figlio? Ve l’ha per caso consigliato il pediatra?
Vuole scherzare? Siamo noi che lo vogliamo.

Allora son curioso di sapere il perché. Manca forse qualche cosa al vostro bambino? È tanto carino!
No, certo, non gli manca niente, ma ci ha detto la nonna che bisogna togliergli il “peccato veniale”.

Le avrà detto “peccato originale” la nonna, non peccato veniale.
Sì, quello che è… Il peccato della mela in poche parole.

Come dice? Sicché il vostro bambino sarebbe nei guai per una questione di frutta nella quale, tra l’altro, lui c’entra come i cavoli a merenda?
È ciò che penso anch’io. E poi che peccato può avere un bimbo che non sa neppure di essere nato?

O Dio, si può essere nei guai e aver bisogno di salvezza anche senza saperlo. Secondo le statistiche, un bambino nasce con già 15 milioni di € di debito anche se non lo sa e non ne ha colpa.
Ma, per farla corta, non sarebbe meglio che decidesse lui quando sarà grande?

È un’idea. Come quella di lasciar decidere a lui quando sarà grande anche il tipo di alimentazione e il tipo di educazione che gli dovrete dare, o il tipo di relazioni che dovrà avere con i nonni e gli zii…
Non esageriamo. I genitori ci sono pure per qualche cosa, reverendo.

Appunto! I genitori ci sono per offrire al neonato tutto quello che credono importante per lui. Se credete che il rapporto con Dio sia importante almeno quanto quello dei nonni, se siete convinti che l’essere liberi dal condizionamento del peccato originale del mondo è importante almeno quanto l’essere vaccinati contro la polio, se siete sicuri che l’essere uomini alla maniera di Gesù Cristo e il far parte della comunità dei credenti sia utile perché il bambino cresca veramente bene, allora è il caso di fare il battesimo e anche di far festa grande, se no, tanto vale lasciar perdere…
No, no. Abbiamo capito. Ora però le chiediamo di fermarsi a spiegarci bene tutto.

Volentieri! Ci contavo. Son venuto proprio per questo… Su che facciamo le cose bene!

don Giagomo da: santalessandro.org

 

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