letterina 20160618

Anniversari

Pulizie

Celebrando gli anniversari di matrimonio leggiamo alcuni passaggi della esortazione di Papa Francesco “Amoris laetitia”.

La Bibbia è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari, fin dalla prima pagina, dove entra in scena la famiglia di Adamo ed Eva, con il suo carico di violenza ma anche con la forza della vita che continua (cfr Gen 4), fino all’ultima pagina dove appaiono le nozze della Sposa e dell’Agnello (cfr Ap 21,2.9).
Le due case che Gesù descrive, costruite sulla roccia o sulla sabbia (cfr Mt 7,24-27), rappresentano tante situazioni familiari, create dalla libertà di quanti vi abitano, perché, come scrive il poeta, «ogni casa è un candelabro». Entriamo ora in una di queste case, guidati dal Salmista, attraverso un canto che ancora oggi si proclama sia nella liturgia nuziale ebraica sia in quella cristiana:

«Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene.
La tua sposa come vite feconda nell’intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa.
Ecco com’è benedetto l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion. Possa tu vedere il bene di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita! Possa tu vedere i figli dei tuoi figli! Pace su Israele!» (Sal 128,1-6).

Varchiamo la soglia di questa casa serena, con la sua famiglia seduta intorno alla mensa festiva. Al centro troviamo la coppia del padre e della madre con tutta la loro storia d’amore. In loro si realizza quel disegno primordiale che Cristo stesso evoca con intensità:

«Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina?» (Mt 19,4).

E riprende il mandato del Libro della Genesi:

«Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne» (Gen 2,24)...

In questa luce, la relazione feconda della coppia diventa un’immagine per scoprire e descrivere il mistero di Dio, fondamentale nella visione cristiana della Trinità che contempla in Dio il Padre, il Figlio e lo Spirito d’amore. Il Dio Trinità è comunione d’amore, e la famiglia è il suo riflesso vivente.
Ci illuminano le parole di san Giovanni Paolo II:

«Il nostro Dio, nel suo mistero più intimo, non è solitudine, bensì una famiglia, dato che ha in sé paternità, filiazione e l’essenza della famiglia che è l’amore.
Questo amore, nella famiglia divina, è lo Spirito Santo».

 

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letterina 20160611

Cose di casa... reale

Pulizie

Dal 21 aprile la regina Elisabetta II è la monarca più longeva della storia del regno e, mentre a Londra si celebra ufficialmente il suo compleanno e quello del marito (95 primavere) lei ha deciso di parlare pubblicamente, per la prima volta, della sua fede cristiana.
In un libretto, la regina racconta la fedeltà a Dio. Un’esperienza sperimentata fin da bambina, durante gli anni difficili della seconda guerra mondiale, poi alla morte dell’amatissimo padre, nella durata di un matrimonio tutto sommato felice con un uomo dal carattere non sempre facile, lungo i tre tormentati divorzi dei figli e attraverso la morte della nuora Diana quando, abbandonata per la prima volta dai sudditi, la regina visse il momento più critico del suo lungo regno. “Sono profondamente consapevole di quanto io conti sulla mia fede come guida attraverso ore facili e altre più difficili” scrive Elisabetta nella pubblicazione intitolata “The Servant Queen and the King She Serves” (La regina servitrice e il Re che lei serve). E ancora: “Ogni giorno è un nuovo inizio e so che l’unico modo di vivere è dare il meglio di me stessa fidandomi completamente di Dio. Attingo la mia forza dal messaggio di speranza del Vangelo”.
Appena tredicenne consegnò al padre, re Giorgio V un poema perché lo leggesse a una nazione che, stremata dalla prima guerra mondiale si preparava ad affrontare la seconda. “Ho chiesto all’uomo che stava sulla soglia del nuovo anno: ‘Dammi una luce che mi faccia camminare al sicuro in un territorio sconosciuto’. E mi rispose: ‘Esci nel buio e metti la tua mano in quella di Dio. Sarà meglio per te della stessa luce e più sicura di una via conosciuta’ “
L’incoronazione, il 2 giugno del 1953, fu il momento in cui la sua vita cambiò per sempre. Quando, lontano dalle telecamere, vestita soltanto di bianco, senza gioielli, proprio come una sposa, Elisabetta venne consacrata con l’olio dall’arcivescovo di Canterbury, al servizio di Dio e della nazione, essere regina divenne la sua missione e vocazione. Nostalgie monarchiche? No, ma di persone che servono. 

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letterina 20160604

Cose di casa 5

Pulizie

- Visita ai malati nelle case: normalmente ogni mese, io o un altro sacerdote e, da alcuni anni, soprattutto nei tempi forti, ogni domenica da parte dei ministri straordinari della comunione.
Il minimo è spegnere la televisione che certo può fare compagnia, ma in quel momento accogliamo quella del Signore. Alcuni la abbassano, tolgono il volume... è più veloce spegnere. Alcuni non se ne rendono conto tanto è entrata nel panorama casalingo. E’ bene spegnere. A volte si stendono tovagliette ricamate per accogliere il Santissimo (retaggio di un tempo in cui non c’era biancheria firmata o con pizzi, ma il set per l’Eucarestia preparato da mani fini sì); qualcuno accende una candela, altri mettono un’immagine, una croce, un fiore... piccoli segni che dicono consapevolezza. Belli.
-Spero che almeno qualcuno sappia il motto della nostra Parrocchia (riportato anche sul disegno con le sette chiese) : “Ut unum sint” cioè :”che siano una cosa sola” (fa parte della preghiera sacerdotale di Gesù nell’ultima cena cfr Gv 17,11). A volte, vedendo il modo di cantare e pregare in assemblea mi dico: ma come faremo ad essere una cosa sola se non ci si ascolta neppure? Mi riferisco al fatto che la musica degli strumenti va da una parte (normalmente quella segnata sugli spartiti e che quindi fa da riferimento) e le voci da un’altra; che nella recita dei salmi, ad esempio, ci sono velocità diverse (a volte anche 4-5) come se si dovesse fare gara a chi arriva primo; così anche per il rosario (a proposito : come stiamo con la Salve Regina? Mi pare che non solo non si sappia cantare quella in latino -con tutti gli strafalcioni del caso- ma neppure recitare quella in italiano).
Ascoltare e ascoltarsi: prima regola per “essere una cosa sola”.
E poi mi spiegate perché in alcune celebrazioni (soprattutto funerali, quando ci sono persone anche di altre comunità) l’assemblea sembra impedita? Non ci si alza nei momenti giusti (è brutto che il sacerdote faccia segno con le mani o con sguardi poco benevoli), non si canta come normalmente, non si risponde... Dovrebbe essere chi già vive la Comunità a “trascinare” chi arriva. O no?

 

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letterina 20160529

Cose di casa 4

Pulizie

Nelle visite al museo parrocchiale e alla chiesa (anche quelle fatte due settimane fa) diverse persone, insieme alle domande sulle opere d’arte e oggetti che si possono vedere, chiedono: “ Ma chi tiene pulito qui? C’è tutto in ordine, non ci sono neppure le ragnatele che ci sono in casa mia!” Appunto: chi pulisce? Qualcuno di sicuro.
Se facciamo una veloce rassegna degli ambienti comunitari - tra chiese, strutture, oratorio, esterni …- troviamo molto da fare. Alcuni gruppi assicurano settimanalmente la pulizia dell’oratorio, un gruppo quella periodica della chiesa, altri, le chiese delle frazione, alcuni volontari il bar, un “fiore” della serie “m’ama non m’ama” quella settimanale della Parrocchia che si protrae un po’ in tutti i giorni.
Poi ci sono le signore per la biancheria, le tovaglie, i ravioli, i costumi delle diverse rappresentazioni; c’è chi spala la neve e taglia l’erba . Insomma, tante persone, ma si sa “la messe è molta ma gli operai sono sempre pochi”, anche qui.
E non è solo e tanto il fatto di avere “manovalanza” gratis, ma persone appassionate. Sì, persone con “occhi che vogliono bene”. Abbiamo bisogno di questi occhi!
Allora questi “occhi che vogliono bene” vedono che c’è ancora tanto posto, capiscono che quella pianta è da bagnare, che quell’erba che cresce nelle fessure è da strappare, che il bar è da aprire, che il cestino è da svuotare, che ci si può mettere insieme per proporre, inventare… Sono “occhi che vogliono bene” che dicono: io parto...qualcuno mi seguirà…; che non si aspettano che il don di turno domandi o faccia presente le cose…; che sanno che i figli sono sempre un po’ figli di tutti e quindi il clima che si respira può fare la differenza.
Di questi “occhi che vogliono bene” io ne vedo, ma come sarebbe importante e bello averne di più... Non certo per i preti che cambiano, ma per la comunità che resta...

 

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letterina 20160522

Cose di casa 3

Palazzago

“Ho telefonato già alcune volte perché N.N. è morto e volevamo dirglielo subito”.
Vado e trovo già tutto apposto e deciso con le pompe funebri.
Chiariamo: se la persona è già morta, andare subito può essere un atto di attenzione, di cortesia, di vicinanza, ma a quel punto dare la benedizione subito o il giorno dopo non cambia assolutamente. Può sembrare brutale ma è così: i sacramenti sono per i vivi, quindi bisognerebbe insistere prima che chiuda gli occhi, non dopo.

“Ma non è la stessa cosa la benedizione o l’unzione?”
No, cari miei! L’unzione è un sacramento (sì, uno dei sette); la benedizione no.
So bene che si creano tante perplessità e problemi per non far capire alla persona che sta morendo... Ma siamo così sicuri che non sia più un problema per chi resta e non per chi va? Sempre più mi pare di vedere che chi ci sta lasciando lo percepisca e per attenzione ai familiari faccia come se non... Partire, non da soli, ma con la compagnia del Signore (anche attraverso l’unzione) può essere il regalo più bello che facciamo. E poi l’unzione, in diverse occasioni, non è il sacramento dell’addio ma quello che ridona la forza. Tant’è che alcuni anziani, che l’hanno capito, ogni anno, fosse per loro, riceverebbero l’unzione. Poi ci ricordiamo vero che in estate il Comando di Polizia (e non il Parroco come qualcuno dice) prescrive i funerali al mattino? In ogni caso non sono certamente di serie B! Anzi i pochi celebrati al mattino han visto una grande partecipazione.
Rimane però nella testa di molti che debbano essere al pomeriggio. Mi spiegate il perché? E non dite per il lavoro perché è almeno lo stesso. Chissà quando si comincerà a celebrarli insieme (anche se certo non si può prevedere il giorno dell’ad-Dio). Del resto l’indole dei sacramenti è sempre comunitaria: pensiamo al Battesimo, all’Eucarestia... Resistono nell’immaginario Matrimonio e Funerali.

 

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letterina 20160515

Cose di casa 2

Palazzago

“Hai visto che trono si è fatto il don?”
Si sta parlando della “SEDE” (non trono) che è uno dei luoghi liturgici della chiesa, insieme all’ambone, alla mensa e al tabernacolo. Nella basiliche antiche c’era il seggio vescovile o cattedra (da cui poi “Chiesa Cattedrale”). In chiesa parrocchiale si è cercato di riprendere nella sede le forme dell’ambone e dell’altare, utilizzando intanto il legno, in attesa magari di crearla con lo stesso materiale -marmo bianco e rosa- degli altri, risalenti alla sistemazione liturgica del presbiterio del 1989. Si chiama sede perché esprime l’iniziativa di Dio di radunare la sua comunità con la guida di Colui (il Cristo) che è il capo delle membra. E nella celebrazione il sacerdote lo rappresenta. Nel complesso il tutto sembra ora più armonico. Comunque non c’è nessun trono e nessun re...

“Ma quanto si spende per i fiori...”
Meno di quanto ho visto nei bilanci precedenti. Ma il trucco c’è.
Alcune persone, non solo assicurano la cura di piante e fiori, ma ci mettono del loro (e le ringraziamo); spesso poi chiediamo ai vivai e giardinieri (che pure ringraziamo) piante in vaso che poi vengono restituite; soprattutto nella bella stagione attingiamo da giardini di privati, in attesa anche di quello parrocchiale; per i fiori dei troni alcune persone raccolgono tra i devoti; altre volte invece compriamo e qualcosa esce. Ma, mi pare, la casa del Signore è sempre bella. Perché? Perché si spera che anche un luogo pulito e bello aiuti l’incontro con il mistero, aprendoci al Creatore di tutto... anche dei fiori, con il loro profumo e i loro colori. Se poi uno vuole riflettere sul perché di una insofferenza, ricordi Gv 12,1-11 là dove colui che proprio non tollera lo “spreco” di profumo è Giuda. Terribile l’inciso dell’evangelista:” non perché gli importasse dei poveri, ma perché era ladro”... e tradirà...

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