letterina 20160213

Perché tanta paura d’amare?

Amore

Tremate! Arriva S. Valentino, la festa fashion degli innamorati, e con lei un mucchio di iniziative commerciali, smielate, ma soprattutto tragicomiche. E sì, perché l’amore romantico, ai tempi della postmodernità tecnoliquida, oscilla fra due estremi: da un lato il modello proposto da “Uomini e Donne” di Maria De Filippi e dall’altro il modello tecnomediato delle app come Tinder...
La De Filippi è la vestale della forma più narcisistica dell’amore: tronisti, corteggiamenti caricaturali, dialoghi d’amore grotteschi, il sentimento trasformato in spettacolo, l’amore ridotto alla ricerca della bellezza vuota e dell’emozione estrema. Eppure questa è l’ultima forma, sia pure ridotta ad un goffo gioco, di corteggiamento. Sì, perché con Tinder (e con tutte le app di incontro) ecco come vanno le cose: “da circa un anno non ho una relazione stabile ed esco con chi mi va, non sono il genere di ragazza che vuole menarla per le lunghe, se mi piaci sono esplicita. Come moltissimi altri single italiani anche io ho scaricato Tinder e devo dire che lo uso con una certa frequenza, metto cuori in caso di interesse, e quando ottengo un match scambio messaggi con il ragazzo di turno per incontrarlo al più presto”.
Nonostante siamo lì sempre connessi, a chattare, twittare, postare, commentare e accettare amicizie sui social, nonostante la rapidità e la velocità degli incontri, nonostante gli aperitivi affollati, la vita notturna e i locali, nonostante Tinder, la De Filippi e gli speed date, nel complesso la maggior parte delle consultazioni psichiatriche e psicologiche riguardano drammi d’amore, problemi relazionali, nuove solitudini e bisogni insoddisfatti di amore. Insomma, al netto di tutto, sempre più soli.
Certo, esistono ancora famiglie tradizionali, con figli, mutuo e cene fra amici, ma il trend è davvero un altro. La maggior parte dei trentenni vive relazioni light e tanti social, ma è davvero impressionante la carica degli adultescenti, quarantenni e cinquantenni, con rinnovati turbamenti adolescenziali: madri che, attraverso profili facebook molto più sexy delle loro figlie, rintracciano ex di tanti anni fa e riallacciano storie, padri smart sul lavoro e immersi in chat di incontri.
Che fare dunque? Esserci, “esserci-con”, “esserci-per”: questa la “progressione magnifica”, che permette di partire da un Io (l’esserci), per passare ad un Tu (l’“esserci-con”) e infine giungere ad un Noi (l’“esserci-per”), dimensione ultima e sola che apre alla generatività, alla creatività e all’oblatività. Costruire dimensioni identitarie e di senso stabili e non ambigue, instaurare relazioni solide e che si dispiegano lungo progetti esistenziali che consentono l’apertura alla generatività e all’oblatività, sono ancora, in ultima analisi, l’unico orizzonte di speranza che si apre per l’uomo del terzo millennio, immerso nel cupo e doloroso paradigma della tecnoliquidità.
Sullo sfondo la domanda delle domande: ma perché abbiamo così tanta paura di amare davvero?

 

    Scarica qui la Lette...Rina

 

    Scarica qui il Pieghevole della Quaresima

 

   Ascolta le Omelie in Parrocchia

letterina 20160206

40

DonBosco

“A Natale puoi...fare quello che non puoi fare mai...” Ma in Quaresima, a Pasqua? Se nessuno ti canta il “gingle” come ti orienti? A noi seve la canzoncina per fare le cose...
La Chiesa nella sua meravigliosa maternità, senza cantarci ritornelli da pubblicità, ci offre una Parola. E un numero: 40. Quaranta è un numero importante perché è un tempo sufficiente, tutto il tempo necessario, perché, voltate le spalle alla schiavitù, qualsiasi nome abbia, muoia in noi l’affetto che abbiamo per i nostri idoli. Perché nella terra promessa si entra con un cuore nuovo, integro, cioè non più mischiato. Un cuore puro, cioè non costretto da prostituzione, come di chi per soddisfare le voglie di tutti, soprattutto dei potenti, si vende dimenticando di essere l'immagine e la somiglianza di un Dio libero.
E una Parola. Nel deserto mai Dio ha lasciato il popolo senza una Parola. Una compagnia che consola ma anche scomoda. Perché è come trovare sul terreno delle orme e sentire una voce che ti dice: "passa da qui! Se vuoi vivere, se davvero vuoi vivere, cammina per i miei sentieri. Ti ho raccolto che ancora ti dibattevi nel tuo sangue. Eri informe ma io ho sognato per te. Ti condurrò fuori dall'Egitto e tu gusterai frutti di vita nuova. E non dovrai più litigare per avere qualcosa da mangiare perché ce ne sarà in abbondanza per tutti. Non chiamerai più tuo fratello ladro. Né sarà più clandestino. Perché tu gli offrirai la possibilità di non doversi più nascondere. Ho moltiplicato il pane per te, ho cambiato l'acqua in vino per te: perché non mi dai la possibilità di farti vedere ancora la potenza della mia paternità? I gesti di mio Figlio, opera delle mie mani, non sono lettera morta. Il mio Spirito non ha scritto Vangeli come cronache di eventi passati. Tutto è vivo innanzi a me e a te. Tutto prende vita da me per te. Principio di tutto è la fede. Opera delle opere è la fede. Allora si apriranno in tuoi occhi: vedrai camminare ciechi per vie che non conoscono, udire i sordi, saltare gli zoppi, cantare i prigionieri e i morti risuscitare. Allora credi. Credi, figlio mio, credi!".

 

    Scarica qui la Lette...Rina

 

    Scarica qui il Pieghevole della Quaresima

 

   Ascolta le Omelie in Parrocchia

letterina 20160130

Un sol nemico è già troppo

DonBosco

Nella festa di San Giovanni Bosco raccogliamo un proverbio di Margherita, la mamma.

L’occasione che fece sbocciare sulle labbra di Mamma Margherita questo proverbio fu un atto coraggioso ma imprudente del suo Giovannino quando aveva 6 o 7 anni di età.
Portando i tacchini al pascolo, egli si accorse improvvisamente che gliene mancava uno. Si ricordò allora che un momento prima era passato di lì un uomo barbuto dalla faccia sospetta. Corse subito a rintracciare quel figuro, lo raggiunse e, convintissimo di trovarsi di fronte al ladro, gli si mise alle calcagna e gli fece una tale chiassata che l'altro, per timore che comparisse gente, finse trattarsi di uno scherzo e gli restituì il tacchino già nascosto in un sacco dietro la siepe. A sera Giovanni raccontò la sua prodezza alla madre, ma Mamma Margherita non lo lodò.
- E se per caso non fosse stato lui?
- Ma io ero sicuro che me l'aveva rubato!
- E chi te lo assicurava? Non poteva trattarsi proprio di uno scherzo? Quando si corre il pericolo di offendere la carità o la pace, io non ci tengo granché a far valere i miei diritti. Ricordati che aver un sol nemico è già troppo!
Era esattamente ciò che diceva il proverbio: Un nemis a l'é 'tròp e sent amis a basto nen (Un nemico è già di troppo e cento amici non bastano). Giovanni apprese la lezione.
Avrà tanto coraggio nella sua vita, ma non mancherà mai di prudenza e di carità nel trattare con il prossimo. Si farà così molti amici anche tra coloro che avrebbero potuto divenire suoi acerrimi nemici.
«Don Bosco ha sempre avuto bisogno di tutti», egli diceva, e a don Giovanni Cagliero raccomandò un giorno: «Studia sempre di diminuire il numero dei nemici e accrescere quello degli amici e fare tutti amici di Gesù Cristo».

 

    Scarica qui la Lette...Rina

 

   Ascolta le Omelie in Parrocchia

letterina 20160123

Il papa ai ragazzi...

Papa

Carissimi ragazzi e ragazze, la Chiesa sta vivendo l’Anno Santo della Misericordia, un tempo di grazia, di pace, di conversione e gioia che coinvolge tutti: piccoli e grandi, vicini e lontani. Non ci sono confini o distanze che possano impedire alla misericordia del Padre di raggiungerci e rendersi presente in mezzo a noi. Ormai la Porta Santa è aperta a Roma e in tutte le Diocesi del mondo.
Questo tempo prezioso coinvolge anche voi, cari ragazzi e ragazze, e io mi rivolgo a voi per invitarvi a prenderne parte, a diventarne i protagonisti, scoprendovi figli di Dio (cfr 1 Gv 3,1). Vi vorrei chiamare uno a uno, vi vorrei chiamare per nome, come fa Gesù ogni giorno, perché lo sapete bene che i vostri nomi sono scritti in cielo (Lc 10,20), sono scolpiti nel cuore del Padre che è il Cuore Misericordioso da cui nasce ogni riconciliazione e ogni dolcezza...
Il Giubileo è la festa a cui Gesù invita proprio tutti, senza distinzioni e senza escludere nessuno. Per questo ho desiderato vivere anche con voi alcune giornate di preghiera e di festa.
Vi aspetto numerosi, quindi, nel prossimo mese di aprile. “Crescere misericordiosi come il Padre” è il titolo del vostro Giubileo, ma è anche la preghiera che facciamo per tutti voi, accogliendovi nel nome di Gesù... So che non tutti potrete venire a Roma, ma il Giubileo è davvero per tutti e sarà celebrato anche nelle vostre Chiese locali. Siete tutti invitati per questo momento di gioia! Non preparate solo gli zaini e gli striscioni, preparate soprattutto il vostro cuore e la vostra mente... Quando attraverserete la Porta Santa, ricordate che vi impegnate a rendere santa la vostra vita, a nutrirvi del Vangelo e dell’Eucaristia, che sono la Parola e il Pane della vita, per poter costruire un mondo più giusto e fraterno.
Il Signore benedica ogni vostro passo verso la Porta Santa. Prego per voi lo Spirito Santo, perché vi guidi e vi illumini. La Vergine Maria, che è Madre di tutti, sia per voi, per le vostre famiglie e per tutti coloro che vi aiutano a crescere in bontà e grazia, una vera Porta della Misericordia.

+ Francesco

 

    Scarica qui la Lette...Rina

 

   Ascolta le Omelie in Parrocchia

letterina 20160116

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

PapaUdienza

Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Oggi iniziamo le catechesi sulla misericordia secondo la prospettiva biblica, così da imparare la misericordia ascoltando quello che Dio stesso ci insegna con la sua Parola. Iniziamo dall’Antico Testamento... Nella Sacra Scrittura, il Signore è presentato come “Dio misericordioso”. È questo il suo nome, attraverso cui Egli ci rivela, per così dire, il suo volto e il suo cuore. Egli stesso, come narra il Libro dell’Esodo, rivelandosi a Mosè si autodefinisce così: «Il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (34,6)...
Il Signore è “misericordioso”: questa parola evoca un atteggiamento di tenerezza come quello di una madre nei confronti del figlio. Infatti, il termine ebraico usato dalla Bibbia fa pensare alle viscere o anche al grembo materno. Perciò, l’immagine che suggerisce è quella di un Dio che si commuove e si intenerisce per noi come una madre quando prende in braccio il suo bambino, desiderosa solo di amare, proteggere, aiutare, pronta a donare tutto, anche sé stessa. Poi è scritto che il Signore è “pietoso”, nel senso che fa grazia, ha compassione e, nella sua grandezza, si china su chi è debole e povero, sempre pronto ad accogliere, a comprendere, a perdonare. È come il padre della parabola riportata dal Vangelo di Luca (cfrLc 15,11-32)... Di questo Dio misericordioso è detto anche che è “lento all’ira”, letteralmente, “lungo di respiro”, cioè con il respiro ampio della longanimità e della capacità di sopportare. Dio sa attendere, i suoi tempi non sono quelli impazienti degli uomini; Egli è come il saggio agricoltore che sa aspettare, lascia tempo al buon seme di crescere, malgrado la zizzania (cfr Mt 13,24-30). E infine, il Signore si proclama “grande nell’amore e nella fedeltà”.
Com’è bella questa definizione di Dio! Qui c’è tutto. Perché Dio è grande e potente, ma questa grandezza e potenza si dispiegano nell’amarci, noi così piccoli, così incapaci. La parola “amore”, qui utilizzata, indica l’affetto, la grazia, la bontà. Non è l’amore da telenovela... È l’amore che fa il primo passo, che non dipende dai meriti umani ma da un’immensa gratuità. Una “fedeltà” senza limiti: ecco l’ultima parola della rivelazione di Dio a Mosè. La fedeltà di Dio non viene mai meno perché è il custode che non si addormenta ma vigila continuamente su di noi per portarci alla vita.

Udienza di mercoledì 13.01.2016

 

    Scarica qui la Lette...Rina

 

   Ascolta le Omelie in Parrocchia

letterina 20160109

Il codino della giostra

CantaeCammina

Quando ero bambino e arrivavano le giostre sotto casa, mi piacevano da matti, sceglievo sempre il cavallo o l'astronave.
C'era il gioco del codino, chi riusciva a strapparlo vinceva un giro gratis. I bambini impazzivano per prenderlo, quando toccava a loro ce la mettevano tutta e se non ci riuscivano si guardavano in giro per controllare che anche gli altri bambini non lo avessero preso, così da avere un' altra possibilità. Per loro il giro in giostra serviva a quello, ad acchiappare il codino. Quando ce la facevano si voltavano verso i genitori, fieri e orgogliosi. Il codino era il loro trofeo.
Una volta mio padre mi chiese perché non ci provassi neanche, a prenderlo, capitava che il ragazzo della giostra me lo facesse scivolare addosso, mi sarebbe bastato allungare la mano, e lo avrei afferrato. Gli adulti ridevano di me, ma a me non interessava, ero concentrato sul mio viaggio, non mi importava avere un secondo gratis, mi importava godermi quello che stavo facendo.

Questo passaggio di un libro* che sto leggendo (uno di quelli non “impegnati” che cerco di leggere per capire il “sentire” comune del tempo che viviamo) mi ha fatto pensare all’infanzia, perché era proprio così. Io poi avevo uno zio che era nel mondo degli spettacoli viaggianti e anche a me è capitato di stare sulla giostra, ma, anche, di essere quello che manovrava il codino, offrendolo soprattutto ai bambini che sembravano impacciati, timidi o non interessati, proprio come racconta il libro.
Ma poi, leggendo, ritrovo anche il modo di stare nel mondo. Troppi sono sulla giostra della vita pensando ai trofei. Pochi, forse, assaporano e gustano lo starci. Un anno davanti non per cercare trofei, ma per fare bene la nostra parte. Per stare al mondo senza fughe e illusioni.

*F.Volo: E’ tutta vita

 

    Scarica qui la Lette...Rina

 

   Ascolta le Omelie in Parrocchia