letterina 20151226

Vinci l'indifferenza e conquista la pace

NataleGiotto

1. Dio non è indifferente! A Dio importa dell’umanità, Dio non l’ abbandona!
All’inizio del nuovo anno, vorrei accompagnare con questo mio profondo convincimento gli auguri di abbondanti benedizioni e di pace, nel segno della speranza, per il futuro di ogni uomo e ogni donna, di ogni famiglia, popolo e nazione del mondo, come pure dei Capi di Stato e di Governo e dei Responsabili delle religioni. Non perdiamo, infatti, la speranza che il 2016 ci veda tutti fermamente e fiduciosamente impegnati, a diversi livelli, a realizzare la giustizia e operare per la pace. Sì, quest’ultima è dono di Dio e opera degli uomini.
La pace è dono di Dio, ma affidato a tutti gli uomini e a tutte le donne, che sono chiamati a realizzarlo.
Custodire le ragioni della speranza
2. Le guerre e le azioni terroristiche, con le loro tragiche conseguenze, i sequestri di persona, le persecuzioni per motivi etnici o religiosi, le prevaricazioni, hanno segnato dall’inizio alla fine lo scorso anno moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una “terza guerra mondiale a pezzi”. Ma alcuni avvenimenti degli anni passati e dell’anno appena trascorso mi invitano, nella prospettiva del nuovo anno, a rinnovare l’esortazione a non perdere la speranza nella capacità dell’uomo, con la grazia di Dio, di superare il male e a non abbandonarsi alla rassegnazione e all’indifferenza.
Gli avvenimenti a cui mi riferisco rappresentano la capacità dell’umanità di operare nella solidarietà, al di là degli interessi individualistici, dell’apatia e dell’indifferenza rispetto alle situazioni critiche... In questa prospettiva, con il Giubileo della Misericordia voglio invitare la Chiesa a pregare e lavorare perché ogni cristiano possa maturare un cuore umile e compassionevole, capace di annunciare e testimoniare la misericordia, di «perdonare e di donare», di aprirsi «a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica», senza cadere «nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge» .

Inizio del messaggio di papa Francesco per la giornata della pace

 

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letterina 20151220

Buon Natale. Anche a Fiorina e Alina

NataleGiotto

 
TUTTO SCORRE, TRANNE ME, FIORINA

"Tutto passa; tutto tranne l'emozione di vederlo. Lui. Primo uomo che non mi chiede di salire; mi chiede di poter scendere. Sguardo pacato che cerca i miei occhi; non insegue i mie seni, le mie scollature, il mio spacco. Spacca la notte; rompe gli schemi; frantuma i canoni del dialogo da marciapiede. Parla, non sbava; tende la mano; non l'allunga; prega dentro di sé, non supplica prestazioni fuori di senno.
Vladimir lo marca stretto; perché sta troppo spesso con me; troppo spesso senza avermi; troppo spesso senza chiedere, senza pagare. Lo irrita l'uomo che mi offre caffelatte. Un bicchiere caldo di caffelatte scalda un dialogo ogni volta più intenso.
Il mio italiano si fa meno stentato, finalmente capace di parole diverse dal tariffario del marciapiede. Scopro un' Italia più grande del sedile posteriore di una macchina; più lunga della notte insonne; più ampia del marciapiede. L'uomo che sapeva scendere dalla macchina passa altre volte.
Vladimir minaccia ritorsioni e prova a difendere il territorio, come il maschio del branco che urina sui confini della proprietà. Ma il profumo della libertà è più forte del piscio della schiavitù. Finisco il marciapiede, inizio il cammino."

 
ALINA NON CREDE A NESSUNO

"Arrivano una volta a settimana, ed è già tre volte che si fermano da me. Sono due ragazze e in apparenza sono molto gentili. Hanno un gran da fare a spiegarmi tutti i modi in cui possono essermi d'aiuto. Il dottore, e il lavoro e che ci sono tante possibilità in Italia per una ragazza come me. Credono che io sia così ingenua da credergli. Come se non mi fossero bastate le promesse di mio zio quando mi propose di andarmene dalla Romania con Costantin e invece mi violentò. O le promesse di Costantin quando mi promise un lavoro in Italia e mi vendette ad Adrian per un pugno di euro. No, non sono così ingenua, se va bene sono poliziotti e mi spediscono a casa, se va male mi trovo a fare la prostituta chissà dove. Almeno adesso Adrian mi lascia qualche soldo da spedire in Romania alla mia mamma Lei crede ancora che tutto sia andato liscio.
Certo questo lavoro mi fa schifo oggi come il primo giorno.
Mi sto innamorando di Andrea, questo sì, devo ammetterlo. Non so se sto sbagliando ma è così dolce, così gentile. Non è un cliente come gli altri. Non è un cliente, è molto, molto di più. Dice che potrei scappare con lui, che in qualche modo riuscirà ad aiutarmi, che conosce le persone giuste. Non so cosa fare, ma nessun uomo è stato così con me, lo giuro. Credo che un giorno di questi salirò sulla sua macchina e non scenderò mal più."

*Grazie a queste due testimonianze, per un Natale altro...  Auguri

 

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letterina 20151212

Misericordia e volto

SanMacario

Riporto una pagina che mi ha fatto pensare e che allargo a voi: 


Il padre Macario raccontò: «Camminando nel deserto, trovai il cranio di un morto gettato per terra. Appena lo toccai con il mio bastone di palma, il cranio cominciò a parlare. Gli dico: "Chi sei?". Il cranio mi rispose: "Ero un sacerdote degli idoli e dei greci che dimoravano in questo luogo. E tu sei Macario il pneumatoforo. Quando tu ti impietosisci e preghi per quelli che giacciono nel luogo del castigo, essi ne hanno un po' di consolazione". "Che consolazione e che castigo?", chiede l'anziano. Gli dice: "Quanto dista il cielo dalla terra, altrettanto è il fuoco sotto di noi. Siamo immersi nel fuoco dalla testa ai piedi e non è possibile guardarsi in volto, perché ciascuno ha le spalle attaccate alle spalle dell'altro. Ma quando tu preghi per noi, l'uno vede un po' il volto dell'altro: questa è la consolazione".

(Detti dei padri del deserto: Macario l'Egiziano 38).

 

Macario è un uomo che non mette confini alla sua misericordia.
È abitato dallo Spirito e questa presenza è come un fuoco in lui: gli dà il coraggio di forzare, con la sua intercessione, i limiti della giustizia di Dio e far emergere da essa la compassione.
Macario non pretende di cambiare il giudizio di Dio; semplicemente, «si impietosisce e prega per quelli che giacciono nel luogo del castigo», desiderando che negli inferi sia conservato un segno della compassione di Dio. In questo detto è nascosta una profonda verità: quando si ha il coraggio di assumere nella preghiera gli inferi dell'uomo, qualunque essi siano, e si ha il coraggio di guardarli con compassione, allora misteriosamente si porta in essi un po' di speranza.
Qualcuno, grazie alla nostra preghiera, avrà ancora la forza di risollevare lo sguardo e vedere un volto che può ridonargli speranza e fiducia. Il castigo è non vedere il volto dell'altro; la consolazione è vedere il volto del fratello.

 

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letterina 20151205

Perchè il Giubileo della Misericordia?

Vasari

Ci sono momenti nei quali in modo più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. È per questo che ho indetto un Giubileo straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti.
(Papa Francesco, Misericordiae Vultus, 3).

 

Per tenere fisso lo sguardo su Gesù, Volto della Misericordia
Il Giubileo è anzitutto tempo favorevole per la conversione (2 Cor 6,2) ed è segno della materna cura della Chiesa che, in nome di Cristo, ci invita con forza a lasciarci riconciliare con Dio (2 Cor 2,20). Ogni autentico cammino di conversione nasce da un incontro, quello con Gesù di Nazareth, Volto della Misericordia. Chi vede lui vede il Padre (Gv 14,9), chi incrocia il suo sguardo diventa un uomo nuovo ed è reso capace della carità più autentica. Il Giubileo ci è dato come occasione particolarmente preziosa affinché i nostri occhi siano fissi su di Lui (Lc 4,20). Ogni iniziativa, ogni celebrazione, ogni gesto di carità dovranno trovare in Cristo il riferimento primo ed ultimo affinché il Giubileo sia davvero un’esperienza di Grazia.

Per divenire segno efficace dell’agire del Padre
La contemplazione del Volto di Cristo ha la forza di trasformare i nostri stessi volti. È un rivivere l’esperienza trasfigurante di Mosè il cui volto, dopo aver incontrato Dio, sa irradiare luce nuova sui fratelli (Es 34,35).
La Misericordia, guarendo le nostre miserie, rende misericordiosi e plasma parole e gesti conformi al cuore del Padre. Il Giubileo, come ogni altra azione pastorale della Chiesa, desidera favorire la diffusione del Regno di Dio in mezzo a noi attraverso la Carità accolta, vissuta e testimoniata dai credenti.

 

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letterina 20151128

Voi non avrete il mio odio

Vasari

Antoine Leiris è un papà di un bambino di 17 mesi. Fino alle tragedie di Parigi accanto a sé aveva una donna che amava e, quel piccino, una mamma amorosa. Erano una famiglia. Ma non si piega al rancore questo papà francese e ai terroristi che hanno ucciso la moglie, una delle 129 vittime dell'altra sera, lui ha scritto una lettera, affidandola a facebook. Eccola:

Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l'amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete.
Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa. L'ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d'attesa.
Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai.
Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo "petit garçon" vi farà l'affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio.

 

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letterina 20151121

Dio glielo dirà...

Vasari

Ci sono la tv e i social media, ci sono le chiacchiere da bar, i racconti, ma soprattutto i discorsi di quei grandi di cui hanno fiducia. Quelli che hanno visto piangere in televisione, quelli che li hanno così colpiti. «Si piange quando si è tristi» spiega una maestra, spiega la mamma dalla cucina. Si piange perché il dolore è troppo forte. «Si piange anche dalla paura» risponde un bambino.
Hanno otto anni questi ragazzi composti sui loro banchi, con l’insegnante che ha preparato la lezione. «Perché bisogna dire la verità, spiegare i fatti, raccontarsi senza troppe edulcorazioni quanto capita in un mondo che non ha più confini definiti» spiega.
Avere quindi il coraggio, in una società come la nostra dove si tende a proteggere sempre e comunque i bambini dalla sofferenza. Raccontare però è anche una grande responsabilità ed è vero quanto dicono alcuni sociologi in questi giorni: le nostre nuove generazioni sono poco abituate al concetto di tragedia. Bambini al riparo dal dolore? «Io li proteggo dal male» dice una mamma fuori da scuola. Ma siamo sicuri di poterci riuscire? Loro, i più piccoli, arrivano a scuola pieni di storie da raccontare. Dei soldati «con i mitra per le strade, come quelli dei videogiochi delle guerre», con frasi che non sanno bene spiegare ma che hanno sentito dal papà: «Il terrorismo lo abbiamo da anni sotto il naso», «ormai è scoppiata la terza guerra mondiale». Bambini che prima di questi giorni non conoscevano la parola Islam, che faticano – giustamente – a capire come si possa uccidere in nome di Dio. Bambini che sanno rielaborare con la semplicità che svela grandi cuori. Come le frasi scritte a scuola, ieri, in una classe che si ferma a pensare, a cercare le parole: “Sono delusa da chi mi sta dimostrando che non apprezza la vita: ogni essere umano è un gioiello da custodire”. E poi: «Sono fortunato ad essere un bambino, i grandi non possono più fare nulla, mentre noi piccoli possiamo ancora fare qualcosa»; «Dico agli adulti, ai genitori: abbiate coraggio».
Infine una domanda: «Ma il loro Dio è il nostro?» si chiede una ragazzina. «Dio è quello buono che noi preghiamo, quello che ci ascolta dal cielo» dice allora un altro bambino. E i compagni citano Papa Francesco, perché lo conoscono, lo vedono in tv, riconoscono la sua voce e quel modo di parlare semplice che lo rende ancora più vicino al mondo dei piccoli: «Il Papa ha detto che non si può parlare di Dio per uccidere delle persone» spiega una bambina di 6 anni, prima elementare. Poi c’è il fratello, che risponde così senza fare una piega: «Vedrete che dal cielo, il loro Dio che è buono come il nostro, glielo dirà che stanno facendo del male ai bambini».

 

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