letterina 20151114

Il nuovo umanesimo: ecce homo

Vasari

Cari fratelli e sorelle, nella cupola di questa bellissima Cattedrale è rappresentato il Giudizio universale. Al centro c’è Gesù, nostra luce. L’iscrizione che si legge all’apice dell’affresco è “Ecce Homo”.
Guardando questa cupola siamo attratti verso l’alto, mentre contempliamo la trasformazione del Cristo giudicato da Pilato nel Cristo assiso sul trono del giudice. Un angelo gli porta la spada, ma Gesù non assume i simboli del giudizio, anzi solleva la mano destra mostrando i segni della passione, perché Lui «ha dato sé stesso in riscatto per tutti» (1 Tm 2,6). «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,17).
Nella luce di questo Giudice di misericordia, le nostre ginocchia si piegano in adorazione, e le nostre mani e i nostri piedi si rinvigoriscono. Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo.
È la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche di quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato. Non dobbiamo addomesticare la potenza del volto di Cristo. Il volto è l’immagine della sua trascendenza. È il misericordiae vultus.
Lasciamoci guardare da Lui. Gesù è il nostro umanesimo. Facciamoci inquietare sempre dalla sua domanda: «Voi, chi dite che io sia?» (Mt 16,15). Guardando il suo volto che cosa vediamo? Innanzitutto il volto di un Dio «svuotato», di un Dio che ha assunto la condizione di servo, umiliato e obbediente fino alla morte (cfr Fil 2,7). Il volto di Gesù è simile a quello di tanti nostri fratelli umiliati, resi schiavi, svuotati. Dio ha assunto il loro volto. E quel volto ci guarda.
Dio – che è «l’essere di cui non si può pensare il maggiore», come diceva sant’Anselmo, o il Deus semper maior di sant’Ignazio di Loyola – diventa sempre più grande di sé stesso abbassandosi. Se non ci abbassiamo non potremo vedere il suo volto. Non vedremo nulla della sua pienezza se non accettiamo che Dio si è svuotato.
E quindi non capiremo nulla dell’umanesimo cristiano e le nostre parole saranno belle, colte, raffinate, ma non saranno parole di fede. Saranno parole che risuonano a vuoto.

Inizio del Discorso di Papa Francesco al V Convegno Ecclesiale Nazionale
di Firenze (cattedrale di Santa Maria del Fiore, martedì 10 novembre 2015)

 

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letterina 20151107

Giornata della carità e disagio psichico

Carità

La Giornata Diocesana della Carità è un’occasione affidata alla comunità cristiana per assumere sempre più i tratti del Cuore misericordioso di Cristo, Buon Samaritano dell’umanità.
In questo Anno Pastorale la Lettera del nostro Vescovo Francesco, Donne e uomini capaci di carità, ci invita ad essere nella Chiesa e nel mondo segno concreto dell’agire di Dio, ponendo gesti di reale sostegno verso coloro che vivono situazioni di forte disagio e povertà. L’attenzione scelta dalla nostra Diocesi in questa giornata è rivolta in modo particolare a coloro che soffrono a motivo di un disagio psichico e spesso si trovano in situazioni di esclusione e abbandono. La malattia mentale è un tema spesso allontanato con timore, guardato con sospetto, non affrontato con sufficiente interesse e solidarietà. In verità la quasi totalità delle persone, nel corso della vita, si è dovuta confrontare con questo problema o all’interno delle mura domestiche o presso amici, conoscenti, colleghi di lavoro.
Il disagio psichico è un fenomeno diffuso: gli studi condotti in merito affermano che circa l’1,5 % della popolazione soffre di problematiche riconducibili ad un disturbo mentale. Sulla scia di questo dato è ipotizzabile che in un territorio come la nostra Provincia ci siano dalle sedici alle ventimila persone segnate da tale patologia. La depressione rappresenta certo uno dei disordini mentali più gravi e diffusi e, nei casi estremi, può condurre anche al suicidio. Le famiglie che si trovano in prima persona dentro tale situazione di povertà vivono sovente la solitudine, talvolta sono abbandonate ed accusate, sempre bisognose di speranza e di affetto.
Le iniziative di volontariato, presenti sul nostro territorio, faticano a generare una solidarietà diffusa (basti pensare che su circa tremila gruppi di volontariato, solo venti-trenta si occupano direttamente di disturbi legati alla psichiatria).
Nel contesto della Giornata diocesana della Carità, le nostre comunità parrocchiali abbiano il coraggio, che nasce dalla fede nel Signore Gesù, di porre la dovuta attenzione a questi “cittadini invisibili”, sovente appesantiti da altre forme di povertà, dipendenza ed esclusione, perché non siano dimenticati e perchè l’incontro con il povero ci provochi, ci interpelli, ci evangelizzi.

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letterina 20151031

Perchè le messe per i morti?

Cimitero

OGNI ANNO, IL GIORNO IN CUI SAREBBE STATO IL COMPLEANNO DEL NONNO, I MIEI GENITORI CHIEDONO AL PARROCO DI DIRE UNA MESSA PER LUI. MA È MORTO DA TRE ANNI, A COSA SERVE?
Quando moriamo e ci presentiamo davanti a Dio, possiamo vivere per sempre con lui. Ma se in noi ci sono ancora tracce di egoismo, di invidia, di gelosia, in una parola di "non-amore", abbiamo bisogno di essere purificati. Abbiamo chiamato questo stato con il nome di purgatorio, che non è un luogo immerso fra le nuvolette, a metà strada fra la terra e il paradiso, dove si chiacchiera e si beve il caffè, come mostra una pubblicità. In realtà nessuno sa dirti esattamente cos'è, né com'è, si può solo supporre, perché bisognerebbe esserci stati. Comunque ecco spiegato il significato delle Messe per i defunti. La nostra preghiera può aiutarli. Chiediamo al Signore di perdonarli di tutto il male commesso e di accoglierli nel suo Regno di pace e di giustizia, il più in fretta possibile ... anche se in cielo non credo che esistano gli orologi, il presto o il tardi non sono categorie che gli appartengono!

MIO NONNO ERA TALMENTE BUONO CHE NON HA BISOGNO DI ESSERE PURIFICATO NEL PURGATORIO, COME DICI TU. CI SCOMMETTO!
Ti credo. Sono tante le persone sante, non solo quelle il cui nome compare sul calendario. Sono i santi anonimi, i santi di nessuno, non per questo meno importanti degli altri. In ogni caso la preghiera che rivolgi al Signore per lui non andrà sprecata, si riverserà su chi ne ha più bisogno, perché è come una pioggia che cade sulla terra assetata, le zolle più aride ne assorbono di più.

SI PUÒ COMUNICARE CON CHI È IN PARADISO?
La Chiesa che cammina sulla terra non è slegata da quella che risiede in cielo. C'è una comunione che lega le due realtà, come una connessione che non conosce interruzioni del segnale, perché è mantenuta da un canale perfetto che è Gesù, e non da un apparecchio tecnologico che cade presto in disuso. Ciò che chiamiamo «comunione dei santi», indica proprio l’unione dei credenti che formano un solo corpo in Cristo. La Chiesa che cammina sulla terra cerca di fare del suo meglio per seguire Gesù, ma a volte sbaglia, non è perfetta, perché è ancora legata alla condizione umana. La Chiesa che risiede in cielo, invece, è perfetta, perché vive pienamente della vita di Dio, ed è lo specchio di ciò che saremo. Chi è in cielo quindi può dare un "aiutino" a chi ancora si trova quaggiù: è ciò che chiamiamo intercessione dei santi. Santa Teresina ha detto un giorno: «Passerò il mio cielo a fare del bene sulla terra». Vuol dire che, una volta raggiunto il paradiso, voleva impegnarsi ad aiutare i credenti che si sarebbero rivolti a lei.

E MIO NONNO, SE GLIELO CHIEDO, MI AIUTA?
Beh, se lo disturbi per chiedergli di farla franca quando non hai studiato, o di suggerirti nelle verifiche, resteresti deluso. Quindi non chiedergli dei beni materiali, ma se gli chiederai doni del cielo, aiuti spirituali, conforto nella tristezza, consiglio nel dubbio, certo che ti aiuterà. È il tuo nonno, se ti ha voluto bene qui sulla terra, te ne vorrà ancora di più dal cielo.

Da Credere nov. 2015: I figli ci chiedono...

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Curiosità: il caco

Caco

E’ il solstizio del 12 dicembre, proprio il cuor dell’inverno. E io mi giro fra le dita il cuore del cuore: il caco o diòspiro, il frutto che più amo perché ci ammaestra nella filosofia dell’irragionevole, dell’assurdo, infine del coraggio.
Ha scelto la stagione che tutti accusano più amara per sfidarla con la sua polpa ch’è la più dolce.
Penzola su un albero nudo, tutto nero e spettrale, e lo contraddice nell’allegria di un clown, lo addobba sfacciatamente a farne non si sa se uno strambo albero di Natale o alla Villon una spavalda danza d’impiccati.
Fa a meno di fogliame e fiori, vuol essere protagonista, anzi solista smargiasso, e tuttavia ha l’innocenza dei naif.
Con la sua purpurea risata, con la sua sensualità melliflua, scombina e riscatta il calunniato inverno.

Luigi Santucci, Il cuore dell’inverno, Piemme, 1992

 

Caco

 

letterina 20151024

Luis e Zelie Martin. Santi

Opere Misericordia

La santità di santa Teresa del Bambin Gesù, più nota come santa Teresina di Lisieux, patrona di Francia al pari di Giovanna d’Arco, e dottore della Chiesa per volere di Giovanni Paolo II, si deve ai suoi genitori Luis e Zelie Martin, beati per decisione di Benedetto XVI e ora santi dopo il riconoscimento di un miracolo da parte di papa Francesco, che li ha canonizzati domenica 18 ottobre, non a caso durante il Sinodo dei vescovi sulla famiglia.
E' la prima volta che due coniugi vengono contemporaneamente iscritti nell’albo dei santi e perdipiù dopo che già una loro figlia ha goduto dello stesso privilegio.
Teresa ha lasciato scritto: «Il buon Dio mi ha dato un padre e una madre più degni del cielo che della terra».
Oggi i loro ritratti sono appesi davanti al Carmelo dove è sepolta Teresa, ma con estrema sobrietà. Disse Benedetto XVI, quando vennero beatificati nel 2008: «Attraverso la loro vita di coppia esemplare hanno annunciato il Vangelo». Altro non serve dire.
Si conobbero per caso sul ponte di Alençon, nella città dei pizzi più famosi di Francia. Avevano entrambi pensato di entrare in convento. Ma ricevettero dei no. Quando si conoscono vivono quelle vicende come una sconfitta. Ma è “un colpo di fulmine”. Si sposano tre mesi dopo, di notte, senza clamore.. Nascono nove figli. Quattro muoiono, le altre cinque si faranno suore. È una famiglia agiata. Diciassette anni di matrimonio, i figli, la bottega che è diventata una piccola impresa, finché Zelie muore e Louis si trasferisce a Lisieux, più a Nord verso il mare. I cognati lo aiutano a tirar su le bambine.
Lisieux è il secondo luogo di pellegrinaggi di Francia dopo Lourdes.
Occorre vedere i luoghi e camminare per le strade percorse da una famiglia, che diventa simbolo di santità per via di due genitori, che non hanno fatto altro che spiegare la fede ai loro figli.
Ecco perché Jorge Mario Bergoglio ha deciso che Luis e Zelie, l’orologiaio e la merlettaia, venissero canonizzati nel bel mezzo del Sinodo ordinario sulla famiglia, mentre altri pensavano a dichiarazioni programmate per soldi e fantomatiche malattie del papa...

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letterina 20151017

Il gallo del papa

Opere Misericordia

Ignazio Silone, lo sanno anche le mie galline, nella sua Avventura di un povero cristiano, dice che la Chiesa è partita come un nido di aquile ed è finita per diventare un pollaio. Io non saprei dire se il Vaticano è un pollaio in questo senso metaforico. So però che in Vaticano c’è anche un pollaio, un pollaio autentico, con tante belle galline. E io ne sono il re. Sono il gallo del pollaio del Papa.
Tutte le volte che io canto la mattina presto, Francesco fa memoria del triplice rinnegamento di Pietro e di tutti i successivi rinnegamenti della Chiesa e ne chiede perdono al Signore (in questa settimana anche per gli scandali di Roma).
Da quando l’ho saputo, ogni mattina intono il mio chicchirichì in unione con le sue intenzioni. E lo faccio anche per l’indulgenza del prossimo Giubileo della Misericordia.
Anch’io che sono un pollo ho capito che l’indulgenza non è un comodo surrogato della confessione e nemmeno una banalizzazione del cammino cristiano di conversione continua. Anch’io ho capito che, dopo il primo passo decisivo della conversione e dopo l’assoluzione del peccato nella confessione, resta da compiere un cammino convinto, che può essere anche lungo e faticoso, per arrivare all’amore perfetto di Dio. È come quando nei pollai c’è un’epidemia di pipita. Il veterinario col suo intervento indispensabile ci salva dalla morte, ma poi per noi resta da fare la convalescenza con una speciale alimentazione e con esercizi di riabilitazione in vista di una totale ripresa.
Il cammino per superare le conseguenze del peccato, può essere lungo e faticoso. Ma, perché sia più rapido e più felice, io posso chiedere l’aiuto della Chiesa, e lei mi fa il regalo straordinario di rendermi partecipe in modo speciale di tutto il bene accumulato dai cristiani lungo tutta la storia.
Chi potrebbe negare che un Grande Giubileo della Misericordia con la sua bella indulgenza plenaria ha oggi la sua ragion d’essere?
Il Papa ha quindi fatto bene ad indirlo.

Adattamento da : www.santalessandro.org

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letterina 20151010

Opere di misericordia

Opere Misericordia

Già nel primo incontro con i catechisti abbiamo affidato il “compito” minimale dell’anno: arrivare a giugno, sapendo le opere di misericordia, corporali e spirituali. Del resto Papa Francesco le suggerisce proprio per il Giubileo della Misericordia e il catechismo di Pio X (cui è dedicato il nostro Oratorio) le elenca insieme a tante altre formule. Occorre tener esercitata la memoria, perché qualcosa rimanga nella zucca e nel cuore. Anche i gruppi adolescenti le hanno ricercate e abbinate al quadro che Caravaggio ha dipinto a Napoli nel 1606-1607.
In settimana inizierà la catechesi adulti (giovedì, dopo la messa delle 9.00): anche qui il tema sarà legato a queste opere che ritroveremo nei cammini di Avvento e Quaresima e nei gruppi delle case (per questi l’incontro di programmazione è venerdì 16 ottobre).
Dunque le opere. Corporali o spirituali, la radice di queste opere è la stessa: l'amore verso il prossimo e, a monte, la misericordia di Dio nei confronti degli uomini, misericordia che ha la sua icona più espressiva nel volto del Gesù dei vangeli, attento ai bisogni di quelli che lo seguono, alle lacrime di chi soffre, alla fame di chi potrebbe venire meno per strada per non avere mangiato, al bisogno di perdono di chi ha sbagliato.
La tradizione cristiana antica abbonda di elenchi di opere di misericordia. Alla mente di coloro che li hanno formulati era presente l'elenco di Gesù nel Vangelo di Matteo, le sei opere di bene fatte o trascurate da coloro che sono convocati per l'ultimo giudizio, ma erano presenti anche tutte le altre indicazioni del Signore sulla carità.
San Giovanni e San Giacomo raccomandavano:

” Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità” (1Gv 3,18),

“Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi.” (Gc 1,22)

 

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