Si apre il Sinodo
Don Paolo Gentili, direttore nazionale dell’Ufficio Cei per la Pastorale delle Famiglia, ci parla del Sinodo che si apre il 4 ottobre.
Quale è la portata del Sinodo della Famiglia?
«La questione vera di questo Sinodo è aprire un panorama nuovo sulla famiglia, far sentire il profumo del giardino del “principio”, spalancare la vera bellezza della famiglia che è in Italia e nel mondo. Direi anche, curare quella solitudine che spesso rende l’“inciampo” di un momento una frattura irreversibile e che quindi frena il cuore. Se mettiamo come cura una famiglia accanto a un’altra, molte delle crisi si possono trasformare in una relazione ancora più ricca di comunione. Abbiamo dinanzi agli occhi molte esperienze di questo tipo: dove c’è un aiuto adeguato, non solo dall’Alto, ma dalla “carne viva” di chi ci passa accanto, quella crisi si trasforma in un nuovo “sì” all’amore».
Per quale motivo possiamo definire storica questa assise?
«Fare due Sinodi a poca distanza l’uno dall’altro, due consultazioni di popolo così estese, indica come la Chiesa abbia a cuore l’umanità di questo tempo e si interroghi su come annunciare in modo nuovo il Vangelo della Famiglia. È un po’ come ritornare agli albori del Concilio Vaticano II quando la Chiesa cercò di rivestirsi dell’abito nuziale, di essere più bella e incisiva in questo mondo proprio per rendere fresco l’annuncio di Gesù».
Il Pontefice ha chiesto ai pastori di accompagnare le persone “che sono in situazioni matrimoniali irregolari”. È questo un modo di evangelizzare?
«Fin dall’inizio Papa Francesco ci ha sollecitato a essere una Chiesa che cura i feriti con Misericordia, a essere questo “ospedale da campo” che si fa prossimo a tutte quelle situazioni di fragilità affettiva o di rottura di legami matrimoniali che producono una grande sofferenza, ancor più quando ci sono dei figli di mezzo. Qui la questione non è solo dottrinale, è proprio pastorale, nel senso che chiede un nuovo sguardo della comunità cristiana meno giudicante, sulle orme del Buon Samaritano. Rispetto a chi crede di conoscere bene le regole, lui ci indica “la regola” che è la centralità della persona.