letterina 20150308

Riserva sapienziale

PapaFrancesco

In Occidente, gli studiosi presentano il secolo attuale come il secolo dell’invecchiamento: i figli diminuiscono, i vecchi aumentano. Questo sbilanciamento ci interpella, anzi, è una grande sfida per la società contemporanea. Eppure una cultura del profitto insiste nel far apparire i vecchi come un peso, una “zavorra”...Vanno scartati. E’ brutto vedere gli anziani scartati, è peccato! Già nel mio ministero a Buenos Aires ho toccato con mano questa realtà con i suoi problemi: «Gli anziani sono abbandonati, e non solo nella precarietà materiale. Sono abbandonati nella egoistica incapacità di accettare i loro limiti che riflettono i nostri limiti, nelle numerose difficoltà che oggi debbono superare per sopravvivere in una civiltà che non permette loro di partecipare, di dire la propria, né di essere referenti secondo il modello consumistico del “soltanto i giovani possono essere utili e possono godere”. Gli anziani sono invece la riserva sapienziale del nostro popolo!Con quanta facilità si mette a dormire la coscienza quando non c’è amore!». E così succede. Io ricordo, quando visitavo le case di riposo, parlavo con ognuno e tante volte ho sentito questo: “Come sta lei? E i suoi figli? – Bene, bene – Quanti ne ha? – Tanti. – E vengono a visitarla? – Sì, sì, sempre, sì, vengono. – Quando sono venuti l’ultima volta?”. Ricordo un’anziana che mi diceva: “Mah, per Natale”. Eravamo in agosto! Otto mesi senza essere visitati dai figli, otto mesi abbandonata! Questo si chiama peccato mortale, capito? Una volta da bambino, la nonna ci raccontava una storia di un nonno anziano che nel mangiare si sporcava perché non poteva portare bene il cucchiaio con la minestra alla bocca. E il figlio, ossia il papà della famiglia, aveva deciso di spostarlo dalla tavola comune e ha fatto un tavolino in cucina, dove non si vedeva, perché mangiasse da solo. E così non avrebbe fatto una brutta figura quando venivano gli amici a pranzo o a cena. Pochi giorni dopo, arrivò a casa e trovò il suo figlio più piccolo che giocava con il legno e il martello e i chiodi, faceva qualcosa lì, disse: “Ma cosa fai? – Faccio un tavolo, papà. – Un tavolo, perché? – Per averlo quando tu diventi anziano, così tu puoi mangiare lì”. I bambini hanno più coscienza di noi!

Papa Francesco 5 marzo 2015

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letterina 20150228

Terroristi e Papa: proprio uguali?

CharlieHebdo

Charlie Hebdo è tornato in edicola, stampato in due milioni e mezzo di copie. Al suo riapparire non ha voluto smentirsi. La copertina rappresenta un cagnolino che fugge, disperatamente, da una muta che lo insegue... Ma, nella vignetta, il cagnolino in fuga porta in bocca una copia del settimanale. Chi sono gli inseguitori da cui il cagnolino sta fuggendo, terrorizzato? Sono molti, molto compatti, molto minacciosi. Ci sono tutti e si intravedono con discreta evidenza: Nicolas Sarkozy, Marine Le Pen, Papa Francesco e un jihadista, rappresentato come un grosso lupo nero con un kalashnikov in bocca. In realtà, tutto il gruppo degli inseguitori è in bilico fra fattezze umane e fattezze animalesche... I giornali, da quello che si è visto finora, hanno accolto con riverenza il nuovo numero del settimanale e si sono ben guardati dall'azzardare qualche critica.
Vorrei nel mio piccolo cercare di evitare un luogo comune: siccome il settimanale satirico francese è stato oggetto di quel terribile attacco terrorista, bisogna perdonargli tutto e accettare tutto quello ché dice come oro colato... Penso di dover dire che quella vignetta non è affatto oro colato. Intanto, anche il nuovo numero, conferma una costante. Charlie Hebdo deve aggredire, altrimenti non è Charlie Hebdo. Ma deve aggredire anche perché l’aggressione è stata la ragione della mattanza. E rinnegare l'aggressione vorrebbe dire non solo tradire la propria identità, ma tradire anche i martiri del sette gennaio. E così eccoci alla nuova copertina. Perché l’aggressione sia efficace, tutto è rigorosamente semplice. Il mondo è diviso in due: il perseguitato - Charlie - e i persecutori - tutti gli altri. Ma gli altri devono essere molti e devono essere tutti rigorosamente persecutori sennò il meccanismo non funziona. Quindi il jihadista lupo è accanto a un Papa Francesco (ma è proprio lui? Non gli assomiglia per nulla) che digrigna i denti, arrabbiatissimo. Papa Francesco è diventato un jihadista ed è perfettamente uguale a Marine Le Pen e Sarkozy...È il meccanismo classico del capro espiatorio, il tutti - rigorosamente tutti - contro uno solo - rigorosamente solo - colpevole...Charlie sta usando verso gli altri quello che gli altri hanno usato verso di lui.
Anche gli attentatori del sette gennaio hanno visto nel settimanale satirico il colpevole di tutto... Un tragico gesto che semplificava, metteva tutti sullo stesso piano e colpiva all'impazzata. Anche Charlie fa qualcosa di simile con i suoi nemici; tutti jihadisti, tutti nemici, tutti contro. Certo Charlie Hebdo non spara e, ovviamente, si tratta di differenza di non poco conto. Ma colpisce. Cambia l'arma, certo, ma lo stile della guerra è lo stesso. Un particolare impressiona soprattutto: che Papa Francesco sia messo accanto a un jihadista mi pare sufficiente per far indignare chiunque. Decisamente la libertà, anche quella di stampa e anche quella di satira, non si difende a questo modo.
E’ sempre così: la violenza non insegna mai i modi per uscirne. Al contrario, offre molti motivi per restarci. Per uscirne bisogna aver altri criteri e altri riferimenti. Chiaramente, non è il caso di Charlie Hebdo.

Alberto Carrara, L’Eco di Bergamo 26.02.15

 

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letterina 20150221

"Sì a la vida, no a la muerte"

donDordi

Care sorelle e fratelli, donne e uomini della nostra terra bergamasca: il Santo Padre ha autorizzato la pubblicazione del decreto di beatificazione di un uomo, un prete, un martire della nostra Diocesi. Il suo nome è don Sandro Dordi*. Ha percorso le nostre strade, si è formato nella nostra comunità.
Diventato prete ha iniziato la sua missione con una generosità che lo ha portato sempre più vicino ai poveri in Italia, in Svizzera e finalmente in Perù. Lì, dopo aver dedicato tutto se stesso alla missione evangelica vicino alla gente che gli era stata affidata, ha dato la suprema testimonianza: quella del sangue, morendo martire.
Oggi la Chiesa lo riconosce e lo onora così. Per me, per il carissimo mons. Lino Belotti, che da anni ha sostenuto questa causa, per la Comunità dei Preti del Paradiso, per i suoi familiari, per le persone che hanno lavorato con lui, per tutti i sacerdoti e per tutte le nostre comunità è una grandissima gioia.
Insieme a due padri polacchi, uccisi alcuni giorni prima di lui, diventano i primi martiri del Perù. La decisione del Papa lo unisce ad un altro martire il cui nome è familiare a tanti cristiani e anche non credenti: esempio di fede, di coraggio evangelico, di vicinanza agli ultimi. Si tratta del vescovo mons. Oscar Romero, che pure sarà onorato come beato.
Questo riconoscimento arricchisce ancora la nostra terra e la nostra Diocesi, capace di generare tanti santi e testimoni, che in questi ultimi anni abbiamo avuto la grazia e la gioia di veder riconosciuti dalla Chiesa universale. Nello stesso tempo siamo ancor più consapevoli di come questo dono ci impegni su una strada assai impegnativa. Quella che ci porta oggi e qui, oltre che nelle periferie del mondo, ad essere gioiosamente convinti di una fede che apre il cuore alla generosità più grande e coraggiosa, mettendo a disposizione la nostra vita e la nostra concreta disponibilità a pagare di persona per la fede, per il Vangelo , per il Signore. Grazie a Dio per questo dono, grazie a questa terra e a questa Chiesa di Bergamo per averlo accolto, coltivato e donato.

+Francesco, vescovo

*Don Sandro fu ucciso in un’imboscata, il pomeriggio del 25 agosto 1991. E sapeva bene a che cosa andava incontro, viste le minacce dei terroristi di Sendero Luminoso che sui muri del mercato di Santa scrissero: “Yankees, el Perù sarà la tu tomba”. Il 9 agosto a Pariacoto furono processati in piazza e “giustiziati” due giovani sacerdoti francescani polacchi, che stavano facendo un lavoro simile al suo, Padre Michel Tomaszek di 32 anni e Padre Zbignew Stralkowiscki di 35 (ora sono associati a lui nel processo di Beatificazione). Dopo quell’esecuzione, sui muri di Santa apparve la scritta minacciosa “Il prossimo sarai tu”. Non si indicava il nome, ma non fu difficile capire a chi si riferivano. In un cartello, portato bene in vista alla partenza della salma dall’aeroporto di Lima c’era scritto: “Sandro, contigo decìmos sì a la vida, no a la muerte” (Sandro, con te diciamo sì alla vita, no alla morte).

 

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letterina 20150214

"Rinfrancate i vostri cuori" (Gc 5,8)

Quaresima2015

Cari fratelli e sorelle,
la Quaresima è un tempo di rinnovamento per la Chiesa, le comunità e i singoli fedeli. Soprattutto però è un “tempo di grazia”. Dio non ci chiede nulla che prima non ci abbia donato: “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo”. Lui non è indifferente a noi. Ognuno di noi gli sta a cuore, ci conosce per nome, ci cura e ci cerca quando lo lasciamo. Ciascuno di noi gli interessa; il suo amore gli impedisce di essere indifferente a quello che ci accade. Però succede che quando noi stiamo bene e ci sentiamo comodi, certamente ci dimentichiamo degli altri (cosa che Dio Padre non fa mai), non ci interessano i loro problemi, le loro sofferenze e le ingiustizie che subiscono… allora il nostro cuore cade nell’indifferenza: mentre io sto relativamente bene e comodo, mi dimentico di quelli che non stanno bene. Questa attitudine egoistica, di indifferenza, ha preso oggi una dimensione mondiale, a tal punto che possiamo parlare di una globalizzazione dell’indifferenza. Si tratta di un disagio che, come cristiani, dobbiamo affrontare. Quando il popolo di Dio si converte al suo amore, trova le risposte a quelle domande che continuamente la storia gli pone. Una delle sfide più urgenti sulla quale voglio soffermarmi in questo Messaggio è quella della globalizzazione dell’indifferenza. L’indifferenza verso il prossimo e verso Dio è una reale tentazione anche per noi cristiani. Abbiamo perciò bisogno di sentire in ogni Quaresima il grido dei profeti che alzano la voce e ci svegliano. Dio non è indifferente al mondo, ma lo ama fino a dare il suo Figlio per la salvezza di ogni uomo. Nell’incarnazione, nella vita terrena, nella morte e risurrezione del Figlio di Dio, si apre definitivamente la porta tra Dio e uomo, tra cielo e terra. E la Chiesa è come la mano che tiene aperta questa porta mediante la proclamazione della Parola, la celebrazione dei Sacramenti, la testimonianza della fede che si rende efficace nella carità. Tuttavia, il mondo tende a chiudersi in se stesso e a chiudere quella porta attraverso la quale Dio entra nel mondo e il mondo in Lui. Così la mano, che è la Chiesa, non deve mai sorprendersi se viene respinta, schiacciata e ferita. Il popolo di Dio ha perciò bisogno di rinnovamento, per non diventare indifferente e per non chiudersi in se stesso.

Dal Messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2015

 

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letterina 20150207

La tratta

8 per mille

L’8 febbraio si celebra la prima giornata di preghiera e riflessione contro la tratta delle persone, voluta da Papa Francesco e promossa dalle Unioni internazionali femminili e maschili dei Superiori e Superiore Generali e da Talitha Kum, la Rete internazionale della vita consacrata contro la tratta di persone. Questo fenomeno «è una delle peggiori schiavitù del XXI secolo» e « riguarda il mondo intero»; circa 21 milioni di persone, spesso povere e vulnerabili, sono vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale o lavoro forzato, espianto di organi, accattonaggio forzato, servitù domestica, matrimonio forzato, adozione illegale e altre forme di sfruttamento. Ogni anno, circa 2,5 milioni di persone sono vittime di traffico di esseri umani e riduzione in schiavitù; il 60 per cento sono donne e minori. Spesso subiscono abusi e violenze inaudite.
D’altro canto, per trafficanti e sfruttatori la tratta di esseri umani è una delle attività illegali più lucrative al mondo: rende complessivamente 32 miliardi di dollari l’anno ed è il terzo “business” più redditizio, dopo il traffico di droga e di armi». Da molti anni, «la Chiesa cattolica, e in particolare le congregazioni religiose femminili, operano in molte parti del mondo, per sensibilizzare su questo vergognoso fenomeno, prevenire il traffico di esseri umani, denunciare trafficanti e sfruttatori e soprattutto aiutare e proteggere le vittime. Ma perché, nella maggior parte dei casi, queste ragazze non si ribellano a chi le sfrutta? Perché non abbandonano la strada? "Sono quasi sempre sotto ricatto da parte dei loro sfruttatori", spiega sr. Valeria, missionaria comboniana che, dopo Etiopia, Sudan e Uganda, oggi lavora a Palermo accanto alle donne della tratta. "Poco tempo fa ho incontrato in ospedale una donna che aveva tentato di suicidarsi con dei farmaci. Mi ha raccontato che suo figlio era stato gettato dalla finestra perché da qualche tempo lei non portava più i soldi ai suoi sfruttatori. Essendo malata, infatti, non poteva lavorare". "Mi ha detto che per salvare suo figlio da nuove violenze aveva rinunciato a fare denuncia e a chiedere aiuto. E mi diceva che appena si sarebbe sentita meglio avrebbe ripreso ad andare sulla strada, per poter pagare i suoi sfruttatori: meglio che muoia io piuttosto che i miei bambini". "E' una tristezza - aggiunge sr. Valeria - sapere che queste ragazze-schiave hanno così tanti clienti, di tutte le età, che abusano di loro, le usano". "Quanta ignoranza e superficialità c'è in questi uomini!".

 

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letterina 20150131

don Bosco patrono degli oratori

8 per mille

...Non si tratta oggi di incensare la persona di San Giovanni Bosco, perché lui non ha bisogno di incenso e fuochi di artificio. Basta che facciamo memoria di questo uomo umile e attaccato agli ultimi che ha vissuto molto sul serio le parole dette da Gesù ai dodici: “Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti”. E sappiamo bene che questi “tutti”, sia per Gesù, sia per Don Bosco, sono stati soprattutto i più piccoli e quelli più svantaggiati.
Nelle parole del nostro padre: “i più poveri, abbandonati e in pericolo”… Siamo eredi di un grande uomo, un vero figlio del suo tempo e un vero tessitore della storia, un uomo straordinario, ma umile e in mezzo agli ultimi, che ispirato alla bontà e zelo di San Francesco di Sales, ha dato origine a un vasto movimento di persone sempre in cammino, messi in moto, dalla periferia di Torino alle diverse periferie esistenziali e geografiche (come quella della fine del mondo nella Terra del Fuoco e Patagonia nel suo tempo).
Siamo eredi di una eredità che viene sviluppata, trasmessa e fecondata con le proprie opzioni di vita e la donazione piena di noi stessi per farla feconda e ancora più ricca. Don Bosco continua a vivere. Il figlio di Margherita, la donna forte e saggia che ha trasmesso a lui, la saggezza e la ricca tradizione della campagna monferrina, e ha condiviso con lui e i suoi ragazzi e primi salesiani l'avventura degli inizi dell'oratorio, continui ad accompagnare la sua opera. L'Italia, come altri paesi nel mondo non può raccontare la sua storia senza un riferimento accurato su questo suo figlio e la sua opera. I recenti studi sul 150 anniversario dell'unità d'Italia, che esattamente corrisponde al 150 anniversario dell'Opera salesiana, hanno documentato quanto ampio e profondo sia stato il contributo salesiano alla crescita del paese.
Maria, Ausiliatrice e Madre, che ha fatto tutto sin dall'origine, ci aiuti a essere creativamente fedeli e a dare continuità e fecondità all'opera iniziata da Dio 200 anni fa. Siamo eredi con una grande responsabilità sulle spalle, ma soprattutto con un irradiante fuoco nel profondo del cuore: la nostra passione per vivere come Don Bosco, con i giovani e per i giovani.

Àngel Fernández Artime Rettor Maggiore della Congregazione Salesiana

 

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