letterina 20140405

La beatitudine della speranza

No al pessimismo sterile 

84. La gioia del Vangelo è quella che niente e nessuno ci potrà mai togliere (Gv 16.22). I mali del nostro mondo – e quelli della Chiesa – non dovrebbero essere scuse per ridurre il nostro impegno ed il nostro fervore. Consideriamoli come sfide per crescere. Inoltre lo sguardo di fede è capace di riconoscere la luce che sempre lo Spirito Santo diffonde in mezzo all'oscurità, senza dimenticare che "dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia" (Rm 5,20). La nostra fede è sfidata a intravedere il vino in cui l’acqua può essere trasformata, e a scoprire il grano che cresce in mezzo alla zizzania. ...  In questo senso, possiamo tornare ad ascoltare parole del beato Giovanni XXIII in quella memorabile giornata dell’11 ottobre 1962: "Non senza offesa per le Nostre orecchie, ci vengono riferite le voci di alcuni che, sebbene accesi di zelo per la religione, valutano però i fatti senza sufficiente obiettività né prudente giudizio. Nelle attuali condizioni della società umana essi non sono capaci di vedere altro che rovine e guai {…}. A Noi sembra di dover risolutamente dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo. Nello stato presente degli eventi umani, nel quale l’umanità sembra entrare in un nuovo ordine di cose, sono da vedere i misteriosi piani della Divina Provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative..."

85. Una delle tentazioni più serie che soffocano il fervore e l’audacia è il senso di sconfitta, che ci trasforma in pessimisti scontenti e disincantati dalla faccia scura. nessuno può intraprendere una battaglia se in anticipo non confida pienamente nel trionfo. Chi comincia senza fiducia ha perso in anticipo metà della battaglia e sotterra i propri talenti. Anche se con la dolorosa consapevolezza delle proprie fragilità, bisogna andare avanti senza darsi per vinti, e ricordare quello che disse il Signore a San Paolo: "Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza" (2 Cor 12,9). Il trionfo cristiano è sempre una croce, ma una croce che al tempo stesso è vessillo di vittoria che si porta con una tenerezza combattiva contro assalti del male...

Dall’esortazione apostolica Evangelii Gaudium di Papa Francesco

 

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Link al cammino della Quaresima della nostra Comunità
nel sito www.santalessandro.org

 

Confessioni Vicariali Ado

 

Modulo benedizione Case

Pellegrinaggio a Lourdes

 

Incontri Vicariali per Giovani

     

letterina 20140329

Lungo la strada

La strada è fatta per camminarci sopra e per incontrare la gente. Per vedere passare il mondo e per andargli incontro. Sentiero, tratturo o viale alberato, la strada è sì luogo di passaggio, ma può divenire anche spazio concreto per soste piacevoli in cui riassaporare il gusto antico dell'amicizia, in cui sorprendersi a raccontare, dove prendersi cura. Peccato che noi non siamo più tanto abituati alle strade a "misura di persona" e abbiamo creato le autostrade in cui non l'uomo è al centro, ma le automobili e la loro velocità. Abbiamo fatto del mezzo (automezzo) il fine.
Ricordo ancora con una certa emozione quella volta in cui mi recai a Fiumicino a ricevere tre preziosi ospiti, che per la prima volta uscivano dal loro lontano villaggio africano in Congo. Non avevano mai visto una casa di mattoni e ora erano scaraventati ai piedi di palazzoni alti alti, non avevano conosciuto l'asfalto e ora ne potevano vedere a perdita d'occhio. Mentre si procedeva in autostrada Arsen venne fuori con una domanda: "Ma su questa strada non c'è nessuno che cammini a piedi?". La mia risposta fu altrettanto pronta: "Non solo non c'è nessuno che cammini a piedi, ma è addirittura vietato!". Chiunque abbia conosciuto un poco d'Africa comprende bene il senso della domanda di Arsen. Chiunque sia stato nell'Africa scartata dagli itinerari turistici e ritagliata fuori dalle riserve esclusive dei club superorganizzati, conosce le file di persone che procedono lentamente a piedi per ore e ore per arrivare al mercato, al fiume, al pozzo, al villaggio vicino, al dispensario. Teoria composta di una umanità dolente eppure tanto più umana di quella inscatolata nelle automobili lanciate a freccia sull'asfalto.
Ma sulle nostre strade qualcuno si prende cura?

 

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Pellegrinaggio a Lourdes

Incontro Settimana Santa

Incontri Vicariali per Giovani

     

letterina 20140322

La bellezza è nell'occhio...

“La bellezza è nell’occhio di chi guarda”, dice un proverbio inglese.
Che occhio aveva Gesù quando ha incontrato la samaritana al pozzo?
Ascoltiamo questo racconto:
Ho imparato recentemente che anch'io posso guardare con gli occhi di Dio. Qualche giorno fa, mentre facevo vedere ad una amica beduina alcune fotografie delle ultime attività con i bimbi dell'accampamento, il suo sguardo cadde casualmente su alcune foto istantanee del minore dei suoi figli. Si tratta di un bambino ammalato, con gravi malformazioni che fanno spesso girare il viso con curiosità o ripugnanza a quanti lo incrociano. Conoscendo la riservatezza e la dignità propria dei beduini, avevo scattato quelle fotografie di nascosto, raccogliendo alcuni dei momenti più felici della famiglia: sorrisi sdentati, smorfie furbe e gioconde, abbracci e pose buffe. Lo avevo fatto per raccogliere quei momenti belli, pensando soprattutto a quando lui non ci sarà più. Sentii subito la reazione della mamma di fronte a quelle fotografie: due lacrime silenziose solcarono il suo viso e bagnarono il hijab che copre il suo volto. Mi scusai immediatamente con imbarazzo, per aver osato usurpare alcuni momenti della loro intimità. "No  - mi disse- non ti scusare. È proprio bello, vero? Mi fa un piacere immenso sapere che tu lo vedi come lo vedo io."
Così, anche questa Quaresima, la Chiesa ci invita ad assumere lo sguardo benevolente e vivificante di Dio, specialmente verso i membri più vulnerabili delle nostre comunità, per trovare in essi, guardati, amati e scelti da Dio, lo stupore di una bellezza a noi sconosciuta!

Suor Alicia Vacas, comboniana che vive a Betania

 

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Incontri UP Quaresima

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letterina 20140315

Si è fatto povero... (2Cor 8,9)

Dal messaggio del Papa per la Quaresima:
Il Vangelo è il vero antidoto contro la miseria spirituale: il cristiano è chiamato a portare in ogni ambiente l’annuncio liberante che esiste il perdono del male commesso, che Dio è più grande del nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e per la vita eterna. Il Signore ci invita ad essere annunciatori gioiosi di questo messaggio di misericordia e di speranza! È bello sperimentare la gioia di diffondere questa buona notizia, di condividere il tesoro a noi affidato, per consolare i cuori affranti e dare speranza a tanti fratelli e sorelle avvolti dal buio. Si tratta di seguire e imitare Gesù, che è andato verso i poveri e i peccatori come il pastore verso la pecora perduta, e ci è andato pieno d’amore. Uniti a Lui possiamo aprire con coraggio nuove strade di evangelizzazione e promozione umana. Cari fratelli e sorelle, questo tempo di Quaresima trovi la Chiesa intera disposta e sollecita nel testimoniare a quanti vivono nella miseria materiale, morale e spirituale il messaggio evangelico, che si riassume nell’annuncio dell’amore del Padre misericordioso, pronto ad abbracciare in Cristo ogni persona. Potremo farlo nella misura in cui saremo conformati a Cristo, che si è fatto povero e ci ha arricchiti con la sua povertà. La Quaresima è un tempo adatto per la spogliazione; e ci farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà. Non dimentichiamo che la vera povertà duole: non sarebbe valida una spogliazione senza questa dimensione penitenziale. Diffido dell’elemosina che non costa e che non duole. Lo Spirito Santo, grazie al quale «[siamo] come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto» (2 Cor 6,10), sostenga questi nostri propositi e rafforzi in noi l’attenzione e la responsabilità verso la miseria umana, per diventare misericordiosi e operatori di misericordia. Con questo auspicio, assicuro la mia preghiera affinché ogni credente e ogni comunità ecclesiale percorra con frutto l’itinerario quaresimale, e vi chiedo di pregare per me. Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca.   

Papa Francesco

 

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letterina 20140308

La beatitudine del digiuno

Che senso ha “fare Quaresima”, nei quaranta giorni di preparazione alla Pasqua, quando, in realtà, si fa già Quaresima semplicemente perché si sta attraversando tutti un “periodo di privazioni”?
C’è da notare una apparente stranezza. Il digiuno della Quaresima era molto più rigoroso in passato. Genericamente, nelle società contadine di alcuni decenni fa, si digiunava di più, nel senso che i giorni di digiuno erano più numerosi, le regole del digiuno erano più rigorose e più gente le osservava. Il passaggio da una società povera a una società ricca ha significato anche la perdita del senso e della pratica del digiuno. La Chiesa stessa ha preso atto e ha aggiornato le regole. La Costituzione apostolica Paenitemini di Paolo VI, del 17 febbraio 1966, limita infatti il digiuno ecclesiastico a due giorni dell’anno: il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo.  Per cui la domanda su che cosa vuol dire digiunare in periodo di crisi come quello che stiamo attraversando non è una domanda peregrina. Che la gente mangi di meno, lo dicono tutte le statistiche. Esistono flessioni significative nelle spese per il cibo, anche per generi alimentari di prima necessità. Non si compera soltanto meno caviale, ma meno carne e meno frutta. Dunque, si capisce meglio che cosa vuol dire digiunare quando si  mangia di meno. Chi ha poco si trova nella situazione buona per dare senso nuovo anche alla sua penuria. Chi ha molto non si ricorda di quando aveva poco e non si lascia commuovere da chi ha meno di lui. Ciò che si richiede, comunque, per parlare di digiuno o di nuova cultura del mangiare e del bere è di disporre di quel "senso diverso" verso cui indirizzare la propria fame. In altre parole: il senso del poco pane non dipende dal pane, ma da chi lo mangia. La penuria del mangiare prende un senso nuovo da parte di chi la soffre.
Allora mi pare che le "privazioni" attuali possono diventare preziose su due piani.
Primo: possono contribuire a far cercare un equilibrio diverso fra la necessità del mangiare e del bere e il suo soddisfacimento. La società degli obesi, tipica società moderna, è una società malata di molto cibo e di poca capacità di autocontrollo.
Secondo: i credenti possono, in questo sforzo, dare un senso totalmente nuovo al non mangiare.
Nella prima domenica di Quaresima si ascoltano le "tentazioni" cui è sottoposto Gesù . Dopo che ha superato vittoriosamente le tentazioni, il Vangelo racconta che <<il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano>>. In mezzo al deserto, al termine della straordinaria penuria di cibo, fiorisce il Paradiso, dove Gesù mangia e dove i camerieri sono gli angeli. Splendida immagine. Dopo che l’uomo è stato capace di essere forte fino all’estremo, allora il Paradiso gli si fa incontro. 

Alberto Carrara

 

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Lettera a Smirne

 

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letterina 20140301

Cenere siamo e cenere...

Le cronache dicono che San Francesco compose il Cantico delle creature dotato di un accompagnamento musicale di cui però non è rimasta traccia. Sembra che Francesco stesso cantasse la sua laude assieme ai fratelli nella chiesa di Santa Maria degli Angeli.
Chissà se Chiara ha avuto modo di ascoltarlo cantare? Spesso gli mandava delle missive per chiedergli di venire a portare una buona parola al convento.
Lo supplicava di visitare le sue poverelle, le sue "pianticelle", come le aveva chiamate una volta. Ma lui non si faceva vivo. Quasi temesse di intenerirsi troppo. La sola volta che acconsente a recarsi al convento di San Damiano che lui stesso aveva aiutato a ricostruire, sorprende le sorelle per il suo silenzio. Si aspettavano una profezia,  un racconto, una consolazione. E invece lui entra a testa bassa, pensieroso. Prende della cenere dal focolare spento, la spande intorno formando un cerchio, vi si accuccia in  mezzo, si cosparge la testa di quella stessa cenere, recita il miserere, si alza e se ne va senza proferire parola.  Le suore rimangono stupite, forse anche un poco mortificate per questo comportamento quasi sprezzante. Ma sprezzante Francesco non è. Piuttosto portato alla gestualità. Quando pensa che le parole non siano necessarie, si esprime con perfetta teatralità mistica, composto e intenso, proprio come in una rappresentazione sacra. Ricordiamo la spogliazione pubblica, così potente come gesto: quel farsi vedere nudo e fragile davanti al padre e alle autorità di Assisi. E questa scena della cenere va interpretata certamente nello stesso senso. Anche qui siamo di fronte a una cerimonia ammantata di solennità e di teatralità. Come dire: non ho bisogno di parole con voi sorelle, sapete tutto di me e io di voi, condividiamo le stesse idee, abbiamo gli stessi sentimenti. Voglio solo ribadire qui con voi la pratica dell'umiltà di fronte a Dio. Cenere siamo e cenere torneremo. Non ho altro da dire.
Iniziamo così la Quaresima….

Da: Dacia Maraini: Chiara di Assisi

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