L'affondo
Ricerca
Noè, dopo il diluvio, prima manda un corvo per veder se le acque si fossero ritirate e poi manda una colomba, la quale ritornò con un ramoscello d’ulivo nel becco (cfr. Gen. 8, 6-12). Il corvo vola su immense distese d’acqua, la colomba invece ha la fortuna di toccare terra e staccare da un ulivo un ramo. Il primo animale è simbolo della ricerca infruttuosa, il secondo invece rappresenta il successo, la riuscita. Riesce ad avvistare la terra e di essa strapparne una parte, un ramoscello d’ulivo, per l’appunto. Il corvo invece era tornato senza portare nulla, se non l’informazione indiretta che sulla terra le acque ancora non si erano ritirate. Troppo poco.
Ciò sarebbe bastato ad alimentare soltanto il pessimismo. Fino a quando Noè e i suoi ospiti dovevano ancora rimanere nell’arca? Ce l’avrebbero fatta? Si sarebbero salvati? Il corvo in questo senso evoca la paura, il rischio di perdersi, il fatto che la notte non è ancora finita. Per dirla in due parole, il corvo che torna è il messaggero del no. Il volo di una colomba descrive in cielo l’arco di un gioioso sì. Ora, io mi rendo conto che dal punto di vista psicologico il corvo svolge un ruolo più importante della colomba. La colomba infatti chiude la prova del diluvio, la grande tribolazione. Il corvo invece è il compagno della nostra vita. Ci dice che ancora dobbiamo aspettare, che ancora non è finita e addirittura che quando sarà finita neppure ci proveremo gusto. Ci svela la dimensione dell’esistenza non vittoriosa, dell’esistenza comune di tanti di noi, di quelli perlomeno come me, che devono portare pazienza, che non conoscono la scatto di un avanzamento insperato, che non hanno avuto il dono di una intuizione lucida, che non possono legare legami con i potenti. Il corvo mi rappresenta la condizione di tanti di noi che dobbiamo aspettare e sperare; la facies non di chi è realizzato e soddisfatto, semmai di questo si fa interprete con il uso volo superbo la colomba. Il corvo ti dice (mi dice) che devi ancora lavorare, devi ancora stare sotto. E un po’ ci insegna la bellezza della vita. Che è fatica fino alla fine e non appagamento; è movimento e non riposo; conquista e non stabilità. Questo vedo nel volo del corvo che fa ritorno all’arca di Noè. La colomba invece non mi dice niente; la sua retorica del ramo d’ulivo della pace un po’ mi offende. Il corvo sa che la pace non c’è, che dobbiamo conquistarcela, che laddove ci sembra pace, qualcuno sta morendo di guerra. Il volo del corvo non è poi così infruttuoso. Mi insegna che talvolta un no, con tutti i suoi ritardi, rinvii e aggiornamenti, fa perdere meno tempo, ovviamente dal punto di vista psicologico e umano, di un inutile sì che puoi sentire sul becco di una vana e più fortunata colomba. Lucio Coco
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