“O mai la luna gridò così tanto
contro le stelle offese,
e mai gridarono tanto i miei visceri,
né il Signore volse mai il capo all’indietro,
come in quell’istante preciso vedendo la mia verginità di madre
offesa dentro a un ludibrio”.
("Il mio primo trafugamento di madre" di Alda Merini)
Si schiaccia spesso il piede sull'acceleratore della propria macchina.
Siamo sempre di fretta. Gli impegni sono tanti e si moltiplicano a dismisura, il tempo ci assorbe esageratamente, per cui se qualcuno ha bisogno di due parole per chiedere qualcosa o per un saluto (purché sia veloce), non si può: non c'è tempo... Per assurdo, siamo ormai persone "che non hanno tempo" perché "troppe cose da fare" e non ci si può fermare!
E se non puoi fare della tua vita quel che vuoi,
in questo almeno sforzati
per quanto puoi: non umiliarla
nella troppa familiarità con il mondo,
nel viavai della gente, nelle chiacchere.
Non mortificarla portandola qua e là,
andando per le strade, e non esporla
alle sciocchezze di ogni giorno
delle relazioni, dei vincoli,
fino a renderla estranea, molesta.
(Costantinos Kavafis)
Due settimane fa abbiamo iniziato l’anno pastorale e catechistico e quel giorno con mia grande meraviglia ho visto entrare in chiesa i nostri bambini e ragazzi che portavano con orgoglio delle bisacce cariche di firme e di pensieri, e tutti con la scritta Pellegrini di speranza, il motto scelto dal Papa per il prossimo Giubileo.
In questo nostro tempo, si notano spesso la lamentela, la scontentezza e la rabbia che fanno da padrone e generano tanta tristezza. A volte sembra che alcune persone si divertano e addirittura facciano a gara pur di lamentarsi e arrabbiarsi, mettendo in risalto costantemente i limiti e le cose che non vanno e che disapprovano. Naturalmente, questo è riferito di solito agli altri, mai a loro stessi!
Nel nuovo anno pastorale che riprende, come “pellegrini di speranza”, abbracciamo la speranza nella nostra vita quotidiana, feriale, e nelle attività pastorali e non solo!