Giù le mani dal nostro tempo

Giù le mani dal nostro tempo

“O mai la luna gridò così tanto
contro le stelle offese,
e mai gridarono tanto i miei visceri,
né il Signore volse mai il capo all’indietro,
come in quell’istante preciso vedendo la mia verginità di madre
offesa dentro a un ludibrio”.
("Il mio primo trafugamento di madre" di Alda Merini)

Si accende la tv e spesso una voce rotta dall’emozione declama l’ennesimo femminicidio. Si apre il cellulare e compare il volto tumefatto di una donna che ha osato dire NO. Tutti ci scandalizziamo e ci poniamo domande su domande, ma poi continuiamo imperterriti la nostra tranquilla vita quotidiana, finché qualcuno riceve la drammatica notizia della tragedia della propria figlia, della propria sorella, della propria madre. Solo allora ci si scopre colpevoli di impotenza, di tanta indifferenza e di tante parole sprecate nel condannare. Solo in quel momento si decide che è giunta l’ora di fare qualcosa in memoria di quella donna che non si è stati capaci di aiutare, perché troppo occupati a riempirsi di sé. E anche quest’anno ci ritroviamo davanti alla nostra panchina rossa, desiderosi di mostrare la nostra empatia verso questo dramma sociale. Si organizzano incontri di riflessione, di solidarietà, mostre per aprire e rendere la mente umana più sensibile. Ma poi tutto finisce lì? Forse no, qualcosa sta cambiando nella nostra comunità; infatti, durante gli incontri settimanali in oratorio i giovani e gli adolescenti, guidati da don Angelo e dagli animatori, stanno affrontando la tematica dell’Ascolto. Si concedono del tempo per fermarsi ad ascoltare e abbattere i silenzi assordanti pieni di rabbia, di delusione, di paura, di sconforto, di incomprensioni che finora sono rimasti ben nascosti tra le mura delle case. Si scoprono vulnerabili, mostrano le loro fragilità certi di non essere soli, di non essere giudicati ma solo compresi e aiutati a diventare persone degne di essere chiamate DONNE e UOMINI. A noi chiedono semplicemente di aprire il cuore e regalare tempo per creare insieme una comunità non perfetta ma pienamente vissuta. E noi “grandi” siamo disposti a fermarci e camminare insieme a loro?

Un collaboratore

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