La tavola è il sito del pane, il luogo essenziale dell’umanizzazione. A tavola si dovrebbe convergere per mangiare da uomini, non da animali. Per questo la tavola è sempre stata percepita come l’emblema dell’umanizzazione, il luogo per eccellenza in cui ci si umanizza lungo tutta la vita, da quando da piccoli si è ammessi alla tavola ancora sul seggiolone, fino alla vecchiaia. Anche in queste due fasi estreme della vita stiamo a tavola, magari aiutati da altri, ma stiamo pur sempre a tavola. Il nostro stare a tavola dice la nostra libertà: libertà di figli in famiglia, libertà di amici che si invitano, libertà di chi serve e qualità “signoriale” di chi è servito. Ma a tavola si sperimenta anche l’uguaglianza, un’uguaglianza ordinata: tutti sono chiamati a mangiare con gli stessi diritti, vecchi e bambini, adulti e giovani; tutti possono prendere la parola, domandare e rispondere. A tavola si impara a parlare oltre che a mangiare, si impara ad ascoltare e a intervenire nella convivialità. Infine a tavola si fraternizza, si condivide il pane tra compagni, ossia persone che mangiano lo stesso pane, secondo l’etimologia di questa parola (cum-panis). La tavola ha un magistero decisivo per noi e per ogni essere umano che viene al mondo: ne siamo consapevoli? A tavola si impara e si verifica che non di solo pane vive l’uomo, perché da piccoli abbiamo bisogno che qualcuno ci dia da mangiare, da adulti di qualcuno che ci prepari il cibo con amore e con il cibo esprima il suo amore; abbiamo bisogno di dire grazie e di capire che ciò che mangiamo non è solo l’unione di natura e cultura ma è anche dono che ci viene fatto. È a tavola che celebriamo la nascita, l’amore nelle nozze, gli eventi che ci rendono felici e che danno senso alla nostra vita. A tavola ci esercitiamo, o meglio dovremmo esercitarci, a condividere e a fare della tavola stessa un luogo in cui accogliamo e invitiamo l’altro. La tavola non è mai per uno solo, è per l’altro, per gli altri, per la fraternità, l’amore, l’umanizzazione: e il pane troneggia su di essa per essere spezzato e condiviso, per nutrire e per ricordarci che non di solo pane vive l’uomo.
Da una scritto di Enzo Bianchi
in allestimento la Sezione CRE sotto la voce Oratorio
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