Con il dovuto rispetto (7)
Ci stiamo prendendo gusto con il libro "Con il dovuto rispetto. Frammenti di saggezza all'ombra del campanile” di Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano. Altre due situazioni
CANDELINE E CERI
Non solo le vecchiette s’avvicinano all’altare della Madonna, alla statua di Padre Pio, depongono la loro offerta e offrono un cero. Ci sono anche le mamme preoccupate perché hanno sentito la figlia litigare col genero. Ci sono anche ragazzi e ragazze che ritrovano la porta della chiesa proprio la mattina in cui devono affrontare l’esame di maturità. Accendono una candela anche uomini e donne di mezza età, in attesa dell’esito di un esame medico delicato. La fiamma dei ceri danza davanti alla Madonna e ai santi come la continuazione di una preghiera, di un pianto che invoca consolazione.
Don Angelo però non nasconde il suo disappunto quando vede la signora Luisa che, proprio mentre lui sta predicando, attraversa tutta la chiesa, va diritta all’altare della Madonna, accende il suo cero ed esce imperterrita. Non si accorge del disturbo che reca, né del fatto che Don Angelo ha perso il filo della predica, non ha tempo per una genuflessione. È certa che l’esame di sua nipote andrà bene: come può la Madonna non suggerirle la risposta giusta dopo che le ha acceso un cero da due euro? Anche le forme di devozione possono diventare una specie di ambigua superstizione.
I PRONOMI
C’è il pronome “io”. Se gli dai spazio non ti salvi più.
Ci sono quelli che, di qualunque argomenti si parli, hanno sempre da dire: "Anch’io ho visto... quando c’ero io... se fossi io.... date retta a me: io ho studiato... se volete invitare un personaggio, io conosco...".
Al consiglio pastorale, agli incontri, alle riunioni della Caritas, sul sagrato della chiesa dopo la messa e in ogni altra occasione, l’io invadente continua a proporsi. Forse uno crede di rendersi utile, di contribuire a rompere il ghiaccio, di mettere a disposizione competenza ed esperienza. Il risultato è però che uno rischia di ridurre tutto a sé e si rende insopportabile.
Poi c’è il “voi”. “Voi” si usa per dichiarare una estraneità, un dissenso, talvolta addirittura una ostilità. "Ma voi della curia...?"; "Voi preti..."; "Fate presto voi dal pulpito..."; "Voi che abitate in centro che cosa ne sapete..."; "Voi ci avete abbandonato...". Quando uno dice “voi”, per lo più, dà per scontato che le tue ragioni non le capisce. Forse anche dichiara che preferisce stare di fronte a protestare piuttosto che mettersi con te e cercare insieme: "Tanto voi che cosa capite?"
Attenti ai pronomi! Io avrei più simpatia per il noi.
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