Sono un essere umano
The Elephant Man è uno straordinario film del 1980, regia di David Lynch. È volutamente girato in bianco e nero, per richiamare l'atmosfera della Londra ottocentesca. Racconta la vera storia di John Merrick “l'uomo elefante”: nato sano, viene colpito nei primi anni di vita dalla rarissima e devastante sindrome di Proteo, che forza il suo corpo a deformazioni orrende e sconce. Al cuore del racconto c'è una scena memorabile: la corsa attraverso la stazione di Londra, dove John cerca rifugio, zoppicando, il volto stravolto, esposto allo sguardo umiliante della gente. Scappa perché inseguito: è tormentato dai ragazzini che lo prendono di mira, dalla folla inviperita, perché nella sua claudicante angoscia ha travolto una bambina. Braccato nei bagni della stazione, si gira e ulula alla folla: «lo non sono un elefante! Non sono un animale! Sono un essere umano! Un uomo ... » Un grido disperato consegnato al mondo, prima di scivolare a terra svenuto. Nella vicenda di John è il medico Treves a prendersi cura di lui: prima per curiosità scientifica e poi per sincera amicizia, riconoscendo, sotto la crosta dell’orrenda deformità, il bisogno di essere riconosciuto e la fiamma di calore.
Antoine de Saint-Exupéry, nella sua Lettera a un ostaggio, riflette:
C'è innanzitutto nell'uomo un desiderio indistinto di un certo calore. Poi l'uomo, a forza di sbagliare, scopre la strada che porta fino al fuoco. [ ... ] Forse è per questo, amico mio, che ho tanto bisogno della tua amicizia. Ho sete di un amico che rispetti in me [. .. ] il pellegrino di quel fuoco. ... Io che provo, come tutti, il bisogno di essere riconosciuto... ti sono grato perché mi accogli così come appaio: che me ne faccio di un amico che mi giudica? Ospitando un amico alla mia tavola lo prego di sedersi, se zoppica, e non gli chiedo di ballare.
John Merrick non guarirà mai dalla sua deformità. Morirà a Londra nel 1890, a ventisette anni di età. Morirà malato ma salvo, nutrito dall'amicizia di Treves e di tanti altri. In una delle ultime scene del film, nella sua stanzetta, John parla con il dottore: «Sono felice ogni ora del giorno, amico mio. Anche se dovessi sapere di morire domani. La mia vita è bella, perché so di essere amato. Io sono fortunato. E non potrei dirlo se non fosse per te... Amico mio, amico mio ... » E si capisce che in questa parola ripetuta John sta nutrendo entrambi. Stanno vivendo un’amicizia che li salva. Mentre John si consegna sereno e consapevole al suo sonno misterioso e definitivo, sentiamo la voce della madre recitare una poesia di Tennyson:
Mai. Oh, mai. Niente morirà mai. L'acqua scorre. Il vento soffia.
La nuvola fugge. Il cuore batte ... Niente muore.
Buon Natale in Colui che ama ogni uomo.
I sacerdoti della Comunità
Ascolta le Omelie in Parrocchia
Presepio Post Natale 2019
Nelle settimane di questo Avvento abbiamo dato a tutti i ragazzi una statuina del presepe (Magi e stella), invitandoli a costruire un presepe “mobile” da portare in chiesa parrocchiale il 29 dicembre, per la messa delle 10.30. Ma non vogliamo rinunciare a vedere insieme i presepi più grandi che si preparano nelle nostre case o negli spazi comunitari.
Ecco allora l’iniziativa Presepio Post Natale 2019:
Scatta alcune fotografie al tuo presepio o a quello di amici e familiari, e inviale a #Palapresepio2019
le potrai così condividere con tutti tramite il sito www.oratoriopalazzago.it
Il 6 gennaio, dopo la messa delle 10.30, saranno anche proiettate e premiate, insieme a quelle dei presepi mobili portati in chiesa.
Non perdere l’occasione di tramandare l’amore per il Presepio!!!