L'affondo
Charitas sine modo
Carissimi,
sono stato colpito dalla scritta collocata sopra il crocifisso ligneo della vostra splendida chiesa: Charitas sine modo. È un latino semplice, che vuol dire: amore senza limite. Anzi, per essere più fedeli alle parole, bisognerebbe tradurre così: amore senza moderazione. Smodato, sregolato.
Amore senza freni, senza misura, senza ritegno...
Volesse il cielo che, ogniqualvolta uscite dalla chiesa, non vi sentiste affidare da Gesù Cristo nessun’altra consegna che questa: Charitas sine modo. Amore senza misura. Disposto, cioè, a giocare in perdita per il bene del prossimo. Felice di pagare prezzi da capogiro pur di salvare una sola vita umana. Capace di raggiungere perfino il più indisponente nemico. Deciso a scavalcare le lusinghe della violenza, anche quando c’è da recuperare un sacrosanto diritto.
Ma mentre in chiesa dicevamo queste cose, nel mondo accadevano vicende terrificanti. Ve ne ricordate? Abbiamo vissuto... trepidando e pregando prima, perché il Signore allontanasse la tragedia della guerra dal genere umano; soffrendo e sperando dopo, nell’attesa che la logica della pace tornasse a prevalere sugli scenari di morte. Oggi mi è penoso rievocare la malinconia di quei giorni. Perché qualche colpa ce l’abbiamo pure noi. Siamo rimasti lacerati tra i richiami dell’«onnidebolezza» di Cristo e la seduzione dell’«onnipotenza» dell’uomo. Forse le ragioni della nonviolenza evangelica non ci sono parse così affidabili come le argomentazioni della forza delle armi. Abbiamo corretto il tiro di quella frase assurda: amore, sì, ma fino a un certo punto; che diamine! Dio, quanta tristezza!
L’esperienza di quei giorni, comunque, contribuisca a farvi giudicare ogni guerra, almeno per il futuro, come la contraddizione più aperta con quella scritta collocata sulla cornice del vostro Crocifisso: Charitas sine modo.
Da una lettera del Vescovo Tonino Bello ad una Parrocchia di Molfetta
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