letterina 20110730

L'affondo 

Rimbambito

Costeggio il lago di Endine completamente coperto di ghiaccio...Immerso in questo angolo di paradiso, sento che dietro la mia macchina qualcuno suona ripetutamente il clacson. La strada è un lungo susseguirsi di curve e paesi ed è impossibile viaggiare a velocità sostenuta. Arrivato ad un semaforo, scendo dalla vettura e chiedo al giovane nell’auto che mi segue cosa c‘è che non va: “Ma stai andando come una lumaca!”. Gli faccio notare che c’è il divieto di superare i cinquanta chilometri all’ora. E lui: “Per i vecchi rimbambiti come te”.  Lo fisso...e mi limito a sussurrargli: “Il Signore ti benedica”. “Per i vecchi rimbambiti come te”. “Rimbambito”. Etimologicamente non è un insulto, anzi, per me, cristiano, è un elogio, dato che “rimbambire” significa ritornare come bambini. E non ha forse Gesù detto che questa è la condizione indispensabile per entrare nel regno dei cieli? “Rimbambire” nell’accezione data da quel giovane significa “perdere il senno” ed è spesso legato all’età. Allora devo prendere in considerazione la parola “vecchio”. “Vecchio”. Quante volte ho detto e scritto che una persona non deve sentire come una segreta vergogna il fatto d’invecchiare. Anzi, è un privilegio vivere carico di anni. Si diventa come gli alberi d’autunno: col cadere delle foglie lasciano intravvedere la loro nuda bellezza ed essenzialità. E pure i loro rami spogli, visti in prospettiva del cielo, scrivono parole di speranza. “Vecchio”. Il mio dizionario, proprio nell’ultima spiegazione mi consola, affermando che ci può essere il rimando a “veglio”. 
Forse fa allusione al fatto che noi, “vecchietti” dormiamo poco. Oppure che viviamo con un cuore che ascolta. Le due accezioni mi piacciono. Noi siamo chiamati a vivere captando ogni cosa con un senso di meraviglia, vedendo ovunque tracce del divino. Ma per arrivare a questa capacità di vedere il mondo con gli occhi stessi di Dio, occorre vivere tante, tante primavere. Per cui occorre molto tempo per diventare giovani, come lo è Dio. E torno col pensiero al giovane Salomone che, in risposta a Dio che gli chiedeva cosa volesse, disse: “Dammi un cuore che sa ascoltare”… Sentendosi giovane il re d’Israele domanda la sapienza nella preghiera. Ciò mi rimanda ancora a Cristo che ci addita l’atteggiamento del bambino che conviene al cristiano… L’invecchiare fa capire che bisogna avere sì fiducia in noi stessi, ma nella più grande umiltà. Umiltà che è una forza di agire per ciò che è essenziale nella vita: amare ed essere amati. Umiltà che è verità su noi stessi, del nostro invecchiare, accettato con un sorriso anche quando ciò ti è sbattuto in faccia, assieme all’appellativo di “rimbambito”...Umiltà come inizio della vera sapienza: “Solo Dio basta”.     
don Valentino Savoldi   

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