L'affondo
Rimbambito
Costeggio il lago di Endine completamente coperto di ghiaccio...Immerso in questo angolo di paradiso, sento che dietro la mia macchina qualcuno suona ripetutamente il clacson. La strada è un lungo susseguirsi di curve e paesi ed è impossibile viaggiare a velocità sostenuta. Arrivato ad un semaforo, scendo dalla vettura e chiedo al giovane nell’auto che mi segue cosa c‘è che non va: “Ma stai andando come una lumaca!”. Gli faccio notare che c’è il divieto di superare i cinquanta chilometri all’ora. E lui: “Per i vecchi rimbambiti come te”. Lo fisso...e mi limito a sussurrargli: “Il Signore ti benedica”. “Per i vecchi rimbambiti come te”. “Rimbambito”. Etimologicamente non è un insulto, anzi, per me, cristiano, è un elogio, dato che “rimbambire” significa ritornare come bambini. E non ha forse Gesù detto che questa è la condizione indispensabile per entrare nel regno dei cieli? “Rimbambire” nell’accezione data da quel giovane significa “perdere il senno” ed è spesso legato all’età. Allora devo prendere in considerazione la parola “vecchio”. “Vecchio”. Quante volte ho detto e scritto che una persona non deve sentire come una segreta vergogna il fatto d’invecchiare. Anzi, è un privilegio vivere carico di anni. Si diventa come gli alberi d’autunno: col cadere delle foglie lasciano intravvedere la loro nuda bellezza ed essenzialità. E pure i loro rami spogli, visti in prospettiva del cielo, scrivono parole di speranza. “Vecchio”. Il mio dizionario, proprio nell’ultima spiegazione mi consola, affermando che ci può essere il rimando a “veglio”.
Forse fa allusione al fatto che noi, “vecchietti” dormiamo poco. Oppure che viviamo con un cuore che ascolta. Le due accezioni mi piacciono. Noi siamo chiamati a vivere captando ogni cosa con un senso di meraviglia, vedendo ovunque tracce del divino. Ma per arrivare a questa capacità di vedere il mondo con gli occhi stessi di Dio, occorre vivere tante, tante primavere. Per cui occorre molto tempo per diventare giovani, come lo è Dio. E torno col pensiero al giovane Salomone che, in risposta a Dio che gli chiedeva cosa volesse, disse: “Dammi un cuore che sa ascoltare”… Sentendosi giovane il re d’Israele domanda la sapienza nella preghiera. Ciò mi rimanda ancora a Cristo che ci addita l’atteggiamento del bambino che conviene al cristiano… L’invecchiare fa capire che bisogna avere sì fiducia in noi stessi, ma nella più grande umiltà. Umiltà che è una forza di agire per ciò che è essenziale nella vita: amare ed essere amati. Umiltà che è verità su noi stessi, del nostro invecchiare, accettato con un sorriso anche quando ciò ti è sbattuto in faccia, assieme all’appellativo di “rimbambito”...Umiltà come inizio della vera sapienza: “Solo Dio basta”. don Valentino Savoldi
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