Un muro resta sempre in piedi, muro contro il quale ciascuno si scontra e che minaccia di frantumare il nostro sogno di felicità: la morte. Non c’è nulla di più certo del fatto che un giorno moriremo. E’ d’altronde l’unica cosa di cui siamo assolutamente sicuri per quanto riguarda il nostro avvenire. “La morte è l’ultimo nemico”, dice san Paolo (cf. ICor 15,26). Ma la fede ci assicura che la vita che conduciamo quaggiù è solo il primo atto di una vita che durerà eternamente oltre la morte. Questo lo sappiamo unicamente dalla fede. Su questo punto, nessuna saggezza dei popoli, nessuna filosofia di grandi pensatori può dare qualche aiuto. Si tratta di pura fede: “Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti” (ICor 15,19). E Paolo lo grida talmente forte da rintronare gli orecchi: “La morte è stata inghiottita nella vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione? Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo”. Ci è possibile qualcosa d’altro, se non sperare? E di una speranza “divina”, fondata su Dio e sulle sue promesse? La speranza è il muscolo cardiaco del cristiano, ma non è uguale a utopia. Di utopie ne abbiamo avute molte, ma sono tutte crollate una dopo l’altra. Perché continuare a cercare nei sogni che ci siamo suggeriti noi stessi, il trampolino per il salto nell’ignoto? In ogni utopia siamo noi i garanti della speranza, essa non può venirci da altrove. Non può che appoggiarsi su degli esseri umani, e gli esseri umani hanno solo promesse umane, non promesse divine. La speranza “divina” poggia su un fatto: la risurrezione di Cristo dai morti. Questo non è un sogno, una fiaba, un racconto mitico, ma un fatto storico attestato da testimoni degni di fede. “Abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti”, dicevano gli apostoli (cf. At 10,41). La nostra speranza poggia su dei fatti ed è interamente basata sulla potenza di Dio.
|