letterina 20111210

Betlemme e il muro

Per entrare a Betlemme si passa il Muro. Ce lo si trova addosso all'improvviso, incombente. Nove metri di un livido grigio. I soldati israeliani sono giovanissimi. Impugnano le armi a tracolla e li vedi pronti a ogni evenienza. Uno controlla il telaio dell'auto con uno specchio attaccato a un bastone, per verificare che non ci siano ordigni. Un altro fa aprire i bagagli. «Devo aprire anche il mio zaino?», chiede il bambino. Incrocio i suoi occhi che fissano i fucili, e nello sguardo c'è un balenio di profondo stupore. Quei tre soldati, hanno davvero facce da ragazzi. «Ma quanti anni avranno?», chiede mio figlio. «Magari diciotto. Forse sono di leva», rispondo. Betlemme ha la metà delle botteghe e degli alberghi chiusi. Con il Muro, il 50% della popolazione è disoccupata. Chi può, se ne va.
«Qui, ora, è come essere in prigione», dice amaro padre Amjed Sabbara, parroco della città. È quasi vuoto il piazzale della basilica, con la piccola porta che fu abbassata perché i turchi non entrassero a cavallo, con sacrilega arroganza. Perché si chinassero, nell'entrare, i pellegrini. Dentro, si allarga la penombra e il profumo d'incenso dell'antica basilica crociata. Ma è giù, giù la grotta, e ti tira per mano tuo figlio impaziente, giù per le scale, fino alla volta sotterranea, fino alla nicchia dove una stella a 14 punte - come le generazioni della casa di Davide - segna l'alfa, l'inizio, l'epicentro dove andarono convergendo i pastori, quella notte. E un bambino di dieci anni, duemila anni dopo, istintivamente fa ciò che - è probabile - fecero quegli uomini, venuti dai pascoli del deserto a vedere.
Prima, Bernardo guarda. Poi, allunga la mano, a toccare. Chissà quante mani, quella notte, si allungarono timide, esitanti, verso quel Re che sembrava un bambino... Ma l'episodio che dà la misura di quanto Betlemme non sia quell'immagine stereotipata e dolce che molti immaginano è il Muro, come una coltellata, una lacerazione aperta. Betlemme, non è il luogo sentimentale e buonista, a cui una certa abitudine l'ha ridotto. Un posto del mondo invece, un posto aspro, dove gli uomini sono come gli altri, dove ci si odia come altrove, e anche di più. In cui però, uomo tra gli uomini, è nato Gesù Cristo. E gli uomini duemila anni dopo vanno a vedere: e ancora allungano la mano, istintivamente, come bambini, a toccare.

Marina Corradi

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