Sono una donna
25 novembre: giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Mai come quest’anno il tema delle molestie e degli abusi è stato portato a forza sotto le luci della ribalta. Ascoltiamo alcune riflessioni di Erica Balduzzi.
Sono una donna. Sono giovane, anziana, bella o brutta: non importa. Sono casalinga, attrice, segretaria, studentessa: non importa. Sono italiana o straniera: nemmeno questo importa. Sono donna, però: questo sì che importa.
Sono donna e ho imparato presto a soffocare nella vergogna colpevole lo schifo per mani che mi toccano senza permesso, sentendosi sempre autorizzate.
Sono donna e ho dovuto imparare che non posso pretendere niente se mi metto una gonna corta per uscire, anzi, sotto sotto la metto perché voglio certe cose.
Così dicono sempre, sollevando le spalle. E se invece metto i pantaloni e la felpa? Allora ne ho bisogno, dicono: ci pensano loro a farmi sentire femmina per davvero.
Sono donna e ho imparato che tante porte sono sbarrate, se dico di no a certe cose: ma è lecito che me le chiedano, dicono, è normale.
Sono io che non capisco, che me la tiro, che non so come va il mondo: rimani una “signora Nessuno” allora, dicono. Non importano gli studi, il cervello, le capacità: quelle di una donna forse contano meno, in questa società malata? Forse sì.
Sono donna e ho imparato che se da “signora Nessuno” sono diventata una “signora Qualcuno” – un’attrice magari, una donna in carriera – allora non ho diritto di denunciare abusi e molestie, perché è “grazie a quelli” che sono arrivata fino a qui, dicono. Perché “mi piaceva”, dicono. Dicono sempre che a noi sotto sotto piace. Avessero mai guardato una volta le lacrime, le vite lacerate, i pezzetti ricuciti assieme nel silenzio e nell’umiliazione. Avessero mai ascoltati i silenzi umiliati, la paura, la vergogna.
Dicono sempre che a noi sotto sotto piace: ma ce l’avessero mai chiesto una volta, una sola volta, se ci piace davvero così tanto.
Non si può parlare di abusi e molestie come se si trattasse di una perenne lotta di genere, femmine contro maschi, buone contro cattivi, vittime contro predatori.
Non lo è né lo sarà mai. Uomini e donne devono essere complici in una battaglia che passa dall’educazione in casa e a scuola, da politiche lavorative inclusive, da una quotidianità in cui non sia considerato normale toccare il sedere alla cameriera del bar, dare della “zoccola” ad una ragazza in minigonna o denigrare come “facili” le donne che si costruiscono una posizione lavorativa.
Da:santalessandro.org