S.Alessandro, un soldato.
In questo 2018 il giorno di Sant’Alessandro, patrono di Bergamo e della Diocesi, cade di Domenica e dunque anche la liturgia ci affida i testi della sua festa.
Secondo la tradizione, Alessandro era “vessillifero” della legione tebea, cioè un soldato e morì martire, nei primi anni del quarto secolo, il 26 agosto del 303, durante la persecuzione dell’imperatore Massimiano.
Ci fa pensare il fatto che Alessandro era un soldato. Cristiano perfetto in un mestiere perfettamente laico e in un mondo totalmente estraneo. Alessandro vive dentro l’impero romano, dove la religione pagana è ancora dominante. I cristiani sono ancora minoranza e spesso perseguitata. Non è difficile immaginare la fatica di una testimonianza in un mestiere come il soldato e in un mondo come quello in cui viveva Alessandro.
Non è difficile neppure mostrare alcune inquietanti somiglianze tra la situazione di Alessandro e la nostra. L’ostilità del mondo esiste anche oggi e in mezzo a questa ostilità sta la debolezza della fede. Una fede che deve fondarsi non sulle nostre qualità, ma sulla bontà misericordiosa del Signore. “Quando sono debole, è allora che sono forte”. Siamo chiamati a vivere la fede sguarnita del martire.
Alessandro è vissuto moltissimo tempo fa. Ma è paradossalmente attuale tant’è che la comunità cristiana lo festeggia ancora oggi. Il che dice una cosa molto semplice: la nostra fede va continuamente reinventata. La fede non è una pratica, ma un modo di vivere. Alessandro non ha detto e non ha scritto niente. O, per lo meno, non ha detto e scritto niente di cui abbiamo notizia. Parla solo la sua vita o, meglio, il suo martirio.
La vera forza che resta è quella “consacrata” dalla vita. Le parole non hanno senso senza il senso della vita. Le parole sono scarnificate. Ma quando le parole sono “piene” di chi dà la vita, allora anche le parole sono straordinariamente ricche.