Famiglie troppo calde, società troppo fredda
“Molti di noi eravamo giovani o muovevamo i primi passi nella vita religiosa mentre terminava il Concilio Vaticano II”, ha detto il Papa rivolgendosi ai 267 padri sinodali, il 3 ottobre, apertura del Sinodo dei Giovani. “Ai giovani di allora venne indirizzato l’ultimo messaggio dei Padri conciliari. Ciò che abbiamo ascoltato da giovani ci farà bene ripassarlo di nuovo con il cuore ricordando le parole del poeta: L’uomo mantenga quello che da bambino ha promesso’”(Hölderlin).
Ma cosa trovano i giovani oggi? Quale è il tessuto degli adulti e quindi anche delle comunità? Sembra di registrare sempre più una sorta di abdicazione degli adulti al loro ruolo, con un venir meno della dimensione comunitaria della vita sociale, lasciata al solo al mercato che porta ad un appiattimento generazionale che vede ragazzi, giovani e adulti accomunati da una medesima dinamica: nel modo di vestire, parlare, comportarsi, ma soprattutto nelle relazioni e negli affetti che rivelano le stesse difficoltà.
Leggiamo alcuni passaggi di un libro interessante (A.Matteo: Tutti muoiono troppo giovani). È sotto gli occhi di tutti un duplice, impressionante fenomeno legato all'adulterazione dell'età adulta: da una parte, si fa strada un continuo surriscaldamento globale delle famiglie, nelle quali i bisogni dei figli vengono soddisfatti ancor prima di essere espressi, finendo a lasciar presagire preoccupanti scenari tra le generazioni coinvolte in questa ossessiva rincorsa di affetto, protezione e controllo; dall'altra, va tragicamente registrata una costante glaciazione dei rapporti sociali, segnati da marcati fenomeni di concorrenza spietata, scorrettezza senza esclusione di colpi, illegalità diffusa, difesa a oltranza di posizioni di potere, di rendita e di prestigio...
Ecco il punto: famiglie troppo calde e spazi sociali troppo freddi. Insomma paradiso e inferno, separati solo dall'uscio di casa.
E l'effetto intergenerazionale, qual è? È che i figli a casa hanno tutto, in società mancano di tutto; a casa la vita appare loro senza domande, in società appare senza risposte. Di questo sono responsabili gli adulti, indotti dalla loro longevità a credere in una sorta di personale giovinezza immortale, la quale fa sì che essi pongano in essere le condizioni perché i giovani - quelli veri - non crescano, non mettano il naso fuori di casa (tanto è il gelo), e soprattutto non vengano a reclamare nella pubblica piazza il loro posto, non incalzino con le loro prerogative disattese questi adulti del «come te li porti bene i tuoi settant'anni», non li scalzino dalle loro poltrone: insomma, non li dichiarino vecchi. Semplicemente mortali.
Insomma, non possiamo parlare della vita dei giovani – e della fede e del modo di amare e... - senza parlare degli adulti.
Un sinodo anche per loro?
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