Carlo Acutis

Carlo Acutis

Nella basilica di San Francesco viene beatificato Carlo Acutis, morto il 12 ottobre 2006 a Monza; aveva 15 anni ed è spirato a causa di una leucemia fulminante. Una tragedia, umanamente parlando. Una fine assurda per la repentinità e per la parabola che si veniva ad interrompere, così in ascesa, così ricca di prospettive.

Rampollo di una famiglia di primo piano del mondo finanziario italiano, adolescente prestante, dal carattere vivace e particolarmente socievole, Acutis era un ragazzo che, come si suol dire, avrebbe potuto fare di tutto nella vita. "La sua fama di santità è esplosa a livello mondiale, in modo misterioso – spiegava qualche tempo fa monsignor Ennio Apeciti, responsabile dell’Ufficio delle cause dei santi dell’arcidiocesi di Milano - come se Qualcuno, con la “Q” maiuscola, volesse farlo conoscere. Attorno alla sua vita è successo qualcosa di grande, di fronte a cui mi inchino».
Carlo, nato a Londra nel 1991, dove i genitori si trovavano per motivi di lavoro, fu segnato da una pietà profonda quanto precoce. Fece la Prima Comunione, con un permesso speciale, a sette anni. Fu un adolescente da Messa e Rosario quotidiani. Maturò un amore vivo per i santi, per l’Eucaristia, fino ad allestire una mostra sui miracoli eucaristici che oggi è rimasta online e ha avuto un successo inaspettato, anche all’estero.
Sportivo e appassionato di computer, (tanto che lo si pensa come prossimo patrono del settore) era «così bravo, così dotato da essere riconosciuto tale da tutti, ma senza suscitare invidie, gelosie, risentimenti. La bontà e l’autenticità della persona di Carlo hanno vinto rispetto ai giochi di rivalsa tendenti ad abbassare il profilo di coloro che sono dotati di spiccate qualità». Carlo inoltre «non ha mai celato la sua scelta di fede e anche in colloqui e incontri-scontri verbali con i compagni di classe si è posto rispettoso delle posizioni altrui, ma senza rinunciare alla chiarezza di dire e testimoniare i principi ispiratori della sua vita cristiana». Il suo era «il flusso di un’interiorità cristallina e festante che univa l’amore a Dio e alle persone in una scorrevolezza gioiosa e vera. Lo si poteva additare e dire: ecco un giovane e un cristiano felice e autentico».
In ospedale, posto di fronte alla morte, nella tenerezza dei suoi 15 anni, Carlo disse: «Offro tutte le sofferenze che dovrò patire al Signore, per il Papa e per la Chiesa». Scrisse un giorno questa frase: «Tutti nasciamo come degli originali, ma molti muoiono come fotocopie». Non fu il suo caso.

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