Recuperare o aprire?

La Pandemia ci ha posto di fronte a tanti interrogativi e tanti ne pone ancora in questa fase ulteriore.

Alla luce di questi ci siamo confrontati con i Consigli parrocchiali e i catechisti, giungendo ad alcune scelte che riguardano sia i gruppi di catechesi che i Sacramenti, come spazi di ri-costruzione di una possibile vita umana e fraterna. Abbiamo cominciato a celebrare i Sacramenti che erano in programma per il maggio scorso; qualcuno dice che li stiamo recuperando. Ma, attenti: il Sacramento non è da "recuperare' come se il Covid fosse stata una parentesi. Il Vescovo Francesco nella sua lettera è chiaro: “La pandemia non è una parentesi, che prima o poi si chiuderà. Oltre, e non dopo, la fase 1,2,3... risuona un’istanza di cambiamento, di conversione: dalla prevalenza dell’individualismo ad un rinnovato senso di comunità. La pandemia non è una parentesi per noi cristiani, che, mai come oggi, abbiamo vissuto insieme a tutta l’umanità, il mistero della Pasqua di morte e risurrezione.”
Allora, se non si “recuperano” perché li facciamo? Perché apriamo un cammino, non posticipiamo; è un'opportunità nuova di riporre al centro quello che per la Comunità cristiana è imprescindibile: la relazione fraterna. Partiamo da qui, anche con i più piccoli. Il sacramento si pone come dono della Comunità al cammino esistenziale di ciascuno in una dinamica relazionale condivisa che è costitutiva; senza la relazione comunitaria non si dà il sacramento. Allora, l’aver ripreso in Comunità alcuni appuntamenti ci fa dire che lo possiamo fare anche con i ragazzi, ben sapendo che “parola ed esempio” sono fondamentali, ancor più adesso. Il sacramento non è e non può essere ridotto al premio per il cammino fatto, bensì esprime, in un gesto concreto, la gratuità del suo amore che si dà nel nostro amore. E necessario ripartire da qui, dal fare e vivere la Comunità. Celebrare un sacramento è questione di vita.
Non si tratta semplicemente di conseguire una preparazione teorica che consente di "capire" astrattamente ciò che avviene: comporta una consuetudine di vita; richiede di "sentire" la Comunità con la quale si vive il sacramento; domanda di toccare con mano lo spessore esistenziale del rito; esige la disponibilità a condividere con altri dentro la Comunità i propri vissuti, le proprie attese, i propri cammini, in riferimento ai sacramenti che si celebrano. Dunque, non “recuperiamo” nulla, ma apriamo percorsi.

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