Occhi chiusi

Occhi chiusi

Dopo la messa al Cimitero, una bambina che ha fatto la prima Comunione quest’anno, si ferma, accompagnata dalla nonna, perché deve chiedermi due cose. Una di queste è: ”Perché a volte, nella messa, chiudi gli occhi?” Le rispondo che è per concentrarmi meglio. Ha capito e sorride. Poi ripenso a quando li chiudo.

All’inizio, nel momento dell’atto penitenziale, in particolare quando, stendendo le mani sull’assemblea dico: ”Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca tutti alla vita eterna”. Gli occhi chiusi dicono qui che quella misericordia che invoco sull’assemblea, la sto chiedendo anche per me, perché in quel “tutti” che io aggiungo alla formula, mi ci sento profondamente dentro.
Poi, dopo la riflessione, nel silenzio che precede il Credo (nella Domenica) o le preghiere dei fedeli, perché la Parola che ho proclamato e annunciato è la stessa che mette allo specchio – a volte al muro - anche me.
Il terzo momento è alla consacrazione, andando al clima dell’ultima cena, al testamento d’amore che ci ha affidato il pane spezzato e il sangue versato, sostegno e farmaco della vita.
Ancora, nel silenzio dopo la Comunione, per un grazie che rinnova il cammino.
E da ultimo, alla benedizione finale, perché l’Onnipotente nell’amore mostri a tutti il suo volto.
San Francesco, come abbiamo visto con i ragazzi ad Assisi, direbbe «Il Signore ti benedica e ti custodisca, mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Rivolga verso di te il suo sguardo e ti dia pace. Il Signore benedica te, frate Leone.»
Sì, a volte chiudo gli occhi. Anna... ci vede bene...

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