I tre sinottici descrivono l’ultima fase terrena di Gesù come una salita verso Gerusalemme. Una salita lunga, dove, ad ogni passo, siamo messi di fronte a delle sfide e scelte decisive tra Gerusalemme e Babele. Babele è il simbolo della gloria senza croce, dell’illusione mortale, mentre Gerusalemme è il simbolo della croce che conduce alla gloria. A Gerusalemme si impara il grande mistero della vita, cioè la vita che scaturisce dalla morte. Chi non capisce questo mistero rischia di disperdere la sua vita. Quando esco di casa sono di fronte all’altro: il cattolico della mia confessione (a Gerusalemme ci sono sette differenti Chiese Cattoliche), le altre Chiese Cristiane (a Gerusalemme ci sono quattordici differenti Chiese Cristiane), le altre religioni (Islam e Giudaismo), e poi il mondo intero nei volti di tutti i pellegrini di tutte le religioni, confessioni e popoli. Vivere a Gerusalemme vuol dire dilatare il proprio cuore alla misura del mondo. Ma ci sono anche le realtà verticali: Dio è presente in ogni pietra di questa città. Tutto parla di Lui. Non posso credere che tutto questo sia un caso della storia, una fatalità. Sono sicuro che tutto questo è parte di una storia della salvezza che da sempre è in corso e che sempre rimarrà in corso. Dio ha voluto tutto questo per fare di Gerusalemme un laboratorio di nuova umanità. La Città Santa ci mette di fronte a una scelta fondamentale: fare di Gerusalemme, e quindi della nostra umanità un cimitero comune oppure farne un giardino dove Dio giunge all’incontro con la sua umanità, come nel giardino paradisiaco all’inizio della Genesi. Ho vissuto a Gerusalemme trentacinque anni: questa città mi ha dato tanto. Lì ho imparato che non posso essere uomo se non insieme ad altri uomini e che non posso essere cristiano se non con gli altri cristiani, che non posso essere credente se non con gli altri credenti. Ho imparato che la mia identità non può essere chiusa , ma aperta e che non può essere completa senza la ricchezza dell’altro e dell’Altro e che la logica del “io o lui” è una logica di morte, mentre la logica del “io e te” è una logica di vita. Questo è il mistero di Gerusalemme, una città pasquale per eccellenza.
Rafiq Khoury parroco di Bir Zeit in Palestina
|
|