letterina 20110902

L'affondo 

Risposte

Il nostro mondo è potuto crescere ed evolversi per la capacità che ha l’uomo di interrogarsi e porsi delle questioni. E’ questa un’epoca dove si cercano e trovano soluzioni a tanti problemi e al contempo un’epoca che sembra aver dimenticato che nessuna risposta può mai esaurire la domanda. Che cos’è infatti il progresso se non dare risposte sempre parziali a quesiti sempre parziali? Gli ingegneri, i tecnici costruiscono così il loro impero di credibilità su un fraintendimento sostanziale; le loro risposte, che si chiamano ogni volta scoperte e invenzioni, in verità non soddisfano nessuna domanda: come cinquecento, come mille anni fa, come sempre, noi non siamo ancora in grado di interrogare l’essenziale. Questo sarebbe semmai il compito della sapienza; la scienza non basta, non c’entra oppure non ci arriva. Viviamo in un’epoca di oscuramento delle domande perché siamo troppo sbilanciati sulle soluzioni. La tecnica ha cancellato quest’altra dimensione di senso implicita in ogni nostro questionare e interrogare. L’ ha allontanata sullo sfondo e ha trasformato tutto in problema dicendo che le uniche risposte ammissibili sono le sue. Ma l’uomo, malgrado tante certezze e tanti miglioramenti esteriori, non sta meglio. E’ rimasto ancora più solo, si sente ancora più spiazzato. Se ne accorge quando scopre che lui o un suo familiare o un amico sono malati. Lo avverte come angoscia quando è costretto a pensare alla morte...L’uomo moderno, è più solo anche se ci sono le scienze. E’ più solo perché ha smesso di pensare alle domande, alle questioni, le uniche attorno alle quali può esserci comunione e solidarietà, le sole che non ammettono risposte ma soltanto percezione, seppure vaga, di  qualcosa che ci trascende, nel quale siamo come ospiti o come viandanti e al quale dovremmo adattarci come ospiti e come viandanti. Invece preferiamo mostrare sicurezza, la sicurezza un po’ arrogante delle nostre risposte che nasce sul fondo di una insicurezza sulla quale abbiamo smesso di riflettere, sulla quale non meditiamo più, che rifiutiamo come non nostra, come se non ci appartenessero la precarietà, la fragilità, la solitudine, la finitezza, il limite, la negazione, che invece sono gli elementi costituitivi della nostra sostanza. 
Lucio Coco in Piccolo lessico della modernità  

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