letterina 20120115

Divertimento o stordimento?

Lo scorso anno il capo della polizia della città inglese di Nottingham, esasperato dalla situazione che ogni sabato si trovava a gestire, obbligò due dirigenti comunali a salire sulla sua macchina per andare a vedere con i loro occhi la situazione. Una mossa ad effetto con un unico obiettivo: quello di fare uscire dalla clandestinità l’emergenza dell’alcolismo tra i giovani. A Nottingham come a Bergamo e in tutte le città italiane, le statistiche snocciolano dati impressionanti, resi noti nei giorni scorsi anche su queste colonne. Il 41,4% degli studenti bergamaschi interpellati dall’Osservatorio delle dipendenze dell’Asl di Bergamo, e il 30,8% delle studentesse, hanno ammesso di aver sperimentato nell’ultimo mese il “binge drinking”. Una formula non facilmente traducibile in italiano ma che indica qualcosa di più di una “sbronza”: un bere ripetutamente in modo compulsivo, col deliberato intento di stordirsi sino a perdere i sensi. Un modo di bere senza sorseggiare, ma trangugiando l’alcol tutto d’un fiato. Già due mesi fa l’Osservatorio permanente giovani e alcol, presentando i dati delle ultime ricerche Doxa, aveva evidenziato una tendenza preoccupante: mentre cala il consumo complessivo di alcolici, cresce l’allarme per gli eccessi giovanili, soprattutto per le nuove abitudini “fuori pasto” (gli happy hours, per esempio). Ma il vero problema  è che nessuno sembra rendersi conto di questa deriva che sta segnando le abitudini dei ragazzi. Lo si è spiegato come un fenomeno dettato più da una voglia di divertirsi che come sintomo di un malessere generazionale. Ma alla domanda rivolta ai ragazzi sul perché si lascino andare al “binge drinking”, la risposta largamente maggioritaria è una sola: per vincere la noia. Quindi l’esatto opposto di quel che, con troppa superficialità, si presumeva. E non sono affatto superficiali le conseguenze che questi eccessi estemporanei lasciano sul fisico dei ragazzi.  Ora ci si chiede giustamente quali misure siano più efficaci per arginare un fenomeno che riguarda tutto il mondo occidentale. In Canada e in Inghilterra ad esempio hanno studiato un rincaro degli alcolici, avendo verificato che ogni aumento del 10% del costo delle bevande determina un 3,4% di minori consumi. Dalle discoteche arriva la richiesta di una proibizione d’ingresso ai minorenni o comunque di divieto di vendita di alcolici. E c’è chi ha sperimentato la “chill out” area dove i ragazzi potranno fare una pausa dai balli scatenati in discoteca, rilassarsi per alcuni minuti e parlare con degli operatori. La sensazione però è che non serviranno a molto se la questione giovanile non verrà assunta nel suo complesso: a partire dal tema del lavoro, del futuro e del gusto di costruirsi una vita, che oggi a troppi ragazzi appare come un percorso proibito.

Giuseppe Frangi (da un articolo de l’Eco di Bergamo del 10/01/2012)

 

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