Divertimento o stordimento?
Che società è una società incapace di comunicazione profonda e in cui l’arbitrio personale e la soddisfazione immediata delle pulsioni del singolo sono divenute la legge dominante? E’ la società che abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni, una società in cui i miasmi delle decomposizione già da tempo ammorbano l’aria. Distrutto il rispetto dell’uomo per se stesso, cancellata l’idea che il costruire sia alla base di un’esistenza piena, distrutto il senso di appartenenza, ridicolizzato il timore per il mistero, snaturato il rapporto tra le generazioni, che cosa rimane? Rimane lo spazio per poteri sinistri e forti, per la loro azione volta a trasformare la complessità dell’uomo nella devota moltitudine delle formiche. La crisi economica degli ultimi anni è la crepa che si è aperta in un terreno troppo a lungo secco. L’aridità antropologica ha generato l’aridità economica ed è stato un bene perché, davanti alla grave concretezza del problema, molti finalmente hanno aperto gli occhi, stupefatti. Oh! C’è qualcosa che non va nel nostro mondo! Svuotato il Cielo, tra gli uomini è subito scesa l’ebrezza della libertà. Emancipati dall’arcaica idea di Dio, ci siamo convinti di poter ottenere tutto: pace, progresso, uguaglianza. Tutto sembrava a portata di mano, la buona volontà illuminava il futuro, la ragione avrebbe distrutto ogni antico residuo di schiavitù rendendo l’uomo felice paladino dei suoi giorni. Ma l’ebrezza e la lucidità sono simili a due piatti di bilancia contrapposti: più pesa l’una, meno pesa l’altra. Se la lucidità avesse preso il sopravvento, sarebbe stato relativamente facile comprendere che, distruggendo, si crea soltanto una distruzione, come anche capire che la natura non ama il vuoto e che un Cielo sgombrato dal suo legittimo proprietario si popola rapidamente di una miriade di chiassosi abitanti abusivi. L’ abbondanza di questi abitanti – gli idoli – ha reso l’uomo schiavo di mille padroni e, in questa moltitudine di voci e di richiami, ha finito per smarrire il senso della direzione. Vagando nella nebbia lentamente ha iniziato a confondere i confini di se stesso. Chi sono? Dove vado? Cosa sono? Non sono più un chi – persona – ma una cosa. E come cosa, fluttuo, insieme alle altre cose, nell’apparente allegria di questo naufragio senza meta. Da Susanna Tamaro, L’isola che c’è
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