Tavola e comunione
Se c’è “casa”, molte cose ruotano attorno alla tavola. Anzitutto si strutturano intorno ad essa i “riti del pasto”, delicatissime soglie di dipendenza e di comunione, di con-vivenza e di autosostentamento. La comunione e la comunicazione si intrecciano: mangiare e parlare, parola e pasto sono analoghi e correlati. Il pasto solitario o la parola che non si lascia nutrire dall’altro, sono degenerazioni dell’esperienza familiare, oggi intaccata profondamente dalle pratiche televisive e dalla divisione dei tempi di lavoro. La “pausa pranzo” non riesce mai ad essere pienamente festiva: ma un pranzo ridotto ad autosostentamento significa mangiare la propria condanna. Le tradizioni monastiche hanno percepito la delicatezza di questa soglia, trasformando il pasto in un atto di ascolto silenzioso. Il pasto intorno alla tavola è un surplus comunicativo, tanto necessario quanto la funzione elementare del “mantenersi in vita”. Ma la fame, nell’uomo, non è quella “di solo pane”. Chi mangia insieme vive insieme, e, reciprocamente, per vivere insieme bisogna mangiare insieme. Intorno alla tavola si gioca una parte non secondaria della nostra “convivenza”. Anche quando alla tavola giunge l’altro, l’ospite, lo straniero.
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