Intorno al perdono (anche d'Assisi)
Una società che non conosce Dio ha smesso di elaborare il tema del peccato e di riflettere sul suo significato. Una società laica e agnostica tende, nella migliore delle ipotesi, a tradurre il peccato con tutto ciò che va contro la legge; rompere le regole del patto sociale, danneggiare oppure ledere i diritti degli altri: questa ad esempio potrebbe essere la traduzione moderna del termine peccato. Eppure “peccato” non è solo “andare contro la legge”. Il peccato ha una sua natura e una sua connotazione decisamente più morale che giuridica, nel senso che un peccato è sempre anche un atto contro di sé, contro la propria integrità, un mancare alla propria autenticità. L’offeso non subisce il peccato di un altro, l’azione di cui è vittima ha una sua oggettività, quella che si valuta nella colpa. Perciò per la sua natura intima e intrinseca un peccato non può esaurirsi nella colpa. Infatti se la pena estingue la colpa, la stessa pena non può estinguere il peccato. Perché il peccato possa essere estinto c’è bisogno del perdono. L’importanza del perdono infatti non sta nel cancellare il peccato e neppure nel rimuoverlo. Esso non ha l’effetto di lavare o di smacchiare. Ormai lo sbaglio è stato commesso ed esso, in sé, rimane irreparabile. Nessuna pena può bastare. L’importanza di questo gesto sta allora nel fatto che ci giustifica. Perdono vuol dire che qualcuno capisce il nostro limite e ci comprende; qualcuno ci ama nel nostro limite. In tal modo il limite cessa di spaventarci. Non lo sentiamo come un ostacolo che ci impedisce di vivere il mondo. Noi abbiamo bisogno di questo per i nostri peccati. Il perdono integra la parte scissa, non afferma né nega, nel senso che non emette giudizi, in conformità con quanto dice il Signore: “Non sono venuto per condannare il mondo” (Gv 12,47). Questo è semmai il compito della legge. Siamo stati perdonati vuol dire che siamo stati capiti, vuol dire che andiamo bene così. Noi stessi ci guardiamo con meno sospetto, diventa tutto più tollerabile perché qualcuno ci ha amati. Qualcuno che viene a cercare chi ha offeso, che viene a medicare le sue ferite dell’anima, perché anch’egli, come chi è stato offeso, ha bisogno di un lenimento, di un balsamo perché non si irrigidisca, non divenga sospettoso di sé, non si chiuda nell’ombra e alla bellezza del mondo. Noi abbiamo bisogno di questo perdono che cerca l’uomo, lo cerca e lo salva: prima che la sua rabbia possa trasformarsi in rancore e in di distruttività.
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