letterina 20130202

Una carezza di don Benzi

<<Quel giorno di 11 anni fa, al mattino presto ci presentammo in ospedale a Rimini per abortire – racconta Francesca -. Eravamo ragazzini e venivamo dal profondo Sud. A Rimini eravamo arrivati per lavorare in un hotel sul lungomare, ma dopo due mesi mi scoprii incinta. I miei genitori fino ad allora non mi avevano mai lasciato uscire la sera, avevano principi solidi e “inviolabili”>>.
Ma Francesca e Giuliano li avevano violati, e ora il terrore di dover confessare la gravidanza li aveva portati sulla soglia di quell’ospedale. Un mese e mezzo prima un ginecologo le aveva fatto sentire il battito del cuoricino. <<<non avevo paura della creatura che mi cresceva in grembo – racconta Francesca-, ma del fatto che a lasciarmi partire era stata mia madre, prendendosi ogni responsabilità nei confronti di mio padre. Temevo che avrebbe pagato lei il mio errore.>>. Senonché sulla porta dell’ospedale, come spesso accadeva, c’era don Benzi con i suoi volontari, lì a pregare per i bambini che non sarebbero mai nati e per i loro genitori. <<Dietro ogni madre che chiede di abortire c’è una donna che in realtà chiede aiuto>>, sosteneva lui.
<<Il ginecologo invece mi aveva detto solo che a 18 anni non era il caso di avere un figlio e che mi conveniva abortire, le mie amiche confermavano, tutto mi spingeva a farlo. Solo Giuliano era fiducioso>>.
Gli stessi medici del consultorio...le fecero solo fretta: doveva abortire al più presto, punto e basta. Ma quel mattino lo strano prete sorrise ai due ragazzi, li abbracciò e appoggiò una mano sul ventre della ragazza: <<Che bel nome hai, Francesca – disse -. Anche il tuo bambino si chiamerà Francesco, il figlio del sole>>. <<Le nostre paure sparirono, finalmente a qualcuno importava di noi. Così tornammo a casa>>, ricorda Giuliano.
Il bimbo che avrebbe dovuto nascere dopo la metà di aprile, anticipò al 2 del mese, giorno di san Francesco da Paola. E Francesco si chiama. <<E’ il primo della classe>>, dice di lui il padre, mentre fuori dalla sala il piccolo gioca, ignaro di essere al mondo perché quel 7 settembre don Oreste non era da un’altra parte.

Oggi i due giovani sono marito e moglie...<<Ogni volta che guardo Francesco provo tanta vergogna – confessa la madre -; non so perché Dio mi ha voluto fare un dono tanto grande. A tutti i ragazzi come noi diciamo di farsi aiutare, perché quel bambino nella pancia grida: “Mamma, ho paura di morire, aiutami tu”. Nessuno dice cos’è davvero l’aborto: se io avessi immaginato che quel bimbo  viene letteralmente fatto a pezzi, mai ci avrei pensato>>.
Quando ai genitori confessarono di aspettare un figlio, furono respinti e si rifugiarono nella Comunità di don Oreste, ma il bene è molto contagioso e <<i nostri genitori un giorno ci hanno detto: vi perdoniamo proprio perché non avete abortito>>. Don Oreste non salvò solo Francesco – assicurano – ma tutti loro, <<perché oggi altrimenti non saremmo sposati>>, e soprattutto <<adesso non aspetteremmo il nostro secondo bambino>>. 

Francesca e Giuliano


 

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