Vita futile?
Alfie Evans è riuscito a far fermare, seppure per alcuni giorni, il mondo. Sì, la sua vita “futile”, come avevano sentenziato i medici, ha fatto riflettere un’umanità assai diversa e troppo spesso distratta dall’ effimero che non si rende conto che la vita corre velocissima, come quella di questo bambino di 23 mesi affetto da una grave quanto ignota patologia neurodegenerativa. Neppure gli appelli e i gesti concreti di Papa Francesco, al quale si era rivolto il papà di Alfie, sono bastati per portare il piccolo in Italia, dove il governo gli aveva conferito la cittadinanza, e tentare di curarlo al Bambino Gesù, l’ospedale pediatrico della Santa Sede. La morte del piccolo “gladiatore” che “ha posato lo scudo e si è guadagnato le ali”, come ha scritto Thomas Evans su Facebook, non può essere archiviata rapidamente come un qualsiasi evento di cronaca. E non si può consentire che diventi oggetto della strumentalizzazione politica di alcuni.
Non è certo un caso se, proprio nel giorno della morte del piccolo, il Papa ha sottolineato che “la scienza, come qualsiasi altra attività umana, sa di avere dei limiti da rispettare per il bene dell’umanità stessa, e necessita di un senso di responsabilità etica. La vera misura del progresso, come ricordava il beato Paolo VI, è quello che mira al bene di ogni uomo e di tutto l’uomo”. Per Bergoglio, infatti, “è fondamentale che aumenti la nostra consapevolezza della responsabilità etica nei confronti della umanità e dell’ambiente in cui viviamo. Mentre la Chiesa elogia ogni sforzo di ricerca e di applicazione volto alla cura delle persone sofferenti, ricorda anche che uno dei principi fondamentali è che non tutto ciò che è tecnicamente possibile o fattibile è per ciò stesso eticamente accettabile”. E in un twitt scriveva: “Sono profondamente toccato dalla morte del piccolo Alfie. Oggi prego specialmente per i suoi genitori, mentre Dio Padre lo accoglie nel suo tenero abbraccio”.