Si sta come d'autunno...
Ciò che immediatamente evoca la stagione autunnale è il cadere delle foglie dai rami degli alberi. In realtà, prima di cadere, esse mostrano una livrea sorprendente di mille colori e trasformano il giardino o il bosco in un luogo di bellezza unica. Ma, certamente, ciò che prima di tutto evoca l'autunno è proprio questo: siamo fragili e viviamo in una situazione di precarietà. Come non ricordare la fulminante poesia di Giuseppe Ungaretti (1888-1971), datata 1918 e intitolata Soldati?
Si sta
come d'autunno
sugli alberi
le foglie
Questi brevissimi quattro versi rimandano all'esperienza durissima che l'autore stava vivendo: egli era uno di quei soldati che danno il titolo al componimento. Ma, più universalmente, questa esperienza di precarietà prende, prima o poi, ognuno. E il cadere delle foglie dagli alberi ne è uno dei simboli.
Leggendo, ho trovato anche un'altra poesia di un autore nato in Grecia ma di origine turca, Nazim Hikmet (1902-1963), intitolata Veder cadere le foglie...
Veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali
Soprattutto se sono ippocastani
soprattutto se passano dei bimbi
soprattutto se il cielo è sereno
soprattutto se ho avuto, quel giorno,
una buona notizia
soprattutto se il cuore, quel giorno,
non mi fa male
soprattutto se credo, quel giorno,
che quella che amo mi ami
soprattutto se quel giorno
mi sento d'accordo con gli uomini e con me stesso.
Veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali
dei viali d'ippocastani.
Nelle parole di questa seconda poesia c'è come un grido, un'obiezione tragica alla vita, potremmo dire anche a Dio:
perché la vicenda umana ha in sé delle esperienze così entusiasmanti da convincere l'uomo ad amarla e poi delle smentite così crudeli?
Perché i giochi di bambini sereni, una bella notizia che rende sereno il giorno, l'amore tra un uomo e una donna, la convivenza pacifica debbano trovare, prima o poi, la smentita della caducità?
Perché tutto ciò che è buono è così fragile e presto se ne va?
In questi giorni dei morti siamo chiamati a lasciare che questa domanda trovi la sua eco nel nostro cuore e nella nostra mente.
Non siamo davvero uomini se non lasciamo che questa domanda emerga nella nostra consapevolezza.
Don Giampaolo T.
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