Campanile della Chiesa Prepositurale di Palazzago
Non ti ingannino la mia altezza (49,50 m) e la mia robustezza (data dalle belle pietre): io non sono sempre stato così.
Sono nato intorno all’anno mille, come torre d’avvistamento e successivamente, nel XV secolo, sono diventato addirittura una chiesa. Sì, una delle chiese costruite con il passare degli anni per raccogliere i fedeli che, sotto la volta a vela di circa 8 metri che ancora oggi puoi vedere, pregavano e cantavano.
Ho seguito passo passo molte vicissitudini del luogo, come quando nel 1344 questa contrada decise di staccarsi da Pontida creando una Parrocchia sotto la protezione di San Giovanni Battista. Proprio il precursore è rappresentato al centro della volta, con la testa rivolta ad occidente, cioè verso la porta dell’antica chiesa, con gli attributi classici del bastone a forma di croce con cartiglio e il dito alzato verso l’alto. I raggi che da lì partono arrivano alle quattro vele con medaglioni dipinti, che raffigurano la visita di Maria a Santa Elisabetta, la nascita di Gesù con il Bambino adagiato sul manto della Madonna, il battesimo di Cristo, Sant’Antonio abate con Sant’Atanasio, vescovo di Alessandria d’Egitto che scrisse la vita di Antonio. Forse vorrai sapere chi ha dipinto queste opere: se non sbaglio furono i Baschenis di Averara, che poi divennero molto famosi nella bergamasca e non solo.
Ben visibile è anche il clipeo con il “signum Christi” e le lettere IHS, che sono le prime tre lettere del nome di Gesù, simbolo nato da San Bernardino da Siena, che visitò più volte la terra bergamasca tra il 1417 e il 142. Ma il gusto (o la moda, come oggi preferite chiamarlo) stava cambiando e allora le pareti vennero preparate per accogliere nuovi affreschi, sovrapponendoli ai più antichi.
Si pensò di dipingere una architettura che desse la sensazione di una cupola dalla quale intravedere il cielo azzurro, attraverso aperture circolari. Tutto questo con lo svolazzo di angeli che soffiavano in trombe dorate. Ne puoi vedere chiaramente alcuni scorci dopo l’ultimo restauro.
Eravamo nel settecento e fino a quel momento io ero il coro della chiesa che venne però demolita perché nel 1728 iniziò la costruzione dell’attuale bella chiesa parrocchiale. Anche lo scurolo, che era una cappella dedicata all’Immacolata, cambiò destinazione e venne utilizzato per le tombe dei sacerdoti. Pensa che dal 1756 al 1817 ne vennero sepolti trenta.
Intanto, però, la chiesa aveva bisogno di un campanile vero e proprio ed è allora che si pensò a me, facendo passare altre corde delle campane nella volta, fino a quando la tecnica ha permesso di renderle elettriche. Ma è stato bello, per tanti anni, vedere arrivare, a volte anche di corsa, i sagristi, per tirare dal basso le campane e sentirli dare consigli ai ragazzi che si lasciavano trascinare in alto dal peso del bronzo.
Nel 1900 il prevosto don Antonio Andreoletti (1895-1905) e la Fabbriceria incaricarono l’architetto don Antonio Piccinelli (1843-1903) di alzare la torre campanaria e di portarla all’aspetto attuale (sai, non stava bene che il campanile fosse più basso dell’imponente chiesa). E così, utilizzando pietra calcarea locale, la stessa della primitiva costruzione e lo stesso stile di lavorazione, sono cresciuto fino all’altezza attuale, raddrizzando anche quel lato che era un po’ ceduto nel corso degli anni.
Nel 1914 sono entrato nell’elenco del Ministero della Pubblica Istruzione, tra gli edifici monumentali della Provincia di Bergamo come “torre campanaria medioevale con tracce d’affreschi”. Ma devo ricordare ancora un fatto desolante: il 13 febbraio 1943 dalla cella campanaria suonarono, in onore della Madonna di Lourdes, gli ultimi rintocchi del concerto di campane. Poi vennero requisite le due più grandi, per utilizzarne il materiale per esigenze belliche. Pensa un po’: campane trasformate in cannoni. Bisogna aspettare il 6 giugno 1954, quando il Vescovo Giuseppe Piazzi (1953-1963) consacrò due nuove campane della Ditta Giovanni Battista de Poli di Udine. La maggiore, oltre alla dedica ai morti della guerra, porta incisi i nomi dei parrocchiani caduti nelle due guerre mondiali. Padrino fu Giuseppe Butta e madrina Attilia Riceputi. Della seconda, dedicata alla beta Vergine Maria, fu madrina Teresa Cimadoro.
Voglio concludere con una curiosità. Durante gli ultimi lavori, i restauratori hanno tolto due pietre delle pareti interne, trovando dietro la prima un pettine in legno di bosso di colore rosso insieme a uno spago annodato a mo’ di rete e dietro l’altra lo scheletro di un topolino con dei pezzi di stoffa: oggetti simbolici, forse nascosti perché legati a qualche rituale popolare contro il malocchio... Ripuliti, sono stati di nuovo murati.
Bene, ti ho raccontato qualcosa di me, così quando passi e mi vedi svettare verso il cielo o senti i rintocchi delle campane che si diffondo tutt’intorno, sai che sono a custodia di Ca’ Plazi (il centro) e di tutto il paese già da molto tempo. E voglio continuare ad esserlo.