Casa di Comunità
A forza di vedere i bellissimi disegni della chiese delle nostre Parrocchie, mi sono chiesta: e io chi sono? E’ vero, non sono una chiesa, con tutte le opere d’arte in esse racchiuse e con una storia di molti secoli, ma anch’io sono stata vincolata dalle Belle Arti e quindi significa che un valore ce l’ho. Inoltre, dopo tutti gli anni di attesa, di progetti, di lavori e di... soldini, perché non posso avere anch’io un bel ritratto? Ed eccolo qui.
Ricordo bene ciò che il Vescovo Francesco diceva il 10 giugno 2017, giorno dell’inaugurazione: “Quando ho visto quello che avete fatto per accogliermi, sono rimasto, ero commosso, ero felice. Sono stato conquistato dalla bellezza. Chi è capace di resistere alla bellezza? Noi non vogliamo semplicemente una casa, ma vogliamo che la nostra casa sia bella. Può essere bella in mille modi. Però deve essere bella.”
L’angolazione con cui sono stata qui ritratta, rende bene l’idea degli spazi che i diversi piani propongono. Dopo molti studi si era deciso di non separare nettamente i luoghi della vita di una casa con quelli comunitari e da qui anche il nome: non più canonica, ma Casa di Comunità. Ancora il Vescovo Francesco diceva: “Io vado a inaugurare chiese, oratori, a benedire altari, sono sempre momenti belli della comunità. E’ la prima volta però, da quando sono a Bergamo, che benedico, inauguro la casa... E adesso spero di non sbagliarmi o di dire cose strane, ma ho visto che noi inaugureremo non “la casa DELLA comunità”, mi ha colpito, almeno che non sia un errore tipografico, ma è la “casa DI Comunità”... Vi devo dire che mi è piaciuto tanto! La comunità in realtà è la vera proprietaria di questa casa. I sacrifici che avete fatto, la rendono ancora più vostra. “Casa DELLA Comunità” indica un possesso legittimo e bello, ci si tiene alle cose che si sentono proprie. Ma questo “DI Comunità” non indica soltanto un possesso, indica un progetto, il futuro di cui abbiamo così tanto bisogno. Come se appunto il farsi della Comunità trova in questa casa una possibilità ulteriore e questa casa offre alla Comunità un segno di riconoscimento, una specie di progetto visibile di quello che è la costruzione quotidiana della vita della Comunità, è una cosa meravigliosa. Dice, non solo il progetto di costruzione della casa, ma che questa casa diventa un emblema del progetto di costruzione della Comunità.”
Entrando, si nota sopra il portoncino una data incisa nella pietra della chiave di volta: 1909. E’ rimasta così, dal secolo scorso, quando sono stata inaugurata. Qui, insieme ai sacerdoti che l’hanno abitata, (don Giovanni Battista Todeschini 1906-1945, don Giovanni Battista Ceroni 1946 – 1953, don Giovanni Migliorini 1953 – 1975, don Franco Lanfranchi 1976 – 1984, don Eliseo Pasinelli 1984 – 1993, don Mario Morè 1993 – 2000, don Elio Artifoni 2000 – 2008), sono entrate persone, storie, fatiche e gioie di una Comunità. E sono anche uscite, per intrecciarsi con i vissuti della gente. Non a caso c’è un ponte a collegare il sagrato alla casa e viceversa: è il segno di un incontro che fa crescere.
Nel giardino poi, ben evidente, si coltiva l’orto, come cifra di un terreno – quello comunitario - da lavorare continuamente, anche quando, magari, non dà i frutti attesi. Insomma un laboratorio di vita, come ci suggerisce il grande tavolo nel salone, adattato da un tavolo di lavoro da falegname.
A dire il vero, per un po’ di anni ho temuto il peggio e cioè che non sarei più stata abitata. Ricordo i lunghi inverni al freddo, l’aria che sibilava tra le finestre rotte, le poche cose rimaste ammassate in un angolo e su tutto un senso di abbandono. Mi consolava però sapere che si continuava a parlarne, se ne discuteva, si scriveva sulla Lettera e si sollecitavano gli Uffici di Curia e della Soprintendenza, addirittura con lenzuola appese al balcone di una casa che il Vescovo, salendo a Burligo per la festa patronale, non poteva non vedere. Ma ora eccomi qui: cucina, segreteria, saloni, cappella, bagni, camere, studio…tutti spazi che fanno di questa casa – come concludeva il Vescovo nella sua riflessione - “la casa delle nostre relazioni, dei nostri rapporti, delle nostre famiglie, delle nostre Comunità. Che sia l’immagine della casa di Dio che è la Trinità. La casa in cui ci abbraccia tutti. Perchè... tutti abbiamo bisogno di trovare la nostra casa.”