Chiesa Prepositurale San Giovanni Battista in Palazzago
Normalmente, quando uno entra per la prima volta qui, dice: “Che bella, che grande!”. E io sono contenta, ma non devi dimenticare il motivo per cui io sono stata costruita così. Lo trovi scritto sulla mia elegante facciata, come su quella di tutte le chiese:
D.O.M. ossia A Dio (Deo) Buonissimo (Optimo) e Grandissimo (Maximo).
Sì, se ci sono è per Lui, altrimenti sarei soltanto un museo.>
Già dagli inizi poi, la comunità che qui si costituì il 20 luglio 1344, volle affidarsi al più grande tra i nati di donna, Giovanni Battista (anche questo lo trovi scritto sulla facciata:
“Non sorexit major Joanne Bapta” e pensò di prendere come patrono il precursore.
Pensa che tra tutti i santi solo per lui c’è la festa della nascita (24 giugno) e quella del martirio (29 agosto).
Ora ti conduco a conoscere qualcosa della mia storia e ciò che qui puoi ammirare.
Innanzitutto la pianta. Venne disegnata a tavolino dal capomastro Candido Micheli che con questa opera divenne anche architetto. Era il tempo in cui a Roma andavano per la maggiore artisti e architetti del calibro di Bernini e Borromini e in bergamasca i Caniana. La frabbiceria del tempo volle che io fossi ottagonale, inscrivendo anche nei muri il senso del cammino su questa terra (sette) verso l’eternità (ottavo giorno). Era il 3 agosto del 1728 e veniva posata la mia prima pietra, sostituendo la più antica chiesa che era ormai troppo piccola.
Ci vollero ben 27 anni per la benedizione dei miei muri anche se già la gente si riuniva qui riempiendo di canti e di preghiere il grande spazio che man mano andava formandosi nel modo che vedi oggi: bello, luminoso, equilibrato come un grande abbraccio che va verso la grande volta ellittica dipinta da Giuseppe Simone Paganelli (Bergamo 1750) con il trompe l’oil (si dice così in francese l’illusione ottica) che rialza lo spazio di due ordini, con cupola e cupolino. Qui si stagliano 4 grandi medaglioni con la scena del diluvio universale (sopra l’altare), del serpente di bronzo (a sinistra), della Regina Ester alla presenza del re Assuero (a destra) e di Giuditta che taglia la testa a Oloferne, generale di Nabucodonosor.
Alcune di queste scene sono riprese dalle 8 grandi statue collocate successivamente nelle nicchie lungo il perimetro della chiesa:
4 donne, Ester, Giaele, Giuditta e la figlia di Iefte,
e 4 uomini, Mosè, Aronne, Daniele e re Davide.
Tenendo però lo sguardo ancora un momento verso l’alto, ecco gli otto pennacchi (i triangoli che raccordano il corpo della chiesa alla volta) che raffigurano i quattro evangelisti: Matteo (Angelo), Marco (leone), Luca (toro) e Giovanni (aquila) e quattro padri della chiesa: San Gerolamo, Sant’Ambrogio, Sant’Agostino e San Gregorio Magno.
Sopra il presbiterio c’è il trionfo della fede sull’eresia (rappresentata questa come una donna rinsecchita, dai capelli di serpenti) e in fondo la gloria di San Giovanni. Non si può non notare il capocielo, opera in legno scolpito e intagliato con la colomba dello Spirito Santo che aleggia sopra l’altare.
In epoca più recente (1980) il presbiterio venne adattato alle esigenze della liturgia del Concilio Vaticano II, scolpendo nel marmo la mensa e l’ambone, i luoghi in cui si spezzano la parola e il pane.
Dietro è rimasto il prezioso altare maggiore in marmo rosso e nero (1750) con il tabernacolo e il ciborio nel quale si espone il Santissimo Sacramento nelle circostanze più solenni, quando viene montato l’apparato del triduo, opera in legno dorato (1800) con centinaia di candele.
La consacrazione avvenne “con solenni cerimonie” molto più tardi, l’8 settembre 1839, quando era vescovo di Bergamo Carlo Gritti Morlacchi e parroco don Rocco Rudelli. Di lì a poco (1842) venne collocata la grande pala d’altare con la predicazione di Giovanni Battista, opera di Giovanni Scaramuzza e nel 1893 le altre due pale, quella a sinistra (nascita di S. Giovanni e imposizione del nome) e quella a destra (decapitazione di S. Giovanni) del pittore Abramo Spinelli.
Ora c’era proprio tutto e le celebrazioni erano ancora più solenni con le note del prestigioso organo. La canna maggiore porta incisa questa scritta: “Fratelli Serassi di Bergamo, 1852”.
Gli altari laterali, che ormai non vengono più utilizzati per le celebrazioni, rimangono a testimonianza delle devozioni legate ai Santi ai quali sono dedicati.
A destra del presbiterio, l’altare con l’opera più prestigiosa, l’Assunta di Giovan Battista Moroni (1564), terza delle quattro tele dipinte dall’artista bergamasco.
Al centro l’altare della Madonna del rosario, la cui processione vene celebrata la prima di ottobre, portando la statua del 1750 rivestita di un prezioso e antico abito.
A destra dell’ingresso l’altare laterale più recente ma con il simulacro più antico e prezioso dell’Addolorata, opera di Fantoni Grazioso il Giovane (1781), restaurata nel 2015, altare cui la preghiera popolare si rivolge spesso, soprattutto attraverso la voce e il cuore delle mamme.
A sinistra del presbiterio, l’altare del patrono con la statua di Giovanni Battista con gli inconfondibili simboli: bastone con cartiglio Ecce Agnus Dei, e agnello, opera di Ghislandi Alessandro del 1940. Viene portata in processione per la festa patronale.
Al centro, l’altare con la reliquia della Santa Croce che giunse a Palazzago nel 1590, donata dal papa Sisto V.
Per la canonizzazione di papa Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II (2014) sono stati aggiunti i loro ritratti e nel 2015 una copia del preziosissimo quadro del ‘600 , “La Veronica del Guercino” donato alla Parrocchia da Mons. Daniele Rota e custodito nel Museo Diocesano Bernareggi, a Bergamo.
A sinistra dell’ingresso, l’altare con la statua di San Giuseppe.
Pregevoli anche la bussola e la acquasantiere che richiamano gli altri due luoghi che si incontrano appena entrati: il Battistero (fons vitae) e la penitenzieria (fons gratiae).
Non mancano opere in legno, scolpite in divere epoche: il coro di noce e radica (1800), i bancali del presbiterio (1800) che hanno inglobato una credenza più antica (1600), il pulpito maggiore (metà 1700) e quello mobile (1800), gli armadi della sagrestia (1700) il bancone paratorio e le cassapanche con schienale (1800).
Numerose opere (tele, quadri, arredi liturgici, paramenti, mobili...) di diverse epoche sono custodite nel museo parrocchiale adiacente alla chiesa, mentre gli affreschi più antichi dipinti da Baschenis sono visibili nella volta del campanile, una torre quattrocentesca rialzata nel 1901 fino agli attuali 49,50 metri. Al centro c’è l’affresco con San Giovanni Battista e ai quattro angoli si riconoscono Santi e scene evangeliche. Si notano pure tracce di affreschi successivi, di chiaro gusto barocco.
“Bene, ti sarai accorto che mi sono lasciata prendere la mano. Sai, come tutte le mamme anch’io sono orgogliosa di ciò che i figli han fatto lungo i secoli e che continuano a fare oggi, vivendo insieme come comunità, perché io come chiesa vivo proprio di questo.