Tre navi, due morali.
Ogni tanto in Parrocchia arriva “Avvenire”. Martedì è stato uno di questi giorni e mi ha incuriosito il titolo dell’editoriale che poi ho letto interamente, trovando un’occasione per riflettere. Ne stralcio alcuni passaggi anche per voi.
In Italia ci sono "porti chiusi" che ogni tanto si aprono; "porti aperti" di nascosto che andrebbero sorvegliati, "porti canali" che sarebbero da spostare. E nell’approdo in queste banchine di tre navi – ognuna con carichi diversi: l’uno di vita, l’altro di morte, il terzo soprattutto di denaro – stanno racchiuse molte delle contraddizioni del nostro Paese.
Il primo porto è Genova, dove ha attraccato la nave della Marina Militare "Cigala Fulgosi" alla fine di due giorni di navigazione dal mare di fronte alla Libia, dalle cui acque aveva tratto in salvo cento persone. Tra loro 17 donne, 6 incinte, 23 minori, alcuni di qualche anno appena e 11 rimasti soli, non accompagnati. Naufraghi dell’esistenza prima ancora che del Mediterraneo: ragazzi e adulti che hanno attraversato deserti di sabbia, si sono persi nei gironi infernali dei trafficanti in Libia, sono stati fatti partire su un gommone lasciato poi, mezzo sgonfio, alla deriva.
Il secondo porto è invece quello di Cagliari, dove giovedì scorso si è infilata di sera, senza preavviso, la "Bahri Tabuk". Una nave saudita, giunta da Marsiglia per caricare anonimi container che in realtà celano bombe in grado di radere al suolo intere città. Sono gli ordigni fabbricati in Sardegna dalla Rwm che riesce a "oltrepassare" la legge che vieta al nostro Paese di commerciare armi con Paesi coinvolti in conflitti bellici, come in questo caso l’Arabia Saudita impegnata nella guerra in Yemen che sta mietendo decine e decine di migliaia di morti e ha provocato una terribile carestia con migliaia di bambini vittime di denutrizione. Per questo carico di morte e distruzione non ci sono stati né problemi né intoppi né proclami politici..
Il terzo approdo, infine, è quello piuttosto disastroso della nave da crociera 'Msc Opera' domenica a Venezia, con lo speronamento di un vaporetto e il ferimento di quattro persone. È stato sollevato da anni il problema di queste enormi città-galleggianti che si infilano nel delicato tessuto dei canali di quella città scrigno, e altrettanto galleggiante, che è Venezia. La politica, però, a tutti i livelli e in maniera trasversale, non sembra volersi assumere l’onere di un progetto alternativo e soprattutto la responsabilità di una decisione. Evidentemente troppo grandi sono gli interessi economici legati al turismo da crociera, da sconsigliare persino l’adozione del principio di precauzione, che avrebbe fatto dirottare le grandi navi da crociera quanto meno in banchine meno centrali. Un porto, che non è un porto ma un canale come quello della Giudecca, per puro interesse economico viene lasciato navigabile anche da giganti in grado di distruggere un’intera piazza senza che si alzi uno dei tanti ministri per stabilire con una semplice ordinanza che 'no, da lì a Venezia non si passa più per motivi di sicurezza, punto'.
Sbarcano direttamente in centro città o salpano carichi di armi gli stranieri nei porti del nostro Paese. Purché, però, siano turisti abbienti o sceicchi con grandi eserciti. Gli altri sono irregolari.
A me ha fatto pensare. Magari è una possibilità anche per altri...
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