letterina 20190901 - Con il dovuto rispetto (8) - Le tombe e il Precetto

Con il dovuto rispetto (8)

Continuiamo a riflettere "Con il dovuto rispetto. Frammenti di saggezza all'ombra del campanile” di Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano.

LE TOMBE
La signora Teresa va spesso al cimitero. «Conosco più gente di là che di qua», dice. A dire la verità conosce anche abbastanza gente di qua per fermarsi a chiacchierare con tutti quelli che incontra. Chiacchiere e messaggi e rimproveri. «Come sono tristi quelle tombe senza neppure un segno religioso! Possibile che neppure la morte faccia pensare al Signore?».
Passando davanti a tombe che sembrano piuttosto serre di fiori esotici commenta: «Che sperpero! Ma sarà per onorare i genitori o per esibire la ricchezza?».
Su qualche tomba nota la foto di un cane o il modellino di una moto: «Sarà stato anche un cacciatore appassionato, sarà stato anche un motociclista spericolato, ma possibile che tutta una vita si riduca a un hobby?».
La signora Teresa ne ha per tutti, tra un requiem e un cenno di saluto semina critiche e consolazioni. Ma davanti alla tomba dei preti si ferma a lungo, in silenzio: come per ascoltare una confidenza, per ricordare una parola che, gridata dal pulpito o suggerita in confessionale, ha incoraggiato una scelta, ha dissolto un'angoscia, restituito il sorriso.
È vero, cara signora Teresa, non basta la morte a spegnere 1'eco di una voce amica che ci ha fatto del bene.

IL PRECETTO
Il buon don Maurizio era persuaso di poter condurre i ragazzi a capire il significato dell'espressione «di precetto». Con molti esempi e insistenza sollecitava una risposta. «Non vuol dire una Cosa che devi fare per forza: è una cosa bella, che rende bella tutta la giornata. Sì, è un impegno che ti sei preso, però non lo fai per un dovere, ma perché ti piace, ti fa contento. È qualche cosa che fai la domenica, ma poi continui a pensarci durante tutta la settimana. In certi momenti ti viene spontaneo parlarne con gli amici. In fondo un segno che stai diventando grande è che non c'è bisogno della mamma per ricordartelo: sei tu che ci tieni. Sei convinto della sua importanza e perciò ti prepari e fai di tutto per arrivare in orario. Se il papà si mette a chiacchierare con la mamma, sei tu che lo solleciti: "Dai, papà, vai a prendere la macchina: non vorrai che arrivi dopo che è già cominciata!". Se non ci fosse, la tua domenica sarebbe più povera e vuota».
Don Maurizio aveva messo tutto il suo impegno. Ma gli venne da dubitare della sopravvivenza del cristianesimo in occidente, quando Davide, uno dei più svegli tra i ragazzi, si illuminò: «Ah, ho capito. È la partita di calcio della mia squadra!» 

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letterina 20190825 - Con il dovuto rispetto (7) - Candeline, ceri e Pronomi

Con il dovuto rispetto (7)

Ci stiamo prendendo gusto con il libro "Con il dovuto rispetto. Frammenti di saggezza all'ombra del campanile” di Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano. Altre due situazioni

CANDELINE E CERI
Non solo le vecchiette s’avvicinano all’altare della Madonna, alla statua di Padre Pio, depongono la loro offerta e offrono un cero. Ci sono anche le mamme preoccupate perché hanno sentito la figlia litigare col genero. Ci sono anche ragazzi e ragazze che ritrovano la porta della chiesa proprio la mattina in cui devono affrontare l’esame di maturità. Accendono una candela anche uomini e donne di mezza età, in attesa dell’esito di un esame medico delicato. La fiamma dei ceri danza davanti alla Madonna e ai santi come la continuazione di una preghiera, di un pianto che invoca consolazione.
Don Angelo però non nasconde il suo disappunto quando vede la signora Luisa che, proprio mentre lui sta predicando, attraversa tutta la chiesa, va diritta all’altare della Madonna, accende il suo cero ed esce imperterrita. Non si accorge del disturbo che reca, né del fatto che Don Angelo ha perso il filo della predica, non ha tempo per una genuflessione. È certa che l’esame di sua nipote andrà bene: come può la Madonna non suggerirle la risposta giusta dopo che le ha acceso un cero da due euro? Anche le forme di devozione possono diventare una specie di ambigua superstizione.

I PRONOMI
C’è il pronome “io”. Se gli dai spazio non ti salvi più.
Ci sono quelli che, di qualunque argomenti si parli, hanno sempre da dire: "Anch’io ho visto... quando c’ero io... se fossi io.... date retta a me: io ho studiato... se volete invitare un personaggio, io conosco...".
Al consiglio pastorale, agli incontri, alle riunioni della Caritas, sul sagrato della chiesa dopo la messa e in ogni altra occasione, l’io invadente continua a proporsi. Forse uno crede di rendersi utile, di contribuire a rompere il ghiaccio, di mettere a disposizione competenza ed esperienza. Il risultato è però che uno rischia di ridurre tutto a sé e si rende insopportabile.
Poi c’è il “voi”. “Voi” si usa per dichiarare una estraneità, un dissenso, talvolta addirittura una ostilità. "Ma voi della curia...?"; "Voi preti..."; "Fate presto voi dal pulpito..."; "Voi che abitate in centro che cosa ne sapete..."; "Voi ci avete abbandonato...". Quando uno dice “voi”, per lo più, dà per scontato che le tue ragioni non le capisce. Forse anche dichiara che preferisce stare di fronte a protestare piuttosto che mettersi con te e cercare insieme: "Tanto voi che cosa capite?"
Attenti ai pronomi! Io avrei più simpatia per il noi.

 

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letterina 20190818 - Con il dovuto rispetto (6) - Dichiarazioni e Mormorazioni

Con il dovuto rispetto (6) - Dichiarazioni e Mormorazioni

"Con il dovuto rispetto. Frammenti di saggezza all'ombra del campanile". Continuiamo il libro di Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano

La Luisa da tempo si lamenta: "Come è difficile con questi ragazzi!". Don Giuseppe le parla: "Signora Luisa, grazie per questi anni. Sento che il catechismo le pesa. Ho chiesto a Paola: è disponibile!" La Luisa conviene: "Sì! beh, certo!" Ma con l'amica si sfoga: "Trattarmi come una scarpa vecchia, dopo tanti anni! E poi sceglie una delle sue amiche, che c'è e non c'è ... "

Dopo mesi di consultazioni don Giuseppe presenta il nuovo orario delle messe: "Riduciamo il numero, scegliamo le ore più adatte. D'accordo?" Silenzio e consenso.
Anche il Pierino, da sempre alla messa delle 07.30, tace. Ma non tace la sua battuta agli amici del bar: "Neanche i preti hanno voglia di lavorare!".

Dopo disegni, progetti, procedure, don Giuseppe presenta i lavori per la casa parrocchiale: "È un impegno serio, contiamo sulla vostra generosità!" L'approvazione è unanime: "Giusto: Se non si interviene la casa viene giù!" ma, mentre fanno la fila per comperare il merluzzo, le donne mormorano: "Il nostro parroco è sempre a cercare soldi"

Don Giuseppe ripensa al salmo: "Chi viene a trovarmi dice il falso e uscito fuori sparla" (Salmo 41) e si consola come può: Vizio antico! Non giova però a far stimare la Chiesa!

P.S. Il nome don Giuseppe è scritto così nel libro...

 

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letterina 20190811 - Con il dovuto rispetto (5) - Pesi

Con il dovuto rispetto (5) - Pesi

Ancora una pagina dal libro di Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano "Con il dovuto rispetto. Frammenti di saggezza all'ombra del campanile”.

"Il nuovo prete è sempre di fretta': si lamenta la Giovanna.
"Ma forse sarebbe meno di fretta se tu gli dessi una mano.
Aprire e chiudere la chiesa, preparare la messa, pagare le bollette, chiamare l'idraulico non sono proprio necessariamente compiti del prete
"Il nostro oratorio è chiuso tre giorni alla settimana. Per forza che poi i ragazzi si sbandano" si lamenta Patrizia. "Si potrebbe aprire anche tutti i pomeriggi se si trovasse un po' di gente disponibile a passare qualche ora con i propri figli e i figli degli altri".
"Il centro d'ascolto ha ridotto ancora gli orari. Come faccio io che ne ho bisogno?" si lamenta Marco. "Se invece di dieci volontari con i capelli grigi ce ne fossero trenta con qualche anno di meno, si potrebbe fare molto di più"
"Sono stato malato per un mese e non potevo uscire di casa: non s'è fatto vivo nessuno. Che comunità siamo" si lamenta Gino. "Se quando il prete chiede collaborazione per visitare i malati, portare la comunione, non incontrasse tante timidezze e tante scuse, forse le cose andrebbero meglio"
 
Insomma, sembra che l'invito di San Paolo: "Portate i pesi gli uni degli altri" sia inteso per lo più come se dicesse: "Cercate qualcuno su cui scaricare i vostri pesi”.

 

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letterina 20190804 - Con il dovuto rispetto (4) - Le devozioni

Con il dovuto rispetto (4) - Le devozioni

Continua in questa estate la lettura di alcune pagine dal libro di Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano "Con il dovuto rispetto. Frammenti di saggezza all'ombra del campanile”.

Don Ernesto è accogliente e comprensivo.
Quando la Ester torna da un santuario e gli regala una statua della Madonna, diversa da tutte le altre, don Ernesto per accontentarla fa posto alla nuova statua presso l'altare.
Quando Remo gli confida una ispirazione divina sull'importanza della devozione al Sacro Cuore, don Paolo fa posto anche alla statua del Sacro Cuore.
Quando Giulietta e Romeo, in occasione del loro cinquantesimo, regalano una preziosa immagine di un santo che fa miracoli, don Ernesto fa posto anche al santo che fa miracoli.
"Ma non vorrà mettere da parte questo quadro! Non vede? Sa quanti si sono convertiti di fronte a questo quadro?" E don Ernesto trova posto anche per il quadro che ha convertito molti.
Poi ci sono i devoti che vengono a raccomandare che prima della messa o dopo la comunione o alla fine si reciti quella preghiera che è così bella, quella coroncina che la Madonna stessa ha consegnato, quella formula invincibile contro satana che lo Spirito Santo ha insegnato al veggente.
Don Ernesto è accogliente e comprensivo. Poi, ogni tanto, confida al Signore. "O Gesù, per non disturbare tutte queste devozioni, forse conviene che celebriamo la Messa in sagrestia".

 

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letterina 20190728 - Con il dovuto rispetto (3) - Il telefonino

Con il dovuto rispetto (3) - Il telefonino

Terzo appuntamento dal libro di Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano "Con il dovuto rispetto. Frammenti di saggezza all'ombra del campanile”.

Che cosa hanno in comune il dott. Armando, la zia Ebe e Giu? Risposta facile: il telefonino.

Il dott. Armando è un uomo d'affari. Il cartello perentorio non l'ha convinto a spegnere il telefonino entrando in chiesa. Quando l'hanno chiamato, non si è scomposto: ha preso il telefonino, controllato il numero, riposto alla chiamata ("sì, sì, va bene, è per giovedì mattina") e rimesso in tasca il telefonino.
Neppure s'è accorto di aver disturbato mezza chiesa, compreso il predicatore.

La zia Ebe è una maestra attempata.
Da quando ha scoperto l'utilità del telefonino non se ne separa mai.
Quando entra in chiesa si dimentica spesso di spegnerlo. Il giorno del compleanno, l'hanno chiamata anche durante la messa. La zia Ebe è un po' sorda: prima di rendersene conto e prima di trovarlo tra le infinite tasche della sua borsa, ha fatto in tempo a infastidire tutti.

La Giu è nel gruppo adolescenti. Per decidere della serata deve fare almeno quindici telefonate e l'ultima risposta si annuncia proprio durante la consacrazione con una suoneria che sembra un allarme.

Il dott. Armando, la zia Ebe e la Giu, oltre al telefonino, hanno in comune anche un'altra cosa: la maleducazione!

 

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